Politica

Pillole di Storia della Repubblica italiana: Saragat, tutti i cittadini hanno pari dignità sociale

ROMA, 15 APRILE 2013 - Giuseppe Saragat, classe 1898, quinto Presidente della Repubblica, da sempre animo combattivo come dimostra la sua pronta ed immediata partecipazione come volontario alla prima guerra mondiale. “Che colpa ho io di avere il sangue rosso ed il cuore a sinistra?”, diceva Che Guevara, ed è proprio mosso da ideali prettamente di sinistra che Saragat sin dal 1922, all'età di 24 anni, si iscrisse e partecipò attivamente alla vita politica del Partito Socialista unitario, tanto da diventarne un esponente di punta. Schieratosi duramente contro il regime fascista espatriò a Vienna e poi a Parigi.[MORE]


A lui relazionato l'art. 3 della Costituzione “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”, poiché è proprio su tali ideali che mosse i suoi passi verso la politica, su tali ideologie incentrò il suo pensiero e lo portò costantemente avanti lungo il corso della sua vita.


Eletto Presidente dall'Assemblea costituente il 25 giugno 1946, con ben 401 voti su 468 votanti, ed eletto Presidente della Repubblica il 28 Dicembre 1964, pronunciò un discorso di insediamento in cui premeva sull'importantissimo compito a cui sono chiamati i costituenti e sull'importanza di una Repubblica incentrata sul valore supremo della democrazia e dell'uguaglianza sociale:“La Repubblica italiana nel campo politico, economico e sociale è ispirata da una concezione democratica della vita e dalla fede nel valore supremo della libertà. Agli operai, ai contadini, agli impiegati, ai tecnici, ai professori, agli studiosi, ai lavoratori tutti, va il mio commosso saluto. Essi sono le forze attive del paese, i protagonisti della vita nazionale.” Forse oggigiorno è proprio quest'ultimo concetto, quest'ultimo valore che è andato perso, sbiadito, smantellato via dal tempo e dall'attuale mancanza di interesse verso il popolo stesso, verso coloro che da Saragat venivano definiti “protagonisti della vita nazionale”.

Per l'Italia c'è ancora uno spiraglio ed è la sua stessa gente e questo sì, Saragat lo sapeva e probabilmente ne avrebbe tenuto conto ora, dove i suicidi dei lavoratori, della “forza attiva del paese”, salgono vertiginosamente, dove il lavoro stesso è legato con un cappio al collo e quel cappio è l'attuale politica che gioca a scacchi con i salari ormai mancanti della sua povera gente.
Forse proprio per questo, il giorno in cui Giuseppe Saragat morì, a Roma nel 1988, Giancarlo Pajetta, suo storico avversario comunista, annunciò: “oggi è morto un compagno!”

(immagine da biografieonline.it)

Rossella Assanti