Prove tecniche di riforma: Critica del Vacuo e dell'inconsistenza Renziana
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13 MAGGIO 2015 - Un flusso continuo di iniziative ha animato in questi mesi la scuola Italiana, Lettere, email, flash mob, auto convocazioni in gruppi spontanei di docenti, scioperi e forme di protesta più o meno organizzate, tra le più variegate e diverse, tutte veicolo di informazione/contro informazione capillare e del passa parola tra addetti del settore. Sono centinaia le Iniziative organizzate spontaneamente o da sigle sindacali autonome, confederate, da gruppi di volenterosi cittadini e addetti della scuola. Il pressing sulla Scuola Pubblica è in un movimento accelerato e continuo.
Docenti di tutta Italia, da ogni latitudine geografica, si attivano nelle scuole, nelle piazze, nelle assemblee del nostro paese, per discutere, chiarire, comprendere, puntualizzare e analizzare, in una parola: Studiare i contenuti della riforma renziana della Scuola italiana. Si profila finanche il blocco degli scrutini ora che il governo e i sindacati sono ai ferri corti. Ognuna di queste iniziative ha intrapreso un’unica strada: contrastare il ddl sulla “buona scuola” che il capo del governo - prometteva- avrebbe portato tutti i docenti a rilanciare prima di tutto il ruolo guida nella società civile del nostro martoriato paese, oltre che nella scuola stessa. [MORE]
Quella medesima riforma avrebbe dovuto rappresentare il riscatto della dignità, della professionalità e dell’impegno appassionato di chi nel senso profondo dell’etica e del senso dello Stato, da anni oramai, è parte vitale delle scuole pubbliche italiane. Quella tentata riforma invece, Tradisce Offende e Umilia, le aspettative e le migliori intenzioni di buona volontà di ogni operatore del settore, di ogni ignaro studente e/o cittadino sia pure distratto; ed impone, di accogliere ciò che è irricevibile per i lavoratori della scuola: sudditanza e cessazione della libertà d’insegnamento. Decine di migliaia i docenti che vivono profondamente le scuole, che sono oggi definiti il nuovo “proletariato sociale” sono scesi dalle cattedre per muovere ed affermare quella che si spera possa essere un’epocale ribellione utile come monito ad un paese intero. Finalmente questo è il tempo.
Là dove la politica fallisce miseramente a causa delle proprie incapacità, gli insegnanti affermano il solco di stridenti contraddizioni sostanziali che segnano la differenza, tra il reale e l' inconsistenza. Una ribellione pacifica e non violenta, come si conviene a chi insegna ed educa; condotta sostanzialmente – dopo lunghissimi anni di assordante silenzio - dal variegato mondo degli operatori dell’istruzione e dell’educazione. Ribellione che Risveglia entusiasmi di un sostanziale esercizio del diritto e del buon senso, nelle piazze, nelle strade, nei luoghi deputati ad accoglierla con i lumini da cimitero, o in attivi presidi di vigilanza e protesta; da azioni provocatorie ed estreme, che simboleggiano la morte della scuola pubblica italiana: scempio inammissibile e codardo, che strumentalmente si vuole affermare per sopprimere e soffocare in primis la scuola pubblica, uccidendone al proprio interno il sano proficuo spirito del dialogo e della collegialità.
Delitto criticabile questo, a prescindere dalle coloriture partitiche o dagli strumentali usi politico/elettoralistici di qualsivoglia presunta o pseudo riforma della scuola pubblica dello stato italiano. Il braccio di ferro con i docenti italiani, ma non solo il loro, ha creato nel paese un’ alta tensione sociale: se la riforma Renzi dovesse essere approvata così com'è - ed è auspicabile che non lo sia- la stragrande maggioranza degli insegnanti del sistema scolastico italiano, che hanno riempito quelle Piazze, chiuso scuole e promosso azioni di onorevole dissenso sociale, insieme alle organizzazioni sindacali tra le più attive, arretreranno in un pesante balzo all'indietro, attraverso incivili limitazioni per le norme fondamentali dei diritti costituzionali del nostro stato.
Se ne ne avranno ragione invece, avranno concorso ad un cambiamento determinante – forse epocale -per la società intera, per i cittadini e la medesima funzione culturale nel paese. Il sisma culturale che ne potrebbe nascere, a questo punto auspicabile, più che governare lo smuovere delle coscienze e delle reazioni, di un governo sordidamente colpevole; ha invece tutta l’aria di cercare lo scontro e non la pacificazione sociale, o le soluzioni dettate dal buon senso e dalla ragionevolezza, che fin qui sono richieste da una straordinaria maggioranza di addetti alla scuola, che per ora restano inascoltati. I lumini da cimitero che hanno acceso le notti delle piazze italiane, sono destinati ad ardere come simboli della medesima protesta civile e pacifica, quella che continua a montare nel paese, nel mentre la politica storce il naso e si gira a guardare altrove, disgustata dai sui intellettuali, dicendo No ad un riordino squilibrato degli organi collegiali; all’assunzione diretta del personale; No agli sgravi fiscali per le scuole paritarie; No ad ulteriori poteri discrezionali nelle mani del Dirigente Scolastico; No alla creazione di albi territoriali dei docenti.
I cittadini invece, un reale sostanziale cambiamento, lo auspicano da tempo, invocando azioni di buon senso prima che gli stravolgimenti del vacuo. L’assunzione di tutti i docenti precari su tutte le cattedre vacanti; lo sblocco della mobilità; il rinnovo del contratto comparto scuola e lo sblocco degli scatti di anzianità; un’ equa distribuzione del 5 per mille; una democrazia partecipata nella scuola; delle graduatorie trasparenti e non discrezionali; delle maggiori e migliori risorse prima di tutto per la scuola statale.
Entrambi i fronti tuttavia condividono nelle differenze il forte, fortissimo disagio, che come tale andrebbe invece interpretato e gestito diversamente dalla politica che, con tutta evidenza, è stato semplicisticamente liquidato dal Premier Renzi e dai suoi prodi - si ha motivo di credere – con arroganza e ineleganza finanche dal pavido ministro Giannini, generosamente incompetente e prona; esempio maldestro di un’ incomprensibile Resilienza politica. Un tempo i ministri si dimettevano per scioperi e contestazioni molto meno numerose e riuscite, dell’ultimo sciopero archiviato, ma oggi certamente i tempi politici sono mutati: erano quelli i tempi della scuola secondo la pedagogia e l’educazione, adesso è un altro incomprensibile tempo: quello del vacuo dell’inconsistenza. Qualcuno abbia pietà dello scempio in atto!
Angela Maria Spina