Cronaca

Pietro Ingrao, scomparso a Roma lo storico dirigente Pci

ROMA, 27 SETTEMBRE 2015 - “Con Pietro Ingrao scompare uno dei protagonisti della storia della sinistra italiana. A tutti noi mancherà la sua passione, la sua sobrietà, il suo sguardo, la sua inquietudine che ne hanno fatto uno dei testimoni più scomodi e lucidi del Novecento, della sinistra, del nostro Paese”. È con queste parole che Matteo Renzi ha commentato la scomparsa di Pietro Ingrao, avvenuta oggi a Roma.

Lo storico dirigente del Pci aveva compiuto 100 anni lo scorso marzo. “Per la sinistra italiana ha rappresentato un punto di riferimento costante ed uno stimolo a concentrare gli sforzi verso i più deboli e la parte meno tutelata della società”, ha dichiarato Nicola Zingaretti, presidente della regione Lazio. [MORE]

Nato a Lenola, in provincia di Latina, nel 1915, Ingrao è simbolo della lotta antifascista. Ma l’adesione al comunismo non avviene immediatamente: da liceale, infatti, il giovane Pietro frequenta i Littoriali, ossia le manifestazioni sportive organizzate dal regime. È solo durante gli anni di università, quando gli echi della guerra civile spagnola si fanno sempre più forti, che Ingrao si avvicina ai gruppi antifascisti, fino ad arrivare, nel 1942 a raggiungere la resistenza partigiana.

Gli anni successivi alla caduta del regime fascista lo vedono, dapprima, parlamentare e segretario del Pci, poi direttore dell’Unità e, infine, primo presidente di Montecitorio eletto dai comunisti. Ingrao manterrà questo incarico fino al 1979, facendosi testimone, in prima linea, degli anni di piombo e del sequestro di Aldo Moro.

La sua vita è stata raccolta in un’autobiografia dal titolo “Volevo la luna”, pubblicato nel 2006 per Einaudi.

BIOGRAFIA 
Pietro Ingrao nasce a Lenola, in provincia di Latina, il 30 marzo del 1915, da una famiglia di proprietari terrieri dell'alta borghesia locale, ma con radicate tradizioni liberali.
Il nonno, Francesco Ingrao, era un mazziniano, rifugiatosi presso i parenti di Lenola dalla natia Sicilia, dove era ricercato per cospirazione contro il governo; in seguito si unì anche alle truppe di Garibaldi. Sposatosi con una cugina, fu sindaco di Lenola per molti anni, e scrisse un libro ripubblicato nel 2001, “La bandiera degli elettori italiani”. Con la cittadina di Grotte, luogo d’origine del nonno, Pietro ha poi stabilito negli anni un fitto dialogo, ricevendone nel 2001 la cittadinanza onoraria.

Pietro è il secondogenito di una famiglia di quattro figli. Prima di lui Francesco, dopo di lui Anna e Giulia. Dopo gli studi classici a Formia, si trasferisce con la famiglia a Roma, dove prende la laurea sia in Giurisprudenza e che in Lettere e Filosofia. Tra il 1934 e il ’35 frequenta il Centro sperimentale di cinematografia, come allievo regista. Nel 1936, l’aggressione franchista alla Repubblica spagnola rappresenta per lui uno spartiacque: intensifica i contatti con altri giovani antifascisti, e, tramite questi, con l’organizzazione clandestina del PCI. Tra i cospiratori ci sono Lucio Lombardo Radice e sua sorella Laura, di cui Pietro si innamora.

Nel 1942, dopo l’arresto di molti componenti del suo gruppo, Pietro entra in clandestinità, e opera tra Milano e la Calabria. Il 26 luglio 1943 organizza con Elio Vittorini, a Milano, il grande comizio di Porta Venezia; lavora inoltre all’edizione clandestina dell’Unità, prima a Milano e poi a Roma, dove nel 1944 entra nel comitato clandestino della federazione del PCI.

Nel giugno del 1944, nella Roma appena liberata, Pietro e Laura si sposano. La prima figlia, Celeste, nasce nel 1945; seguiranno Bruna (1947), Chiara (1949), Renata (1952) e Guido (1958), che gli daranno, negli anni, una folta schiera di nipoti e pronipoti. Nel 1947 Ingrao è nominato direttore dell’Unità, incarico che ricoprirà fino al 1956. Nel ’48 entra nel comitato centrale del PCI e viene anche eletto deputato per la prima volta: sarà rieletto per dieci legislature consecutive, fino a quando, nel 1992, chiederà di non essere ricandidato. Nel 1956 entra nella segreteria del PCI, dove resterà per dieci anni. Nello stesso anno, vive drammaticamente la repressione della rivolta ungherese: tuttavia si schiera a fianco dell'URSS, cosa di cui anni dopo si pentirà pubblicamente. All’XI Congresso del PCI, nel 1966, rompe la liturgia comunista rivendicando il "diritto al dissenso"; diventa così punto di riferimento per l’ala sinistra del PCI, e per chi vuole rifondare l’identità comunista rompendo con lo stalinismo. L’espulsione dal partito dei fondatori della rivista “Il Manifesto”, cui Pietro era molto legato, rappresenta un momento di crisi profonda, ma non interrompe l’intenso dialogo con questi compagni e soprattutto con i movimenti sociali, esplosi in Italia nel “biennio rosso” 1968-’69 – in particolar modo con le lotte operaie e con l’esperienza innovatrice del “sindacato dei consigli”.

Nel 1968 Ingrao è eletto presidente del gruppo parlamentare comunista della Camera dei Deputati: si apre così una nuova stagione di impegno e di riflessione sui temi istituzionali, che lo portano, nel 1975, alla carica di presidente del Centro di Studi e Iniziative per la Riforma dello Stato (CRS).

Il 5 luglio 1976 è eletto presidente della Camera dei Deputati, e in questa veste, nel 1978, vive in prima linea i giorni drammatici del sequestro e dell’assassinio del Presidente DC Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse. Resterà in carica fino al ’79, anno in cui chiederà di essere sollevato dall’incarico. Nel 1989, Ingrao si oppone alla svolta di Achille Occhetto che trasformerà il PCI in PDS, ma è contrario ad ogni ipotesi di scissione. Nel 1991 aderisce al PDS, come leader dell’area dei Comunisti Democratici. Abbandona il partito nel ’93, aderendo poi a Rifondazione comunista, cui rimarrà iscritto fino al 2008. Tra la fine del secolo e i primi anni del nuovo millennio, Ingrao si dedica soprattutto all’attività di riflessione e di scrittura, senza rinunciare ad un impegno diretto sui grandi temi del nostro tempo: la pace, il razzismo, le lotte operaie, la democrazia. Nel 2007 pubblica la sua autobiografia, “Volevo la luna”.
 

(foto:europaquotidiano.it)

Sara Svolacchia