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MILANO, 06 MARZO 2013- Via Paolo Sarpi, meglio conosciuta come l'arteria principale della Chinatown meneghina. Un piccolo anfratto metropolitano, racchiuso a sponda tra i vecchi palazzi della Milano più autentica, percorso ogni giorno da un andirivieni sinuoso e eterogeneo, stretto nella morsa di due lingue diverse, nelle sonorità e nelle forme, che confluiscono in una diade babelica attraente. [MORE]
Un pavé nuovo di zecca, aiuole, piste ciclabili e soprattutto mille insegne, la maggioranza delle quali cinesi. Un bazar asiatico inglobato in vecchie botteghe nostrane, assorbite, ingoiate da un mercato prepotente che non conosce concorrenza. Un'oasi straniera nella quale resistono, nostalgici e poetici, negozietti a gestione milanese, di quelli ormai scomparsi anche dalle principali vie dello shopping cittadino, dove il franchising, ancora estero, fa la parte del leone e accoglie quel bacino di acquirenti che non può rivolgersi alle alte firme italiane. L'Italia qui scopare lentamente, esce di scena e nessuno sembra chiederle un bis.
Così finisce, per sommi capi, anche la storia dell'Ovviesse di Paolo Sarpi, una storia lunga venticinque anni. Dal 23 marzo il punto vendita tira giù le serrande e cede il proprio spazio ad un acquirente cinese che promette la realizzazione di una cittadella a due piani con tanto di ristorante, punto vendita e residence. Si spengono le luci, le commesse piangono e il dragone avanza.
Emmanuela Tubelli