Profughi, non c'è accordo in Ue. L'Ungheria chiude confine. Nuovo naufragio in Turchia, 26 morti
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BRUXELLES, 15 SETTEMBRE 2015 – Continua l'emergenza profughi in Europa: sui 120mila da ricollocare, i paesi dell'Unione si spaccano, con il secco No dei paesi dell'est che non lasciano raggiungere l'unanimità, spostando così la decisione alla nuova riunione dei ministri, fissata per l'8 ottobre. In tale occasione, si procederà con la maggioranza qualificata. Duro il commento tedesco: l'Europa "si è disonorata ancora una volta" con il mancato accordo sul piano di redistribuzione dei migranti, ha dichiarato il vice cancelliere tedesco, Sigmar Gabriel.
Nel frattempo, i 28 hanno dato il via alla “fase 2” della missione navale EuNavFor Med, una misura militare che prevede l'utilizzo della forza contro gli scafisti che operano nel Mediterraneo. Il testo dell'operazione ha subito delle piccole variazioni formali, come la modifica della parola “impegno” in “volontà” di effettuare l'operazione, nella speranza di ottenere il beneplacito di tutti e 28 i paesi dell'Unione; ma il “blocco dell'Est”, guidato dall'Ungheria e comprendente anche Slovacchia, Repubblica Ceca e Romania, hanno continuato a osteggiare la decisione.
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In particolare l'Ungheria, che rientra nei “beneficiari” dell'operazione insieme a Grecia e Italia, si è detta pronta ad essere cancellata anche dalla medesima lista; il ministro slovacco Robert Kalinek ha invece ribadito che “le quote non sono la soluzione”, mentre la Polonia ha mostrato flebili segnali di apertura durante il vertice. Lo stesso trattato di Schengen è messo in discussione, da quando Austria e Slovacchia hanno deciso di ripristinare il controllo alle frontiere, decisione che potrebbe essere ripresa da altri stati membri – già Polonia e Francia sembrano intenzionati a fare lo stesso.
Intanto in nottata, appena scattata la mezzanotte, è entrata in vigore in Ungheria la nuova legge che prevede fino a 3 anni di carcere per chiunque ed a qualsiasi titolo tenti di entrare illegalmente nel paese magiaro. Dalla Serbia sono continuati gli arrivi, e la polizia ha già effettuato 16 arresti mentre 9.380 migranti entrati dalla Serbia sono stati bloccati al confine. Dei 16 migranti arrestati, 9 sono siriani e 7 afghani. Cercavano di tagliare la recinzione allestita al confine con la Serbia: in questo caso la legge prevede una condanna a 5 anni di prigione, 3 per l'ingresso illegale nel Paese e 2 per danneggiamento.
La norma entrata in vigore dalla mezzanotte rende infatti un crimine anche solo danneggiare la nuova barriera di filo spinato alta 4 metri lungo i 175 km di confine con la Serbia. Ben 30 giudici sono stati messi in stato di allerta pronti a processare per 'direttissima' chiunque sia colto a non rispettare la norma. Prima della riforma del codice penale decisa a fine agosto in Ungheria rischiavano la galera solo i trafficanti di esseri umani. Ma dopo lo tsunami di migranti che ha attraversato il Paese, in un clima di aperta ostilità, diretto in Germania, il premier Viktor Orban ha deciso un ulteriore giro di vite.
Il governo ungherese ha infatti dichiarato lo stato di emergenza in due contee meridionali al confine con la Serbia a causa dell'arrivo di migliaia di migranti. La misura è stata annunciata alla stampa nella città di Szeged dal portavoce del governo Zoltan Kovacs, dopo una riunione del Consiglio dei ministri. La polizia avra' ora poteri speciali e la decisione apre le porte all'uso dell'esercito nel controllo della frontiera.
Sempre oggi, nuova tragedia della migrazione nelle acque tra Turchia e Grecia. Durante le prime ore dell'alba un' imbarcazione lunga 20 metri, partita dalla città di Datca, nella provincia sud-occidentale di Mugla, e diretta all'isola greca di Kos, si è rovesciata in acque internazionali. Il bilancio, ancora provvisorio, è di 26 morti, tra cui 4 bambini e 11 donne. La Guardia costiera turca, accorsa con cinque imbarcazioni, è riuscita a salvare 211 persone.
Partono nel frattempo i primi ricollocamenti: sono 40mila (26mila dall'Italia, 14mila dalla Grecia) che dovrebbero essere trasferiti, non prima di passare attraverso i cosiddetti 'hotspot', centri di smistamento per distinguere i profughi dai migranti economici. Il Viminale sarebbe pronto a tale misura ma in “maniera graduale”, e soprattutto condizionata al funzionamento dei rimpatri, che devono essere gestiti da Frontex con risorse comunitarie e sotto la responsabilità europea. La spaccatura europea rimane, specie per quanto riguarda la messa in pratica del binomio “responsabilità-sicurezza”.
Foto: tio.ch
Dino Buonaiuto