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Prorogatio: non sempre l'amministratore di Condominio ha diritto al compenso
REGGIO CALABRIA, 04 GIUGNO - La prorogatio dei poteri (e diritti) in carico all’amministratore uscente dopo la cessazione della carica è esclusa da una chiara contraria volontà espressa dai condomini. Questo è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza n. 12120/2018, depositata il 17 maggio. [MORE]
Il caso. L’ex amministratore di uno Condominio si rivolgeva al Giudice di Pace competente chiedendo ed ottenendo decreto ingiuntivo, per l’importo di Euro 1.338,12, asseritamente dovuto a titolo di compenso per l’attività svolta fino all’11.03.2010. Avverso tale decreto il Condominio spiegava opposizione. Il giudice di prime cure respingeva l’opposizione.
Avverso la sentenza di primo grado, il Condominio interponeva appello. Secondo l’appellante, il Giudice di prime cure avrebbe errato nel riconoscere il citato importo a favore dell’ex amministratore, stante la documentata cessazione del medesimo dall’incarico di amministratore del Condominio fin dal 27.11.09, con contestuale nomina del nuovo attuale amministratore. I giudici di secondo grado accoglievano l’appello e in riforma della sentenza del Giudice di Pace revocavano il decreto ingiuntivo condannando l’ex amministratore a restituire tutte le somme pagate dal predetto Condominio in esecuzione della sentenza impugnata e condannavano lo stesso al pagamento delle spese del giudizio.
Avverso tale sentenza, l’ex amministratore proponeva ricorso per cassazione con quattro motivi di doglianza. Sostanzialmente il ricorrente sosteneva la piena operatività dell’istituto della prorogatio per l’ex amministratore sino all’avvenuta nomina dell’amministratore subentrante. Egli, quindi, avendo agito in prorogatio, per tale periodo avrebbe avuto diritto al compenso per l’opera prestata in favore del Condominio. Respingendo tale gravame, la Corte di Cassazione affermava che il giudice di appello nell’escludere una perpetuatio di poteri in capo all’amministratore uscente, si era uniformato, alla giurisprudenza della Suprema Corte, “la quale ha avuto modo di precisare che la perpetuatio di poteri in capo all’amministratore uscente, dopo la cessazione della carica per scadenza del termine di cui all’art. 1129 c.c. o per dimissioni, fondandosi su una presunzione di conformità di una siffatta perpetuatio all’interesse ed alla volontà dei condomini, non trova applicazione quando risulti, viceversa, (come nel caso in esame) una volontà di questi ultimi, espressa con delibera dell’assemblea condominiale, contraria alla conservazione dei poteri di gestione da parte dell’amministratore, cessato dall’incarico”. Nulla rilevava in proposito che nel predetto verbale di assemblea si fosse autorizzato l’ex amministratore a porre in essere tutte le attività necessarie al passaggio di consegne a favore del collega subentrante nell’incarico. Altresì, la Corte si soffermava a rilevare come da svariati comportamenti tenuti dal Condominio, quali ad esempio l’invio di numerosi solleciti all’ex amministratore a che provvedesse al passaggio di consegne, si fosse evinta la chiara volontà di permettere di provvedere il prima possibile alla sostituzione dell’amministratore stesso. Quello che contava, osservava il Supremo Collegio, era che fosse rispettata la volontà dei condomini, in questo caso resa manifesta dalle risultanze istruttorie, di porre fine ad un mandato con un amministratore non più gradito. Infine, rilevava come l’interpretazione dei verbali assembleari, in quanto interpretazione della volontà delle parti in esso espressa, era giudizio di merito riservato al solo giudice di merito.
Per tali motivi la Corte di Cassazione rigettava il ricorso dell’ex amministratore.
Avvocato Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express