Pentito, 'imprenditrice Maria Chindamo scomparsa fatta a pezzi'
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Pentito, 'imprenditrice Maria Chindamo scomparsa fatta a pezzi'

mercoledì 6 gennaio, 2021

Pentito, 'imprenditrice scomparsa fatta a pezzi'. Maria Chindamo 'punita', avrebbe rifiutato di cedere un terreno
VIBO VALENTIA, 06 GEN - Di quel giorno restano le tracce di sangue sull'auto e poco, pochissimo altro. Di lei non è stato trovato neanche il corpo. Da quel 6 maggio del 2016, Maria Chindamo, imprenditrice 44enne di Laureana di Borrello, nel Reggino, é sparita nel nulla. Inghiottita dalla lupara bianca, dalla violenza dei suoi carnefici che l'hanno aggredita davanti ai suoi terreni, in località Montalto di Limbadi.

Quale sia stata la sua sorte è ormai chiaro, come sia stata uccisa e fatta sparire molto meno. Adesso ad offrire uno spunto alla Dda di Catanzaro è il collaboratore di giustizia Antonio Cossidente, boss del clan dei Basilischi, in Basilicata, per averlo appreso da un altro pentito: quell'Emanuele Mancuso, ex rampollo dell'omonimo casato mafioso di Limbadi, che dal 2018 collabora con la giustizia, ed amico di Salvatore Ascone, arrestato nel luglio del 2019 per concorso in omicidio della donna ma rimesso in libertà dal Tribunale del riesame il mese successivo.

Il pentito lucano racconta al sostituto procuratore della Dda di Catanzaro Annamaria Frustaci quanto ha appreso da Mancuso nel corso della comune detenzione nel carcere di Paliano. Il verbale è quello del 7 febbraio del 2020 inserito dalla Dda nel processo per le presunte pressioni messe in atto dai familiari di Mancuso per costringerlo a ritrattare.

Maria Chindamo, secondo quanto riferisce il collaboratore per averlo appreso da Mancuso, si sarebbe "rifiutata di cedere il terreno, diciamo le proprietà a questa persona (indicato in Salvatore Ascone, già indagato per concorso in omicidio della donna, ndr) e disse che, se non ricordo male, che in virtù di questo l'abbia fatta scomparire lui questa persona. Mi disse che avevano manomesso le telecamere, e che questa donna sarebbe stata fatta sparire ed il suo corpo sarebbe stato macinato con un trattore o dato in pasto ai maiali".

Nel luglio del 2019 era stato arrestato Salvatore Ascone per concorso nell'uccisione dell'imprenditrice, ma un mese dopo il Tribunale del riesame, accogliendo i rilievi della difesa, aveva rimesso l'uomo, considerato legato al clan Mancuso, in libertà. Pochi mesi prima, invece, il gip aveva archiviato la posizione di Rocco Ascone, figlio di Salvatore, minorenne all'epoca dei fatti, sempre in relazione alla sparizione della donna. Nel 2019 il Ris di Messina ha ricostruito la sequenza dell'aggressione di Maria Chindamo.

E' emerso che la donna sarebbe stata aggredita non appena scesa dall'auto (lasciata con il motore acceso) per poi essere caricata con la forza da uno o più persone su un'altra vettura che si é poi allontanata. L'analisi delle tracce ematiche dimostra che la colluttazione è avvenuta in più fasi: nella prima sequenza, l'imprenditrice, dopo essere stata colpita, aveva toccato con la mano la ferita che le era stata provocata per poi poggiarsi sul cofano anteriore dell'autovettura, lasciando così una traccia di sangue "strisciata" dall'impronta palmare; nella seconda sequenza, la donna, verosimilmente nel tentativo di avvicinarsi alla portiera della sua auto, si era poggiata sul paraurti lato guida lasciando sul posto alcuni capelli ed una traccia ematica; nella terza sequenza, la Chindamo, provando ad entrare in macchina aveva impugnato la maniglia della portiera.

A disegnare, infine, la quarta sequenza le tracce ematiche di "schizzo" repertate sul muretto a secco che inducevano a ritenere come la donna fosse stata poi scagliata a terra, quindi colpita nuovamente.

Le ulteriori tracce rilevate al suolo sono significative di un trascinamento della vittima, mentre quella di strisciamento lasciata sul parafanghi posteriore lato guida è segno che la 44enne era ancora viva. "Che groviglio confuso, che matassa intricata è la verità": sono le parole dell'avvocato Nicodemo Gentile, legale della famiglia Chindamo. "Un percorso doloroso - aggiunge il penalista - in mezzo ad un intreccio di sdrucciolevoli circostanze, insidie, errori, omissioni, viltà, speranze e delusioni. Il delitto è ancora sotto traccia, ma il nostro compito é quello di dipanarlo e di isolarlo. Auguro al fratello, Vincenzo, alla mamma Pina e agli splendidi figli di Maria di raggiungere, nel 2021, quella verità che ancora non si appalesa pienamente".


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