Interviste
Pezzi, intervista a Ippolita Luzzo, la regina della Litweb
Lamezia Terme, 20 Settembre - Ippolita Luzzo, profondamente ancorata nella cultura tradizionale, grande lettrice di libri stampati, è fra i primi, agli inizi del secondo decennio del 2000, a cogliere i segni del grande cambiamento che stava investendo la letteratura, dalla scrittura a stampa a quella a video. A capire, inoltre, che le discussioni culturali si spostavano sempre più dai circoli e dalla carta stampata ai siti letterari, sul web. Non esita a frequentare entrambi i mondi, ed è proprio in uno di questi siti che Bruno Corino, che aveva iniziato a scrivere su questo passaggio epocale, la incontra e la definisce la regina della Litweb, la letteratura sul web. Lei “canticchia, fa collage di canzoni, parole e opere, di poesie, di film, un minestrone e i classici si impuntano, ne nasce un bellissimo dibattito e viene ufficialmente incoronata regina da dissidenti dell’ordine costituito”. Qualità che oggi le viene riconosciuta su tutto il territorio nazionale, reale e virtuale. Ben presto le viene aperto un blog che chiama “Il Regno della Litweb”, e da quel giorno ci dona centinaia di “pezzi”, come ama chiamarli, apprezzati ormai da migliaia di lettori per ogni post.
A fine 2018, stimolata da tanti suoi estimatori decide di raccogliere in un libro poco più di ottanta pezzi, in ordine di data.
Un libro in cui, anche chi non la segue sul web, può cogliere la sua scrittura creativa, vivace, sincera, polemica quando necessario, sempre sospesa tra sogno e realtà con pillole di sana utopia. Fa compagnia con un suono gradevole e un ritmo ideale per stimolare la riflessione. Ogni suo pezzo non è mai banale e regala sempre importanti spunti, parte dalla recensione di un libro, da una critica teatrale, da un giudizio su un’opera d’arte ma anche da aspetti di vita quotidiana, personali, e ci accompagna in un’acuta riflessione. Racconta il bello, il talento, la bravura, l’arte con grande qualità e competenza ma non manca di avanzare denunce, ad esempio contro quella che chiama “prostituzione culturale”.
Vive in pieno la postmodernità ma non chiamatela blogger, scrive rigorosamente con penna e carta e soltanto alla fine trascrive sul web. Oggi è pronta ad affrontare una nuova sfida, parlare direttamente in video, senza scrivere.
L’abbiamo incontrata per farci contagiare dalla sua “anima festosa ed effervescente” e farci illuminare dal suo fervido ingegno.
Ippolita lei è una donna profondamente ancorata alla cultura tradizionale, come ha scoperto il web?
Quando ho smesso di fare l’insegnante ho iniziato a scrivere, su tanti fogli. Era un’esigenza, dovevo raccontare quello che sentivo dentro con gioia e felicità. Inizialmente li leggevo alle amiche, al fruttivendolo, al macellaio, al bar, all’ottico. Ho iniziato, poi, nel 2007, a condividerli con alcuni siti letterari via mail. Qualche anno più tardi, con la nascita dei social, sono diventati post sui blog letterari.
“Non sono una blogger”, come possiamo definirla?
Nel 2012 scrivevo quotidianamente su un sito letterario che oggi non esiste più. Siccome a me non piacciono le piaggerie e tante altre cose, il mio parlare chiaro ha dato fastidio e mi hanno bannata. Il professore Bruno Corino, che aveva iniziato a scrivere post sul fenomeno della Litweb, decide di aprirmi un blog, cosa che io non sapevo neanche cosa fosse. In breve tempo ho ottenuto migliaia di contatti. Hanno iniziato a chiamarmi blogger. Inizialmente mi dava fastidio ma oggi no, mi piace.
Il suo è un blog in cui “non smalta unghie, non stira capelli, non posta gatti, non litiga e non dice parolacce, non si spoglia, non vende libri e nemmeno li compra”. Ci può descrivere il suo blog?
È nato per caso. A mano a mano che ho iniziato a scrivere mi sono accorta che mi si attenuava la rabbia che avevo dentro e mi veniva un senso di liberazione. Per me è un diario in cui parto da un particolare che mi colpisce ed esprimo tutta una serie di pensieri che voglio condividere con chi mi legge, ad esempio sull’amore, sull’amicizia, i rapporti con i figli, il matrimonio, eccetera. Il tutto con gioia e senza cattiveria.
Perché i suoi articoli li chiama rigorosamente “pezzi”?
In omaggio ai grandi giornalisti, per i quali ho un’adorazione sconfinata, come, ad esempio, Andrea Barbato, Beniamino Placido o Tommaso Giglio. Per me pezzo è sinonimo di articolo che dà il tono a tutto il giornale.
“Un libro deve non dire. Solo sporcare il foglio. Il foglio sporco sarà poi presentato con due, tre relatori, accorrerà la Rai, perché accorrono sempre le televisioni pubbliche e private al puro niente da intervistare”. Perché è molto critica sulla pubblicazione dei libri oggi?
Oggi costruiscono un personaggio che ha molti follower, poi un editor di una casa editrice scrive quattro cose per lui e pubblicano un libro. Grazie a tutti i fans che ha, vendono migliaia di copie. Oppure, con gli scrittori bravi che hanno tanto successo, li costringono a pubblicare un libro all’anno. Alcuni di loro non ce la fanno e, o scrivono cattivi prodotti, o pagano uno scrittore fantasma. C’è tanta gente che fa lo scrittore fantasma. È una cosa orribile ma è così, e purtroppo intasano tutte le librerie.
“Esiste l’amore, ne sono certa”. Il suo pensiero sull’amore?
Intanto l’amore è entusiasmo per la vita, senza di esso sei sempre insoddisfatto. È un dono che devi fare agli altri, è dare. Senza amore non esiste niente.
“I voti sono il risultato di accordi, ormai. Il voto non esiste più, esiste solo lo scambio”. Quali i motivi che la portano ad essere così pessimista con la politica in Calabria?
Si dà il voto solo a chi si pensa che può renderci un favore, se non addirittura a chi è disposto a comprarlo. Ormai in politica conta chi possiede il “pacchetto di voti” più grande. A volte questi pacchetti vengono indirizzati verso candidati rispettabilissimi, ma lo si fa soltanto con l’idea che quell’elezione ritornerà utile e porterà guadagno a chi li indirizza. Questa cosa c’è sempre stata, prima, però, era contrastata da un maggiore rispetto delle regole, da un maggiore senso del pudore. I risultati negativi sono evidenti nella nostra terra.
“… e poi la sera prenderete in mano un libro vero e leggerete. Oh leggerete. Perché leggere tornerà di moda”. Le mode passano, ma il piacere di leggere un libro cartaceo non passa mai. Cosa rende così affascinante la lettura di un libro?
Sarà che io ho sempre letto ma sono certa che leggere non passerà mai di moda. La lettura è compagnia, immaginazione, ricchezza spirituale. Sono fiduciosa che di tutta questa tecnologia prima o poi ci stancheremo e torneremo a leggere.
Lei racconta il bello, il talento, la bravura, l’arte. Ci parli, dall’alto del suo osservatorio, del fermento artistico e culturale che si sta elevando nella nostra regione.
È bellissimo. Oggi c’è lo spazio per incontrare autori e artisti veri nella nostra terra. Io cerco di avere lo sguardo libero su chi ha talento e quando mi è capitato di aver sostenuto qualcuno quando ancora non lo conosceva nessuno e poi l’ho ritrovato apprezzato in tutta Italia per me è stata una gioia immensa. Anche per quanto riguarda il teatro c’è una bella realtà calabra oltre che nella fotografia, nella pittura. Per quanto riguarda gli autori, dopo Domenico Dara, grande scrittore e grande uomo, non vedo giovani di questo valore, piuttosto, in attesa che ne nascano, mi piacerebbe che si riscoprissero grandi scrittori calabresi quasi del tutto dimenticati, come Rocco Carbone o Mario La Cava e le sue lettere a Leonardo Sciascia.
Saverio Fontana