Criminologia
Piera Maggio, una madre speciale
BOLOGNA, 07 DICEMBRE 2014 - “Quanno eramu ‘ncasa, a mamma l’ha uccisa a Denise”, quando eravamo a casa, la mamma ha ucciso Denise. Serviva un software raffinatissimo, che dieci anni fa non esisteva, per ripulire, filtrare e rendere comprensibile quella frase pronunciata, l’11 ottobre 2004, in un dialogo tra Jessica Pulizzi e la sorella Alice.
Oggi quella frase ha impresso la svolta a un caso che sembrava destinato all’oblio: il caso di Denise Pipitone, la bambina di 4 anni scomparsa la mattina dell’1 dicembre 2004 a Mazara del Vallo, mentre giocava sull’uscio di casa della nonna materna. Il dialogo fra le due sorelle, a loro volta sorellastre di Denise da parte di padre, starebbe a indicare Anna Corona, madre di Jessica e Alice, come responsabile dell’omicidio della bambina. Affermazione pesantissima e - va precisato - ancora tutta da dimostrare.[MORE]
Ma alla luce di questa intercettazione la Procura di Marsala ha aperto un’inchiesta per omicidio, al momento contro ignoti, dopo che l’audio è stato fatto ascoltare in aula davanti alla terza sezione della Corte d’Appello di Palermo: lì si celebra il secondo grado del processo a Jessica Pulizzi, assolta in primo grado un anno e mezzo fa, dopo 22 ore di camera di consiglio, dall’accusa di concorso in sequestro di minorenne. Il sequestro appunto della piccola Denise.
Fino a pochi giorni fa e senza quel software sarebbe stato impossibile capire quella frase, sussurrata con il televisore a volume alto ma catturata dalle “cimici” piazzate all’epoca. Adesso sta già partendo la controffensiva, perizie e controperizie si daranno battaglia nelle aule dei tribunali e non solo.
Il quadro che emerge è agghiacciante e confermerebbe quello tracciato dalla mamma di Denise, Piera Maggio, fin dal primo momento della scomparsa della bambina, e sostenuto dai pubblici ministeri nel primo processo a Jessica: la bambina sarebbe stata rapita dalla sorellastra, all’epoca minorenne, sconvolta per aver scoperto che Denise era nata dalla relazione fra il padre Piero Pulizzi e Piera Maggio. Questo sequestro sarebbe stato coperto dall’entourage familiare, in particolare dalla madre Anna Corona.
L’impianto accusatorio però in primo grado non ha retto: la posizione di Anna Corona è stata archiviata e Jessica Pulizzi è stata assolta, il 27 giugno 2013, pur con la formula del secondo comma dell’articolo 530 del codice di procedura penale, cioè mancata o insufficiente formazione della prova. Ora i giochi si riaprono.
Fin qui la cronaca. Ma se si vuole davvero arrivare nel cuore del crimine, è il caso di fare una riflessione su due aspetti. Il primo: la storia della scomparsa di Denise Pipitone, è anche la storia straziante di una donna e di una madre, Piera Maggio. Se si dovesse dare volto a una madre coraggio, sarebbe quello di Piera.
Lei non si è mai arresa all’ipotesi che si potesse smettere di indagare sulla scomparsa della sua bambina, è stata la prima a indicare agli investigatori dove avrebbero dovuto cercare, ha aperto siti internet, ha fatto appelli, ha gridato con tutte le forze e in tutti i modi (sempre leciti e dignitosi) quando sentiva il rischio che la vicenda passasse nel dimenticatoio. Si è battuta come una leonessa per la figlia.
Adesso arriva questa frase, netta e tagliente come una rasoiata. Piera non ha mai perso la fiducia che la sua bambina fosse viva, chissà dove e chissà con chi, ma viva, e la sua prima reazione non poteva essere altra da quella che è stata: il silenzio.
Il secondo dato riguarda il quadro che emerge da intercettazioni e indagini, sottolineando ancora una volta che il caso è in fase interlocutoria e al momento non ci sono né condanne né un corpo da piangere. Ma se questo quadro si rivelasse vero, rivelerebbe anche una verità parallela: Denise in primo luogo ma anche mamma Piera sarebbero state i capri espiatori di un “gruppo di famiglia” di donne tradite. Sarebbe l’ennesimo refrain, non il primo e purtroppo nemmeno l’ultimo, della solita, vecchia storia: se tuo marito ti tradisce, vendicati sulla sua amante. E’ lei - e non lui - ad essere colpevole.
Paola Bergonzoni