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«Pelé: una promessa è una promessa». Intervista all’autore, il sociologo Marino D'Amore

Dal 9 luglio è possibile acquistare, in tutte le librerie e negli store online, il libro scritto dal sociologo Marino D’amore: «Pelé: una promessa è una promessa», edito da Armando Curcio Editore. Un’opera narrativa impreziosita dalle ricche e dettagliate illustrazioni realizzate da Lorenzo Santinelli. Il testo non mira ad essere una mera biografia del calciatore più famoso del mondo, ma il viaggio nel vissuto emozionale più autentico e profondo del rapporto tra padre e figlio. 

Si parte da un sogno infranto e da una promessa fatta da un Pelé bambino nei confronti del padre, ma ci si soffermerà soprattutto sullo scambio emotivo tra genitore e figlio. Un bambino che sarà in grado di cogliere la sofferenza dell’adulto, comprenderla e adoperarsi per far sì che, seppur indirettamente, il padre abbia modo di riscattare quel dolore e liberare un’esplosione di gioia nel cuore. “Papà, un giorno vincerò il Mondiale per te”, questa la frase che nel 1950 Pelé, pseudonimo di Edson Arantes do Nascimento, rivolge a suo padre quando lo vede piangere a causa della sconfitta del Brasile durante la finale dei campionati mondiali di calcio. Otto anni dopo, a soli 17 anni, Pelé onora quella promessa e vince il Mondiale. 

In questa intervista all’autore Marino D’amore – sociologo, criminologo, scrittore, giornalista, docente – scopriremo alcuni meccanismi umani che sono alla base dei rapporti interpersonali veri e profondi, senza però svelare tanti elementi della trama del libro. 

Dottor D’Amore, per quale pubblico è stato scritto il testo?

“È un libro rivolto a un pubblico di ragazzi, adolescenti e preadolescenti, ma che non vuole fermarsi a un’unica generazione. Vorrebbe coinvolgere anche i papà nella lettura, come momento di condivisione di un’esperienza, sia di intrattenimento sia di sport. Le prime volte nello sport, per i bambini avvengono spesso con i papà. Come, ad esempio, la prima volta allo stadio. Io ricordo ancora la mia: era il 20 maggio del 1992, una partita della Roma contro l’Ascoli. Vincemmo 1 a 0 con rete di Andrea Carnevale. Io ero allo stadio con mio padre Tonino e mio zio Nino e ricordo ogni singolo momento, ogni singola emozione di quel pomeriggio nonostante siano passati 28 anni”.

Due gli elementi cardine del libro: il sogno e la promessa. Qual è il filo che lega questi due fattori e come fare, nella vita, per non perdere la spinta motivazionale necessaria per perseguire un obiettivo?

“Il sogno solitamente è qualcosa che sembra irraggiungibile, ma la promessa può essere uno stimolo alla sua realizzazione come per Pelé. Ogni bambino che gioca a calcio sogna di vincere un mondiale, ma questo avviene molto raramente. Nel caso di Pelé la promessa fatta al papà ha rappresentato una spinta verso quel sogno che, grazie all’amore di un figlio, è diventato una bellissima realtà. Una vittoria collettiva, il mondiale, ma, in questo caso, anche molto personale, perché tutta interna a quella relazione e a quel patto”.

Secondo lei, la vittoria dei campionati mondiali di calcio da parte di Pelé figlio, ha permesso al padre di avere una sorta di riscatto nei confronti della sua esperienza passata?

“Io non sono padre, ma credo che la vittoria più grande per un padre, come per una madre, sia la realizzazione e la felicità di un figlio. Credo sia quella la vera vittoria, il vero riscatto. Qualunque altro significato è secondario. È una dinamica speculare, perché a una gioia del genere corrisponde quella di un figlio che rende orgogliosi i propri genitori. Sono emozioni che si alimentano a vicenda”.

A volte, purtroppo, non basta impegnarsi per realizzare un sogno. Quali componenti, oltre ad una forte spinta motivazionale, sono necessarie per portare a termine un importante progetto?

“Credo tre elementi siano fondamentali: Il coraggio di rischiare e di saper attendere, la tenacia e la fiducia in sé stessi. A volte non bastano ma quando un sogno si realizza questi tre fattori sono sempre alla base di un’impresa. Nel peggiore dei casi, nell’insuccesso rimarrà la convinzione di averle provate tutte e di non portarsi dietro nessun rimpianto”.

Oltre al trionfo del sogno e un finale dunque a lieto fine, quali altri elementi è importante cogliere dalla lettura della biografia?

“Sicuramente il rapporto tra un padre e un figlio che è un rapporto prezioso e irripetibile, con linguaggi, silenzi, sentimenti propri e io ne sono testimone in prima persona. E poi la speranza credo sia l’altra parte importante del libro: la speranza di poter migliorare sempre. Se ce l’ha fatta Pelé che palleggiava scalzo con i frutti perché non aveva un pallone, significa che ogni tipo di speranza è un grande acceleratore di cambiamento, sia nei fatti sia nelle persone”.

Perché consiglierebbe ad un genitore di leggere questa opera insieme al proprio figlio? 

“Perché è un libro che non ha la presunzione di insegnare nulla ma vuole solo essere un momento di condivisione, di racconto e di scambio tra generazioni. Vuole essere, in forma narrativa, una partita di calcio tra i papà insieme ai propri figli”.

Lei ha realizzato il suo più grande sogno o ne ha uno per il quale sta ancora lottando per portarlo a termine? 

“Quello di giocare nella mia Roma ormai è tramontato per raggiunti limiti di età. Scherzo, domanda complessa, ne ho diversi in diversi ambiti, ma ho capito che in fondo anche i sogni sono legati ad alcuni e precisi momenti della vita, ma tutti hanno un comune denominatore: rendere orgogliose le persone a cui tieni. Io non so se ci sono riuscito, se così non fosse spero di farlo al più presto”.

Si ringrazia il Dottor Marino D’Amore

Luigi Cacciatori