Cronaca

Quando a palazzo torna di moda il francescanesimo

ROMA, 21 MARZO 2013- Questa è la storia di un'epoca strana, in cui si dipingono le facciate dei Palazzi di povertà per salvaguardare il lusso sfrenato e anacronistico degli interni, rimasti pressoché identici a secoli fa. Storie di ipocrisia e demagogia, di voglia di illudersi e di credere alle belle favole, vanno in scena negli ultimi tempi a Roma, dove, su entrambe le sponde del Tevere, nelle roccaforti dei poteri spirituali e temporali- Vaticano e Parlamento hanno destini paralleli- sembra essere tornata di moda una strana variante del francescanesimo, che il poverello d'Assisi stenterebbe a riconoscere probabilmente.[MORE]

Francesco, il papa argentino da poco assurto al soglio pontificio, ha inaugurato una stagione nuova, a detta di molti. Niente crocifisso d'oro, niente orpelli pregiati, niente auto papale. Tutto lasciato a casa, nelle ricche tenute vaticane, alle quali, per protocollo ovviamente, nessuno ha, nella storia della Chiesa, mai rinunciato. Perché, d'altronde, i veri portatori dell'autentico messaggio evangelico, quelli che tentavano di svestirsi dei propri beni, a Roma son sempre stati visti con sospetto, per usare un pallido eufemismo. Sulla scia di queste mirabili novità, la politica, che da tempo vocifera a vuoto tagli drastici ai lussi della casta, si schiera dal lato della semplicità, una parola carissima ai grillini, specie quando chiedono scusa per quelle foto pubblicate da Chi in cui appaiono, famelici, all'assalto dei ristoranti di palazzo Chigi. Pantagruelici pranzi pagati solo in parte- 15 euro-: il resto del conto lo salderanno i contribuenti, tranquilli.

Almeno Razzi, un nome noto ai magistrati che indagano sulla compravendita dei senatori messa in atto dal Pdl, pare mantenere una certa coerenza quando dichiara che cinquemila euro per un parlamentare sono troppo pochi per vivere dignitosamente in una città carissima come Roma.

Emmanuela Tubelli