Pensieri quaresimali (I): La parola triadica. Di  Domenico Concolino
Chiesa e Società Lazio Roma

Pensieri quaresimali (I): La parola triadica. Di Domenico Concolino

mercoledì 17 febbraio, 2021

Mi ha sempre affascinato il mondo della parola parlata e scritta. Ma credo di non essere il solo. Forse perché tutti, nessuno escluso, siamo fatti della parola che diciamo e riceviamo. In un certo senso noi siamo le parole che conserviamo, che mettiamo nel nostro cuore, cioè noi siamo ri-cordo, memoria.

Ora ci sono coloro che pensano la parola parlata come un entità vuota e passeggera, un soffio che ci attraversa senza lasciare traccia;  partigiani della parola esteriore, che pensano ogni parola appunto, solo come parola che dichiara il visibile. Ciò che conta è altro, sono i fatti, dicono, le cose visibili, concrete quelle che ad esempio creano una sana economia, generano l’insieme delle scienze dure sperimentali, quelli della parola utile, come la medicina o la psicologia, ecc ecc..

La parola, in questo senso, si muove tra l’essere suono che si disperde nell’aria, anche se ad un certo punto si fissa sulla carta, utile a ricordare qualcos’altro, un pò come fare la lista della spesa, memorizzare un appuntamento, menzionare un calcolo matematico. Di queste parole ci serviamo per costruire il nostro mondo visibile e per andare avanti in una vita comoda. Tutto qui.

Ci sono poi ‘gli altri’ quelli che pensano la parola parlata prevalentemente come strumento di esplorazione e dichiarazione di significati interiori. Essi pongono in primo piano  i sentimenti, l’io, le intenzioni interiori, i desideri, persino la bellezza d’animo, le virtù da coltivare ecc. ecc. Insomma il mondo sommerso dell’interiorità appare così sulle nostre labbra e apparendo dona visibilità e nutrimento a valori, certezze e visioni d’insieme in modo che, prima di agire e mettersi a lavoro nel mondo visibile e concreto, ci sia una luce interiore che sostenga l’intera esistenza umana.

Come sempre però: in medio stat virtus,  la giusta verità per noi abita nell’et - et della verità e non nell’aut-aut.  Perché ‘l’io e il mondo’ sono inevitabilmente un tutt’uno nella parola parlata. Gesù ad esempio nel vangelo dice che ‘la bocca parla dalla pienezza del cuore’ (Mt 12,34).

Si perché la parola umana è, nella sua radice più intima, qualcosa che riguarda noi e il mondo simultaneamente. É quel complicatissimo dispositivo fatto di memoria, intenzione, colore, luce, vita vissuta, esperienza, mondo, coscienza e tantissime altre cose. Potremmo dire che ogni parola umana è nel suo sorgere, una commistione di interiorità ed esteriorità, di io, di mondo e - non dimentichiamo - anche di energia, capacità di persuasione, di empatia (cf D. Concolino, la parola affidata.

Parlare di Dio in un mondo plurale, Tau Editrice, Todi 2020, p. 68-74) Specialmente in quelle persone che stimiamo, la parola è suono che crea, significato che apre al nuovo altrui e all’inaudito, è forza di relazione vivente tra persone e non può che essere così. Se pensiamo ad esempio a quelle parole che provengono dai nostri smartphone possiamo intuire la nostra differenza.

Quelle non producono gioia quando gli capita di vincere una partita a scacchi o a Fortnite, né manifestano dispiacere se ricordano sul calendario l’anniversario della morte di un amico. Esse stanno semplicemente lì, ferme e asettiche, tutte rinchiuse in se stesse, monadi senza radici né approdi.

Mi pare allora che almeno tre siano i fiumi che si gettano nel mare della parola parlata alimentandola continuamente: l’abisso dell’io, l’infinito del mondo, la potenza dell’energia vitale. In questo ‘mare’ trova perciò piena cittadinanza la parola saggia dell’esperienza,  quella solida della scienza, insieme a quell’energia che spinge la volontà sana e libera. Questo ‘mare’ è chiamato a bagnare ogni uomo nel dialogo e nell’ascolto.

Credo sia per tutti un bene tornare a parlarci in questa luce poiché qui riposa la bellezza del nostro parlare che si apre all'incontro tra persone,  non dimenticando che nel parlare si esige anche un silenzio vivente, quello che ci precede e ci eccede affinché ogni parola trovi la sua vera casa ed il suo vero cammino verso se stessi, il mondo e Dio.

* Domenico Concolino - Cappellano Campus Universitario Magna Graecia - Docente Teologia Istituto Teologico Calabro

Leggi anche: Pensieri quaresimali (II): Etica della parola di Domenico Concolino

Leggi anche: Pensieri quaresimali (III): Perché abbiamo bisogno di una parola di Dio di Domenico Concolino

 


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