Cronaca

Processo Jackson-Murray: La parola alla difesa

LOS ANGELES, 25 OTTOBRE 2011 - Nelle quattro settimane trascorse dall’inizio del Processo Jackson-Murray sono stati chiamati ben 33 testimoni dell’accusa a riferire le proprie testimonianze dirette e ad analizzare i fatti che il 25 giugno 2009 portarono alla morte di Michael Jackson. Ha avuto inizio oggi la fase del processo nella quale la difesa (rappresentata dall’avvocato Ed Chernoff) cercherà di dimostrare l’innocenza del dottore, il quale rischia quattro anni di reclusione per negligenza e omicidio involontario.[MORE]


L’ultimo teste dell’accusa, l’anestesiologo dr.Steven Schafer, ha confutato lo scenario precedentemente presentato dalla difesa secondo il quale fu lo stesso Michael Jackson a iniettarsi la dose fatale di Propofol. Per il dr. Schafer l’unica spiegazione plausibile per l’alto tasso di anestetico rinvenuto nel sistema della popstar è che la somministrazione sia stata prolungata attraverso una flebo (preparata da Murray) anche dopo l’arresto cardiaco del cantante.


Prima di scoprire le proprie carte la difesa ha voluto chiarire i dettagli riguardanti la richiesta di ambulanza partita dalla residenza di Jackson chiamando come primo testimone un ufficiale della polizia di Beverly Hills. La strategia di Ed Chernoff è risultata chiara ai giurati a partire dalla seconda testimonianza, fornita dall’ex medico personale della popstar, il dr. Allen Metzger: Michael Jackson era disperatamente alla ricerca di una soluzione alla sua grave insonnia ed era disposto a tutto pur di realizzare un ultimo tour di successo. Forse disposto anche ad iniettarsi una seconda dose del potente anestetico.


Secondo la difesa (e secondo Metzger) fu lo stesso Jackson a pregare il dottore di curarlo con il Propofol. Una simile strategia punta il riflettore sulla condotta dell’eccentrica popstar sviando dalle pesanti accuse di incompetenza ascoltate nelle testimonianze dei vari specialisti interpellati nelle scorse settimane; Per il team di avvocati di Murray la somministrazione del Propofol non è una scelta così azzardata come l’accusa ha voluto far credere e non può giustificare una accusa di omicidio


Andrea Portieri