Caffellatte e ginger letterari

Processo al Liceo Classico

 16 NOVEMBRE 2014 – Lo scorso venerdì, 14 novembre, a Torino, nel Teatro Carignano, è stata realizzata un’azione teatrale in forma di processo dal titolo: “Il nostro liceo: cambiare per non morire?”
L’iniziativa, promossa dal Miur e dalla Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo, in collaborazione con il Dipartimento di Studi Umanistici dell'Università degli Studi di Torino, l'Ufficio Scolastico Regionale per il Piemonte e l'Editrice Il Mulino, ha voluto mettere a fuoco l’attenzione su un tema di grande attualità ed interesse.

L’idea di una sorta di processo con tanto di testimoni, pubblico ministero, accusa, difesa, giudice e uditorio ha, in sostanza, preso il via dalla necessità di non far passare inosservata e sotto silenzio una tematica significativa come quella riguardante il futuro degli studi di indirizzo umanistico e classico in particolare che, negli ultimi anni, sta conoscendo alcune difficoltà soprattutto in termini di iscrizioni.
Proprio per tale motivo sono state coinvolte figure istituzionali di rilievo e, dopo un acceso dibattito, è stata emessa una vera e propria sentenza. Umberto Eco, filosofo, semiologo, scrittore di successo, ha condotto la sua arringa in qualità di avvocato della difesa mentre il principale accusatore è stato l’economista Andrea Ichino. Diversi sono stati anche i testimoni a favore dell'una e dell'altra tesi.

Durante il dibattito, inoltre, sono state presentate alla Corte, presieduta da Armando Spataro, Procuratore della Repubblica di Torino, le prove acquisite affinché il processo fosse al meglio istruito. Sono state, poi, proiettate alcune video-interviste di rilievo realizzate con Massimo Cacciari, Filosofo, Tullio De Mauro, Linguista, Massimo Giletti, ex allievo del liceo classico “M. D’Azeglio” di Torino, Giulio Giorello, Filosofo della scienza. Prima di deliberare sono state ascoltate anche le dichiarazioni dei docenti e degli studenti, presenti in sala, convenuti da prestigiosi licei piemontesi.
La sentenza, letta alle 14;30 nella Sala delle Colonne del Teatro Carignano a cui ha fatto seguito la conferenza stampa sull’avvenimento, ha poi decretato l’assoluzione dell’imputato Liceo perché il fatto non sussiste e perché non produce inefficienze pur riconoscendo la necessità di un effettivo rimodernamento che finora, forse, non è stato possibile per mancanza di mezzi e risorse a questo necessari e per causa a lui non imputabile.[MORE]

Un’iniziativa di tal guisa sembra un po’ pittoresca ma, in realtà, non è affatto fuori luogo. In un tempo in cui il sapere scientifico domina la scena, a livello mondiale, come strada e chiave unica di crescita e successo si giudica inutile e fuorviante lo studio di materie da questo mondo assai lontane. Le Lettere, il Latino, il Greco sono visti come mostri sacri del passato, ormai superati, non più utili, non necessari.
Tutto si riduce al materiale, all’oggetto, alla cosa, pertanto una corrente che si snodi sulla scia della profondità degli spazi dell’Umanesimo appare del tutto tramontata. Da qui l’interrogativo sul superamento e sulla possibilità di cancellare, abbattere, eliminare ciò che ormai si pensa non serva.
Alla fine, il processo in esame, ha portato a non considerare inutile un percorso di studi che abbia a cuore una visione dell’uomo più completa: come essere fatto di materia, sostanza, corpo ma anche anima. Ha portato ancora a credere in valori e insegnamenti che scaturiscono da una cultura che è orientata a vedere l’uomo nella sua complessità e non come una mera somma di parti. L’Anima vuol sempre il suo necessario respiro che, spesso, in Lettere e Poesia ritrova. L’interrogativo piuttosto deve spostarsi su altri assi. Un docente che sia un buon docente deve saper fare sempre innovazione, cultura e scienza di quanto abbia studiato per ciò che deve dare. L’ignoranza delle cose porta, invece, sempre, alla loro stessa inutilità. Non si può tuttavia pensare di potersi proiettare positivamente verso il futuro ignorando il passato da cui si proviene.

Simona Barberio