Politica

PD: delegati ratificano elezione Zingaretti; Gentiloni nuovo presidente

ROMA, 17 MARZO – L’assemblea nazionale del Partito Democratico si è riunita a Roma per ratificare l’elezione di Nicola Zingaretti, dopo il trionfo di quest’ultimo alle elezioni primarie dello scorso 3 marzo. Mille sono i delegati che da tutto il Paese si sono recati nella Capitale per partecipare all’assemblea ed assistere alla relazione iniziale del nuovo segretario, che ha aperto ufficialmente il nuovo corso del partito.

“È arrivato il momento in cui noi tutti dobbiamo muoverci e metterci in cammino, tutto quello che succede intorno a noi ce lo indica” – ha aperto il suo discorso Zingaretti – “il nostro partito non è per nulla spezzato e sconfitto: sottolineo che gli avversari (ed anche alcuni amici) prevedevano un disastro alle primarie e non è stato così”. Il Governatore del Lazio non ha però nascosto l’intenzione di imprimere una sferzata alle posizioni politiche dei dem: “Prima di tutto dobbiamo cambiare, occorre un partito diverso, più aperto, più inclusivo, realmente democratico, in grado di essere percepito come amico di chi parla con noi. Vorrei un partito che sia capace di fare autocritica e che guardi alla sofferenza della società”. Per questi motivi, egli ha confermato le voci secondo cui l’organizzazione strutturale dei dem dovrà obiettivamente mutare: “Forse tutto dovrà cambiare, ma dovremo crederci tutti perché tutti saremo chiamati a dare il nostro contributo”. Passando a temi più specifici dell’agenda politica, Zingaretti ha aggiunto: “Dobbiamo rimettere al centro dei nostri programmi la persona umana” – citando l’esempio dei giovani ecologisti che si stanno mobilitando in tutto il mondo. Secondo il neo segretario, “negli ultimi 20 anni non abbiamo percepito che un becero liberismo ha ripreso le redini dello sviluppo: ci vuole più riformismo per affrontare il futuro, per migliorare la vita delle persone, di tutto questo abbiamo un immenso bisogno e per questo ci muoveremo. È dunque indispensabile – ha poi concluso il suo intervento – rimettere al centro della nostra politica la giustizia sociale, perché la lotta alla povertà è la condizione per stare meglio tutti insieme nella società”.

Zingaretti ha ad ogni modo lanciato diversi segnali di inclusione a favore delle varie anime presenti nel PD ed in particolare a favore di quelle correnti rappresentate dai suoi sfidanti alle primarie. È stato dato anzitutto ampio spazio agli interventi dei due sconfitti, Roberto Giachetti e Maurizio Martina, consentendo ad entrambi di esprimere il pensiero dei rispettivi gruppi rappresentativi e di appoggiare liberamente la nuova linea del partito. “Saremo ventre a terra lì dove Nicola riterrà opportuno, per dare forza al partito nelle elezioni che vengono. Auguri sinceri di buon lavoro. Saremo una minoranza leale a differenza di quelle precedenti perché  non spareremo sulla dirigenza. Resteremo in minoranza, non vogliamo alcun incarico in segreteria” – così Giachetti. “Siamo un gruppetto di 120 persone (eventualmente da allargare anche ai delusi che non hanno votato alle primarie per quanto successo nei confronti del governo e del partito negli ultimi 5 anni): ci dovrete sopportare, anche se chiedo scusa per il disturbo” – ha poi detto il Deputato renziano – “Ad esempio, non siamo d’accordo con Nicola sull’abolizione dell’unione delle cariche di segretario e candidato premier. Siamo invece contenti che sia stata allontanata l’ipotesi di alleanza col M5S e che si sia tornati a parlare di riformismo e di progressismo, però ricordo che se la lotta alla povertà dovrà passare per il reddito di cittadinanza, allora i nostri obiettivi divergeranno”. Tuttavia, riprendendo i riferimenti ideologici indicati da Zingaretti, prima di cedere la parola Giachetti ha nuovamente ammonito sul posizionamento del partito sulla scena politica nazionale: “Nel PD c’era una grande vastità di riferimenti originari, ma essi non avevano a che fare né con Gramsci né con Moro. Non ho capito quindi quali potranno essere le alleanze politiche”. Più pacati i toni del discorso di Martina, che ha voluto più semplicemente precisare: “Questo è un partito, non una baracca. Siamo pronti a dare una mano, saremo una minoranza, non un’opposizione. Vogliamo dare il senso del riformismo radicale che abbiamo messo nella nostra mozione”. Per quanto concerne i temi di maggiore attualità, l’ex segretario ha affermato: “Non lascerei mai la battaglia del salario minimo a questa maggioranza di governo. Dobbiamo sempre vedere il nostro avversario nella destra che ora è al governo e non dentro questa sala. Se il PD vuole essere grande, al suo interno deve essere plurale”.

Confermando poi la volontà di tendere la mano a tutte le minoranze interne, dopo essere stato ufficialmente nominato, il neo segretario ha proposto il conferimento della carica di presidente dell’assemblea del partito a Paolo Gentiloni, considerato in grado di sintetizzare e mediare fra le varie correnti dem. Poco dopo, infatti, l’ex Premier è stato eletto senza ricevere alcun voto contrario (86 astenuti) e a sua volta ha annunciato di nominare come sue vice due delegate che avevano appoggiato le candidature di Giachetti e Martina, ovvero rispettivamente Anna Ascani e Debora Serracchiani. In tal modo, entrambe le principali mozioni di minoranza saranno presenti e rappresentate nell’ufficio di presidenza, segnalando l’avvio di un percorso che tenterà di essere maggiormente plurale ed inclusivo.


Francesco Gagliardi


Fonte immagine: ilsussidiario.net