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Paga le spese di manutenzione straordinaria chi è condomino al momento dell'approvazione dei lavori
VIBO VALENTIA, 26 GIUGNO - È responsabile della corresponsione delle spese condominiali la persona che era proprietaria al momento dell’approvazione delle stesse, non rilevando la circostanza che questa abbia venduto la propria abitazione prima dell’assemblea di ripartizione delle suddette spese. Questo è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sez. VI civile, ordinanza n. 15547/2017, depositata il 22 giugno. [MORE]
Il caso. Un Condominio ricorreva in giudizio, innanzi al Tribunale competente, per ottenere l’emissione di un decreto ingiuntivo nei confronti di un condomino relativo al pagamento della somma di Euro 15.174,78 dovuta a titolo di contributo per i lavori di manutenzione straordinaria dell’edificio deliberati nel 2000 ed eseguiti tra il 2000 ed il 2002, avendo poi il condomino alienato la propria unità immobiliare nel 2003. Il giudice di prime cure dava ragione al Condominio.
Il condomino impugnava la sentenza di primo grado innanzi alla Corte d’Appello territoriale che, a conferma della sentenza impugnata, ribadiva la condanna nei confronti dell’ex condomino.
Il condomino, proponeva ricorso per Cassazione con due motivi di doglianza, per ottenere la riforma della sentenza di Appello che lo aveva visto soccombente nei confronti del Condominio.
Con il primo motivo di doglianza, il ricorrente censurava come la Corte d’Appello avesse erroneamente creduto rinunciate le proprie eccezioni di prescrizione e di carenza di legittimazione passiva avendole eccepite non con l’atto di opposizione a decreto ingiuntivo ma solo con la comparsa di nomina del nuovo difensore. Altresì, per quanto concerneva l’eccezione di carenza di legittimazione passiva la stessa Corte erroneamente l’aveva ritenuta infondata sulla base del fatto che il ricorrente era condomino al momento in cui erano stati deliberati i lavori di manutenzione straordinaria, e perciò era obbligato alle spese ad essi inerenti, pur non essendo più condomino all’epoca dell’approvazione della delibera di ripartizione dell’aprile 2006.
Con secondo motivo di doglianza, il ricorrente deduceva la contraddittorietà della motivazione in relazione alla sua carenza di legittimazione passiva con riguardo alla pretesa creditoria del Condominio, la quale si basava su una delibera di ripartizione delle spese del 2006, allorché egli aveva ormai venduto la propria unità immobiliare e non poteva, quindi, partecipare all’assemblea né impugnarne la decisione.
La Corte di Cassazione rigettava entrambi i motivi di ricorso.
In particolare, riguardo al primo motivo di doglianza, affermava come la Corte d’Appello non avesse ritenuto rinunciata l’eccezione di carenza di prescrizione, ma anzi avesse valutato la stessa come tardiva. Secondo i giudici di seconde cure – valutazione poi condivisa dai Giudici di legittimità – tale eccezione avrebbe dovuto essere mossa dal convenuto necessariamente con l’atto di opposizione a decreto ingiuntivo e la proposizione della stessa con il nuovo difensore in una fase successiva del giudizio aveva cagionato la tardività della stessa argomentazione.
Con riguardo al secondo motivo di doglianza, invece, la Suprema Corte affermava l’irrilevanza della vendita dell’appartamento in epoca antecedente all’assemblea di ripartizione delle somme. Secondo la Corte di Cassazione, infatti, a rendere obbligato l’ex condomino al pagamento delle spese era il fatto di avere avuto la qualifica di condomino al momento dell’assemblea di approvazione dei lavori, dovendo considerarsi la successiva assemblea di ripartizione delle spese non il momento costitutivo dell’obbligazione, ma solo il momento di precisazione del quantum della stessa. In particolare, affermava la Cassazione, “la circostanza della vendita dell’unità immobiliare prima che siano stati approvati tutti gli stati di ripartizione delle spese inerenti a quei lavori, o comunque prima che il condomino che aveva approvato gli stessi abbia adempiuto ai propri oneri verso il condominio, può impedire che sia emesso il decreto ingiuntivo con la clausola di immediata esecutività ex art. 63, comma 1, disp. att. c.c., ma di certo non estingue il debito originario del cedente, che rimane azionabile in sede di processo di cognizione, o di ingiunzione ordinaria di pagamento”.
Per tali motivi la Cassazione rigettava integralmente il ricorso e condannava il ricorrente alle spese del giudizio.
Avvocato Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express