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ROMA 7 GENNAIO 2013 - Meno di tre mesi fa, per la precisione lo scorso ottobre, al Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione di Cernobbio, la Coldiretti, aveva reso noti i dati riguardanti la falsificazione dei prodotti alimentari “made in Italy”. Ne emergeva un quadro devastante per la nostra economia complessiva con un grave vulnus nell’agroalimentare, uno dei settori strategici e più produttivi del Paese, con perdite stimate per 60 miliardi di euro di fatturato all’anno e di circa 300.000 posti di lavoro.
Sono cifre che dovrebbero far riflettere tutte le istituzioni, specie in un momento come quello che stiamo vivendo nel quale i consumi interni registrano cifre che ci riportano indietro di anni ed il settore in questione è tenuto a galla dall’export che pare non arrestarsi specie in settori strategici come quelli dei vini, dei salumi e dei formaggi.
Ma se l’UE ha introdotto regole stringenti per tutelare i prodotti tipici nazionali dei vari stati membri, al contrario, all’estero si continua ad assistere ad un vero e proprio far west dell’agroalimentare, stante la difficoltà per i produttori nostrani di poter vedere tutelati i propri marchi oltre l’area d’influenza dell’Unione.
L’ultima segnalazione circa una grave contraffazione giunge dal Messico. Di recente è stato denunciato da alcuni concittadini in vacanza, che nei supermarket del paese centroamericano viene messo in vendita in bella mostra sugli scaffali un prosciutto la cui denominazione fa propendere in maniera a dir poco truffaldina a considerarlo come “Prosciutto di Parma”. Peraltro, sulla confezione è messo in bella mostra l’indirizzo di un sito web (http://www.parma.com.mx/ ) dove vengono pubblicizzati diversi prodotti alimentari a “marchio” Parma e che ovviamente nulla hanno a che fare con i prodotti tipici del capoluogo emiliano.
Non è la prima volta che il consorzio del tipico prosciutto di Parma è nel mirino dei contraffattori. Uno dei casi emblematici dell’assenza di tutele nel settore è quello registratosi in Canada qualche tempo fa e che ha portato ad una situazione paradossale che la dice tutta sulla necessità d’interventi a livello globale. Nel caso in questione il finto prosciutto italiano viene prodotto in Canada e venduto con nome e marchio del prosciutto di Parma, mentre quello vero importato dall’Italia deve essere commercializzato con un altro nome. Ciò almeno secondo un’assurda sentenza della Corte Federale canadese secondo cui il marchio storico sarebbe già stato registrato nel Paese proprio dalla società che produce e vende il falso Parma.
Alla luce della carenza di misure certe per la tutela dei prodotti tipici del “made in Italy”, da parte degli enti, come il WTO, che si occupano del commercio globale, che consentirebbero di evitare situazioni come quella accaduta in Canada, Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, invita comunque i consumatori italiani a segnalare tutti i possibili atti di pirateria agroalimentare per poter consentire tempestivamente ai produttori nazionali da sempre impegnati a garantire standard elevati di qualità conquistati con decenni, per non dire centinaia d’anni d’esperienza, d’intervenire presso le autorità giurisdizionali straniere per limitare i danni ed evitare o almeno ridurre le conseguenze di questo genere odioso di concorrenza sleale.
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(notizia segnalata da giovanni d'agata)