Chiesa e Società
Processione del Corpus Domini, 26 maggio 2016 Discorso alla città, a conclusione della processione
CATANZARO - Pubblichiamo in forma integrale il testo finale della riflessione tenuta dall'Arcivescovo Bertolone a conclusione della solennità del Corpus Domini.
Un saluto cordiale. [MORE]
1. La vita dell’essere umano è popolata di presenze. Presenze visibili reali, come di una madre che veglia sul bimbo mentre gioca o dorme. Presenze invisibili, come quella di due persone che si amano, si pensano e s’incontrano oltre la distanza dal corpo. Presenze che procurano quiete, soddisfazione, sicurezza, e presenze tempestose, sconvolgenti, che incombono come una minaccia...
La presenza di Dio in mezzo a noi ha assunto, nella storia, la forma visibile e tangibile di Gesù, figlio di Dio e figlio di Maria; immagine visibile del Dio invisibile, rivelatore del mistero del Padre. Ora è presente nel mirabile sacramento dell'Eucaristia, col quale ci ha lasciato il memoriale della sua Pasqua. Lo abbiamo portato oggi per le strade della nostra città, l’abbiamo accolto e osannato come il Signore vivo e vero in mezzo a noi, datore di vita in pienezza, che non ha esitato a farsi piccolo, addirittura annichilirsi, pur di rimettere in sesto l’umanità, trasformarla, restituirle la dignità originaria, senza rughe e senza macchie, farla vivere in una società che rifiuta illegalità, furti, rapine, azioni criminali, violenze, sopraffazioni. Il Signore risorto è l’esatto contrario di quanto di malvagio, può essere prodotto, dalla mente e dal cuore dell’essere umano. Tutto egli ha assunto, tutto ha redento, tutto trasformato. Tutto egli porta a compimento con coerenza; rendiamogli gloria e onore, allora, imitandone decisione e coerenza!
2. Signore Gesù, vivo e vero, redimi e purifica alle radici ogni condizione di negatività, di devianza, di antiumanità. Volgi il tuo sguardo benigno e misericordioso su coloro che t’invocano con fervore e ti promettono di essere fermi e coerenti come un ulivo, di vivere secondo i pensieri del Risorto e non secondo le tendenze della società contemporanea. Paul Bourget scriveva: «Chi non vive come pensa, finisce per pensare come vive». In questa giornata eucaristica, vi invito, sorelle e fratelli, a considerare soprattutto il pane eucaristico: molti grani macinati, una sola ostia; il sacrificio cruento di uno solo che prende su di sé tutti i peccati del mondo, per ripristinare l’ordinata situazione originaria. Egli è il primo della fitta schiera dei martiri cristiani, nella cui scia si pongono anche tutti coloro che hanno per Cristo dato il loro contributo di sangue, come don Pino Puglisi. Martire della fede, ucciso per mano mafiosa, del quale ieri abbiamo commemorato il terzo anniversario della beatificazione.
Questo parroco, assassinato barbaramente per aver predicato e tradotto coerentemente in opere reali “usque ad sanguinem” la Parola di Dio, è ormai un luminoso punto di riferimento perché svela un inganno, affermando una semplice verità: pure quando si ammantano di religiosità e vestono simboli sacri, magari sfilando in processione sotto le statue dei santi e della Madonna, o partecipando alle processioni eucaristiche, le mafie tutto sono, fuorché autentici, sinceri testimoni del Vangelo. Promettendo sbocchi occupazionali e mezzi per sopravvivere, minano dall’interno la società, portando al parossismo i fenomeni negativi socioeconomici. Altro che “onorate”società: sono covi di malaffare, composti da scomunicati, che non sono degni del Vangelo e dell’eucaristia. Sono cellule maligne che soffocano la speranza di futuro ai giovani. In occasione della sua visita pastorale a Loreto, sulla piana di Montorso (1° settembre 2007), papa Benedetto XVI - rispondendo ad un giovane di periferia, che quasi disperato, lamentava l’assenza di un centro, di un luogo o di persone capaci di dare identità, prospettive e futuro -, lo incoraggiò con queste parole: «Pensare che nonostante le grandi concentrazioni di potere, proprio la società di oggi ha bisogno della solidarietà, del senso della legalità, dell’iniziativa e della creatività di tutti. So che è più facile dirlo che realizzarlo, ma vedo qui persone che si impegnano perché crescano anche nelle periferie centri, cresca la speranza, e quindi mi sembra che dobbiamo prendere proprio nelle periferie l’iniziativa, bisogna che la Chiesa sia presente che il centro del mondo Cristo sia presente» .
3. La vita del Signore, imitata dai suoi martiri, è come un albero di ulivo, piantato nella nostra terra e nei nostri cuori. La magnificenza dell’ulivo è cantata dai poeti dell’Antico Testamento. Nelle loro metafore è simbolo di salvezza e prosperità. Per noi, è simbolo di fermezza, ma soprattutto di coerenza. La coerenza di chi, come Cristo, non viene mai a patto coi malvagi, e resiste alle forze ed alle lusinghe del Maligno. La coerenza tipica di chi si lascia raggiungere da una persona, che vuole incontrare e lasciare un’orma profonda nell’anima di ciascuno. Come ha scritto l’autore di “Cento anni di solitudine”: «Ogni persona che passa nella nostra vita è unica. Sempre lascia un po' di sé e si porta via un po' di noi. Ci sarà chi si è portato via molto, ma non ci sarà mai chi non avrà lasciato nulla. Questa è la più grande responsabilità della nostra vita e la prova evidente che due anime non si incontrano per caso» (Jorge Luis Borges). Cristo, presente in mezzo a noi nell’eucaristia, è una di queste persone, che vuole, che deve passare in questa nostra vita e lasciarvi la sua impronta. Nella nostra vita, nella vita della nostra città. Imitiamolo, facciamoli nostri i precetti e i consigli, incamminiamoci sulle strade del cambiamento, del rinnovamento, della legalità, della giustizia, della testimonianza sincera. Nutriti di Cristo, portate speranza e misericordia a tutti! Non dimentichiamo che ciascuno di noi, nei rispettivi ambiti anche pagando di persona, - se occorre - è costruttore una civitas nuova. di un mondo nuovo. Amen.