Cronaca
Peppino Impastato: 40 anni dall'assassinio dell'uomo che sfidò la mafia con l'ironia
CINISI, 9 MAGGIO- La notte fra l’8 e il 9 maggio di 40 anni fa Peppino Impastato veniva assassinato dagli uomini di Cosa Nostra sui binari della ferrovia di Cinisi, Palermo. Delitto che inizialmente si tentò di far apparire come un fallito attentato terroristico da parte dello stesso e che all’epoca passò quasi inosservato, causa il ritrovamento, lo stesso giorno, del corpo senza vita del presidente della Democrazia Cristiana, Aldo Moro, ucciso dalle brigate rosse dopo 55 giorni di prigionia.[MORE]
Figlio di Luigi Impastato, cognato del capomafia di Cinisi (Cesare Manzella), ma soprattutto amico di uno dei boss più potenti di Cosa nostra, Tano Badalamenti, Peppino nasce dunque in una famiglia profondamente radicata nel contesto mafioso del paese, dal quale però decide di prendere le distanze sin da giovanissimo. Difatti l’intellettuale siciliano Stefano Venuti ricorda la passione politica innata che fin da bambino Impastato mostrava nell'ascoltare i comizi politici del paese, dicendo: “Ai miei comizi ricordo sempre presente un ragazzino che, mentre tutti quelli della sua età giocavano e correvano, se ne stava seduto sul marciapiede ad ascoltare per tutto il tempo. La prima impressione che ebbi quando lo conobbi, fu quella di un ragazzo dotato di entusiasmo e di un desiderio enorme di giustizia, pulizia, di onestà”. Questo stesso interesse verso l’attivismo sociale lo spinse, a soli 17 anni, ad intraprendere un iter politico-culturale la cui prima tappa fu la fondazione del giornalino e l’adesione al PSIUP (Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria). Raggiunta la maggiore età, Peppino militò nei gruppi di Nuova Sinistra, continuando ad occuparsi costantemente dei problemi del mondo operaio e contadino e della condanna dell’autoritarismo sovietico e dell’antifascismo. La vera svolta, tuttavia, ci fu nel 1977, quando fondò “Radio-Aut” insieme ai suoi compagni di lotta, tra cui Salvo Vitale e Umberto Santino, per denunciare la mafia del suo paese e le speculazioni, per poi passare al traffico internazionale di droga che si nascondeva dietro la realizzazione del nuovo aeroporto. Fu proprio questa radio a divenire il mezzo principale tramite il quale Impastato denunciò l’omertà del suo paese, sbeffeggiò l’”onore” dei mafiosi e dei politici di Cinisi e, in poche parole, ebbe il coraggio di sfidare la mafia con acuta ironia.
Di fronte alla negazione convinta da parte delle forze dell’ordine della matrice mafiosa del delitto, fu solo grazie alla determinazione della madre di Peppino, Felicia Bartolotta, del fratello Giovanni, della cognata Felicetta e dei suoi compagni Salvo Vitale e Umberto Santino (i quali sin da subito accusarono Tano Badalamenti) che continuò la lotta per dimostrare che il loro congiunto era stato ucciso dalla mafia. Così, solo nel 1984, con la sentenza del Tribunale di Palermo, firmata da Antonino Caponnetto, si ebbe il riconoscimento della matrice mafiosa del delitto. In seguito, dopo che le indagini furono archiviate per ben due volte, nell’84 e nel ’92, fu grazie alle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, Salvatore Palazzolo, che identificò Badalamenti come mandante, e alle forti pressioni della famiglia, che il caso venne riaperto e si andò a processo. Il 5 marzo 2001 la Corte d'Assise di Palermo condannò Vito Palazzolo a 30 anni di carcere, mentre l'11 aprile 2002 la Terza Sezione riconobbe come mandante dell'omicidio Impastato Gaetano Badalamenti, condannandolo all'ergastolo.
In occasione del 40° anniversario dell'omicidio del "ribelle" di Cinisi, tante le iniziative organizzate dalla "Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato". Il fratello, Giovanni Impastato, afferma: "Siamo riusciti a tenere il ricordo di mio fratello vivo per 40 anni, ma ora questo non basta. Adesso dobbiamo consegnare il passaggio di testimone alle generazioni più giovani, un messaggio educativo e di impegno contro la negazione dei diritti, nel rispetto della dignità umana". Tra le principali iniziative in programma a Cinisi fino all’11 maggio vi è il presidio dell'associazione “Casa Memoria Peppino e Felicia Impastato” presso il casolare rurale in cui Peppino Impastato venne ucciso; nel pomeriggio della giornata odierna la marcia da “Radio aut", quindi da Terrasini, fino alla “Casa Memoria Impastato”, a cui - come ogni anno - parteciperanno associazioni, studenti e istituzioni.
Peppino Impastato è rimasto il simbolo della lotta alla mafia, da lui definita «una montagna di merda». «Noi ci dobbiamo ribellare. Prima che sia troppo tardi! Prima di abituarci alle loro facce! Prima di non accorgerci più di niente», diceva. Negli anni, la figura continua a essere un punto di riferimento. Ne ha parlato tanto il suo amico Umberto Santino, storico e studioso dei fenomeni mafiosi. E milioni di italiani hanno compreso la portata della sua storia di vita attraverso il film di Marco Tullio Giordana, I cento passi, scritto con Monica Zapelli e Claudio Fava.
Fonte dell'mmagine: balarm.it
Federica Vetta