Pillole di Storia della Repubblica italiana: Einaudi, una sola Repubblica fondata sul lavoro
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ROMA, 14 APRILE 2013 - Il lavoro, nel senso più alto e nobile della sua affermazione, è stato ciò che ha permesso ai nostri padri, ai nostri nonni, di estrarre un Paese intero, il nostro, dalle mortali macerie di una guerra devastante e farne un Paese solido, economicamente vivo. Il lavoro silenzioso, quotidiano, costante, dignitoso, di milioni di uomini e donne che, giorno dopo giorno, hanno condotto l'Italia verso la salvezza. Quella che viviamo oggi non è una guerra, ma i bollettini sono drammatici e il Paese è di nuovo in una fossa dalla quale solo l'operosità che un tempo ci ha fatto grandi può estrarci vivi.
Ma per far ciò spesso si ha bisogno di fari che illuminino la strada, quasi a dirci: "Ti dimostro col mio esempio che sì, puoi farcela". Ancora una volta, ancora assieme. Ancora una sola Repubblica fondata sul lavoro, come recita il primo comma dell'art. 1 della Costituzione(«L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro»). E allora pare di vederlo il nostro primo Presidente effettivo, Luigi Einaudi, bardato nel suo timido sorriso, posto ad effige di quest'Italia dell'efficienza e dell'onesta, che nei suoi occhi trova il più sentito incoraggiamento.[MORE]
"Io Presidente della Repubblica? Ma come farò, zoppo come sono, a passare in rassegna le truppe alle parate militari?" chiede con ossequio e deferenza quando gli si comunica l'incarico. E a ripensarci vien nostalgia per questa vecchia genia di politici che ancora sa con coscienza interrogarsi per capire quanto si sia effettivamente all'altezza di certi ruoli. Perché forse proprio e solo l'umiltà potrebbe oggi tirarci fuori da quei guai in cui ci siamo cacciati per anni di ottusa supponenza, anni in cui si è vissuti tutti al di sopra delle nostre possibilità.
Schivo gentiluomo piemontese, Luigi Einaudi è esponente illustre di un pensiero di destra cui va riconosciuto il merito di aver traghettato l'Italia verso lo scintillio e l'entusiasmo degli anni del boom economico. Oggi, dinnanzi alla crisi innescata dalla spregiudicata degenerazione di quel liberismo all'italiana che lui ha teorizzato, cosa proporrebbe quel vecchio produttore di vini che tanto ha fatto bene al Paese? Imporrebbe forse umiltà e sacrificio, sì, ma non nella variante montiana che conosciamo tutti: una declinazione più coscienziosa, che punti alla competenza, al merito, alla conoscenza delle arti e dei mestieri. Tutti parametri che, proprio negli anni del suo settennato, hanno iniziato a costituire i presupposti fondamentali per l crescita del famigerato Made in Italy. Imporrebbe quella sobrietà e quell'equilibrio che hanno segnato i misurati anni della sua permanenza al Quirinale: Einaudi ci credeva sul serio che bisognava dare il buon esempio. Da ultimo, con in una mano il fido bastone e nell'altra un bicchiere di Barolo, brinderebbe all'ennesima, messianica, rinascita italiana.
(fotogramma: blogcampania.com)
Emmanuela Tubelli