Politica

PDL, la vera resa dei conti

Roma - Ecco a voi il divorzio. Non si può certo dire che non era nell’aria, ma finora Berlusconi e Fini, se le erano mandate, diciamo così, a dire, nel senso che le divergenze tra il capo del governo e il presidente della camera erano emerse da mesi con dichiarazioni sui giornali e alle tv. Ieri, ironia della sorte, all’Auditorium della Conciliazione, durante la direzione del Popolo delle libertà, lo scontro fra i fondatori del partito e leader carismatici è stato ravvicinato e durissimo.
L’ ex leader di Alleanza Nazionale non ha arretrato di un passo rispetto alle sue divergenze dall’operato del governo espresse negli ultimi tempi. Si è rivolto al premier per tutto il corso del suo intervento, che è durato circa un’ora, non chiamandolo mai presidente o Silvio, ma semplicemente Berlusconi. [MORE]Ha riferito che ha apprezzato il lavoro del governo, ma che è sacrosanto, in un partito democratico, che si possano avere idee diverse e poterle esprimere. Ha affermato che il centralismo democratico non deve degenerare in “centralismo carismatico”.
Rivolgendosi alla platea, Fini, ha sostenuto che non è eretico chi si pone il problema della possibilità di portare a termine i programmi del partito, citando la difficoltà che avrà il federalismo fiscale, in periodo di crisi economica. Ha detto che non è eretico chi, rifacendosi al partito popolare europeo, non ha la stessa visione sull’immigrazione della Lega, citando ad esempio la legge che prevede l’esclusione dalla scuola dei bambini nati in Italia da extracomunitari, se i genitori perdendo il lavoro perdono il permesso di soggiorno.
Palpitante è stato il passo in cui Fini ha detto di essere stato attaccato da giornalisti strapagati da familiari del premier.
Ha continuato facendo presente l’arretramento del partito rispetto alla lega, accusandolo di appiattimento politico verso il carroccio, per opportunità. Ha sferzato anche sulla questione giustizia, dicendo che il PDL non può dare l’impressione di creare nuove sacche di impunità, ponendo ad esempio il “processo breve”, definendolo amnistia mascherata.
 

Berlusconi ha accusato Fini di aver detto di essersi pentito di aver fondato il PDL. Ha espresso l’opportunità di risolvere le divergenze all’interno del partito e non in televisione, riferendosi ai fedelissimi di Fini: Urso, Bocchino e Raisi.

 E infine ha affermato che sarebbe ben lieto di discutere con Fini le sue critiche politiche al partito, ma a patto che questi si dimetta dalla carica di presidente della camera.
A questo punto Fini è scattato dalla sedia e rivolto a Berlusconi, da quel che si comprende dal labiale, ha detto :“mi cacci via? Non me ne vado”.
Sicuramente un momento cruciale per il partito delle libertà, che ha una ormai manifesta lacerazione interna. Berlusconi sembra avere una maggioranza larghissima tra i dirigenti del partito, sarebbe interessante sapere se tra gli elettori i rapporti di forza sono gli stessi e quanto gioverà alla Lega tutta questa bagarre.