Pd: Marco Minniti, mi candido a segreteria, "Io non sono lo sfidante renziano"
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ROMA, 18 NOVEMBRE - Marco Minniti si candida alla segreteria del Pd. "Ho deciso di mettermi in campo perche' considero la mia una candidatura di servizio. Di una persona che ha ricevuto tanto dal suo partito, dalla sinistra e che sente ora di dover restituire qualcosa", spiega l'ex ministro dell'Interno in una intervista a Repubblica. E sottolinea: "Io non sono lo sfidante renziano. In campo c'e' solo Marco Minniti". "Essendo stato tra chi non ha esagerato nel lodarlo quando era al potere - dice dell'ex presidente del Consiglio - non ho alcun bisogno di prenderne le distanze. Renzi ha perso e si e' giustamente dimesso assumendosi responsabilita' che vanno anche oltre le sue. Il tema ora non e' piu' questo, ma come salvaguadare il progetto riformista. Connettere il riformismo al popolo". Quanto a Nicola Zingaretti, il suo rivale nella corsa, Minniti afferma: "Non e' un avversario, mai ne parlero' male. Serve un patto: chi vince avra' la collaborazione di tutti 99 stata una rottura sentimentale con i nostri elettori. Questa e' la sfida del Congresso. Io non cerco scorciatoie".
L'obiettivo di Minitti e' la "sconfitta del nazionalpopulismo", possibile "solo si riesce a parlare con la societa' italiana. Va ricostruita una connessione. Serve un Congresso che parli all'Italia, non un regolamento dei conti interni". "Parliamo - sottolinea, riferendosi a chi gli gli ha chiesto di candidarsi - di 550 sindaci che hanno firmato un appello. Rappresento questa parte del partito e non un equilibrio torrentizio. Se non ci fosse stata questa richiesta da parte di tanti eletti, non mi sarei reso disponibile". L'ex ministro dell'Interno rivendica "le politiche riformiste" del Pd: "Non abbiamo risposto a due grandi sentimenti: la rabbia e la paura. Non si puo' rispondere a chi ha perso il lavoro con la freddezza delle statistiche. Dicendogli che l'occupazione cresce. Cosi' come non si puo' dire al cittadino che ha subito un furto in casa, che i reati diminuiscono. C'e' bisogno della sinistra riformista. I piu' deboli si sono sentiti abbandonati. Anzi, addirittura biasimati.
Quello spazio e' stato colmato dai nazionalpopulisti. Basta vedere quel che e' accaduto nelle nostre peri ferie". Servono "otto parole chiave: sicurezza e liberta', sicurezza e umanita', interesse nazionale e Europa, crescita e tutele sociali" e "senza l'Ue - che va cambiata profondamente - non si affrontano le questioni poste dalla globalizzazione. Una grande Italia in una grande Europa". Alleanza con chi? "Un campo ampio. Con pezzi di societa', con queste azioni di cittadinanza che abbiamo visto a nascere a Roma e a Torino", mentre una discussione su una possibile intesa con i Cinque stelle puo'essere fatta "solo dopo che questa maggioranza nazionalpopulista verra' sconfitta nel Paese. I grillini stanno vivendo un eclisse". Cambiare nome al partito? "Non serve. Semmai dobbiamo unirlo, ricostruirlo e cambiarlo profondamente. Ora sembriamo una confederazione di correnti. E una confederazione di correnti non puo' vincere".