Chiesa e Società
Presidente della CEC, mons. Vincenzo Bertolone. "nessuno resti indietro"
CATANZARO, 13 OTTOBRE - «Se si perde loro, gli ultimi, la scuola non è più scuola. E’ un ospedale che cura i sani e respinge i malati».
Non hanno mai perduto d’attualità le riflessioni di don Lorenzo Milani, un gigante dei nostri tempi quanto a passione, impegno e capacità di “andare oltre”, con lo sguardo e dell’amore. Le sue parole sembrano scritte oggi, come a commento dei dati del nuovo studio Invalsi sulla dispersione scolastica implicita, dai quali apprendiamo che in Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna uno studente su tre a 18 anni, anche se ha in tasca un diploma, non ha però le pur minime competenze per accedere al mondo del lavoro. Insomma, sono tantissimi i ragazzi che non completano il ciclo di studi ed ancora di più quello che dalla scuola escono con un livello di conoscenze così basso da rendere solo un pezzo di carta il loro titolo di studio. Giovani condannati alla marginalità sociale, che arrivati alla maggiore età non studiano più né lavorano e che, nei contesti più a rischio, diventano facile preda della criminalità: come dispersi nella giungla, brancolano nel mondo che li circonda senza una meta né un orizzonte perché nessuno si accorgerà o si curerà di loro.
Il fenomeno è serio, la situazione grave: prima che problema scolastico, è questione sociale, dato che – attesta sempre l’Invalsi – la sua radice è anche nella composizione delle classi, in molte aree del Paese, al Sud in particolare, ancora improntata ad una sostanziale divisione degli studenti per provenienza e censo. Insomma, l’Italia non è più quella del dopoguerra, uscita a pezzi dal fascismo e dalle bombe degli Alleati, ma molti problemi sono rimasti irrisolti. Forse anche aggravati, nelle loro conseguenze pratiche. È vero: l’Italia investe solo il 4% del Pil in istruzione ed è – però- fanalino di coda in Europa, giacché destina poco più della metà di Danimarca, Spagna e Belgio, per citare qualche esempio. Tuttavia, per combattere dispersione scolastica e povertà educativa non servono solo soldi: le azioni più efficaci, probabilmente, restano quelle che esercitano i loro effetti anche fuori dal sistema scolastico, magari puntando sul potenziamento della comunità educativa, su una scuola autorevole e mai burocratica o formalistica, alla quale spetta agire sul serio, – ma assieme alle famiglie – nel campo decisivo di inserimento degli studenti nella realtà.
Per questo il richiamo a don Milani non è fuori luogo. C’è ancora tanto che spinge, o dovrebbe spingere, a salire per la strada polverosa di Barbiana, nonostante il tempo trascorso. C’è la necessaria ricerca di un messaggio coerente ed affascinante, che parte dalla quotidianità, dall’incontro con i problemi concreti di fanciulli ed adulti, di un mondo in continuo divenire ma incapace di issare, una volta per tutte, le bandiere dell’inclusione, della competenza, dell’uguaglianza. Un messaggio mai superato, sempre essenziale, di fronte alle sfide – vecchie e nuove – dei tempi. Oggi come allora, l’obiettivo è uno: non lasciare indietro nessuno. Tanti gli ostacoli e le difficoltà, ma la via è tracciata. Ancora con don Milani: «Ho insegnato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è la politica. Sortirne da soli è l’avarizia».
+ Vincenzo Bertolone