Parola e Fede
Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te
CATANZARO, 11 FEBBRAIO 2012 - Il sacerdote Davide Marino oggi risponde ad Andrea e Biagio; i temi proposti sono il perdono dei peccati e le tentazioni del mondo di oggi.
R. Ciao Andrea.
Voglio raccontarti una storia. Un storia antica, che non ci ha lasciato il nome del suo protagonista. Tutto ciò che sappiamo è che si tratta di un ragazzo – anzi, a dirla tutta, non ne conosciamo neanche l’età… –, che potremmo perciò chiamare Davide, Antonio, Giuseppe, Francesco. Oppure Andrea. Fai tu.[MORE]
Era una persona come tante altre. Un giorno, per qualche motivo che non conosciamo, decise di levare le tende, di andarsene di casa. E dopo aver chiesto al padre tutto ciò che gli sarebbe spettato in eredità, partì. Andò molto lontano. Presto, gli sembrò di iniziare a provare l’ebbrezza della libertà, di gustarla, di godersela fino in fondo; fino ad abusarne. Spese fino all’ultimo centesimo, facendo cose delle quali, di lì a poco, si sarebbe immensamente pentito. Si mise nei casini – diremmo oggi. E toccò il fondo. Provò l’amarezza del fallimento, la sensazione desolante di averla fatta troppo grossa per essere perdonato. Profondamente abbattuto e in uno stato di completa miseria, penso così di tornare a casa. Ma non avrebbe mai più avuto la forza – pensava – di portare di nuovo lo sguardo agli occhi di suo padre. Sarebbe tornato da estraneo, nella vergogna, come uno che non avesse alcun diritto a stare in quella casa, come un dipendente di suo padre, al più, ma no, non come suo figlio. Ma proprio qui stava il più grande errore del nostro amico. E sai qual era, Andrea? Quello di misurare il cuore del padre col metro del suo cuore. Non sapeva infatti che suo padre percorreva ad ogni ora del giorno con lo sguardo l’orizzonte, nella speranza di vedere materializzarsi da un istante all’altro la figura di suo figlio, sognando di corrergli incontro, di riabbracciarlo, di restituirgli, con il suo amore, la dignità smarrita…E finalmente, un giorno, la sagoma del ragazzo si compose davvero sulla strada di casa. Era ancora lontano che il padre, avvistatolo, gli corse incontro lo strinse a sé, lo bacio, lo accolse meglio di come un suddito avrebbe accolto un re.
Sai una cosa, Andrea? Quel Padre è lì sulla soglia di casa ad aspettare anche te. Ecco la parabola del figliol prodigo o del padre misericordioso (Luca 15,11-32). Quel Padre è lì, adesso, per tutti, per me…per te, Andrea. È lì pronto a darti tutto l’amore che cerchi. A darti la certezza del suo perdono, che libera dal peso a volte schiacciante del proprio passato e dona la forza e sostiene l’umiltà di perdonare a se stessi. Le sue braccia sono aperte, aperte nell’attesa di stringerti in un abbraccio, aperte come quelle di Gesù sulla croce, inchiodate nel gesto di un abbraccio sconfinato e universale, testimonianza di un amore misericordioso che non ha limiti.
Certo, il perdono che il Signore ci offre, ci chiama contemporaneamente al cambiamento, alla conversione, ad abbandonare il peccato e, nella misura in cui sia possibile, a porre rimedio al male che abbiamo compiuto. È il peccato che porta la tristezza e l’inquietudine nella nostra vita, che ci toglie la pace. Solo eliminandolo dal nostro cuore possiamo riacquistarla. Con la gioia che nasce dal perdono del Signore – quel perdono che incontra il nostro desiderio di non commettere più il male – , con la forza che viene dalla sua grazia, tutto diventa più leggero, ogni cosa riacquista colore. La vita rinasce dentro, la sua presenza in noi riaccende la speranza, possiamo davvero tornare a vivere da figli, qualunque sia stato il nostro passato. Nel sacramento della riconciliazione, Gesù, attraverso il ministro della Chiesa, compie questo miracolo. In ogni confessionale, dovunque un sacerdote attenda qualcuno in cerca della misericordia di Dio, là c’è quello stesso Padre, che attende il proprio figlio sulla soglia di casa…
Che tu possa sperimentare tutta la potenza rigeneratrice della misericordia del Signore, caro Andrea.
don Davide.
D. Il mondo che ci circonda ostacola il nostro cammino. Come e cosa bisogna fare per superare questa moltitudine di tentazioni? Biagio da Torino
R. Caro Biagio,
molto probabilmente ricorderai le parole di Gesù nell’orto del Getsemani: «Vegliate e pregate per non entrare in tentazione. Lo spirito e pronto ma la carne è debole» (Matteo 26,41). Queste parole Gesù le rivolge ai discepoli presenti con Lui in quel momento e in quel luogo precisi. In esse tuttavia, c’è il segreto della vittoria sulla tentazione per i discepoli di Gesù di ogni tempo.
La debolezza della nostra carne, può essere vinta solo vegliando e pregando. Cosa vuol dire vegliare? Quando una persona dorme, non può essere cosciente di ciò che accade attorno a lui. Se ha dei nemici, questi possono fare tutto quello che vogliono, anche fargli del male, senza che si accorga di nulla. La vigilanza nella nostra vita spirituale è importantissima. Dobbiamo sempre essere coscienti del valore dei nostri pensieri, delle nostre parole, delle nostre azioni, delle nostre relazioni con gli altri e con il mondo, meditare, soppesare le cose valutare tutto alla luce della parola del Signore. Anche se vegliamo e vigiliamo però i nostri occhi, non sono in grado di scorgere i pericoli che si celano nel buio, se non hanno sufficiente luce. Gesù, quando fu tentato da Satana, trionfò perché aveva chiara la volontà del Padre, conosceva profondamente la sua parola, e nessuno avrebbe potuto ingannarlo riguardo ad essa. Anche noi siamo in grado di smascherare e vincere la tentazione, nella misura in cui conosciamo e comprendiamo la verità della parola divina. Essa diventa così la luce per i nostri occhi, il faro che rende la nostra veglia efficace.
Accanto alla vigilanza è necessaria la preghiera. Tanta preghiera. Senza l’aiuto che viene dal Signore, siamo perdenti in partenza nella lotta contro il male. È facile infatti sperimentare in noi una forza che contraddice la nostra volontà di compiere il bene. Ce lo spiega chiaramente san Paolo nella lettera ai Romani: «Io trovo in me questa legge: quando voglio fare il bene, il male è accanto a me. Infatti, nel mio intimo acconsento alla legge di Dio, ma nelle mie membra vedo un’altra legge, che combatte contro la legge della mia ragione e mi rende schiavo delle legge del peccato che è nelle mie membra. Me infelice! Chi mi libererà da questo corpo di morte? Siano rese grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore!» (7,21-24). La preghiera – e cioè la richiesta al Signore di venire in soccorso alla nostra fragilità con la sua onnipotenza – ci rende così capaci di superare la tentazione. Non è proprio questa del resto l’invocazione conclusiva del “Padre nostro”?
Un’ultima cosa bisogna sottolineare. Se la tentazione ce la andiamo a cercare…diveniamo facili prede. Nell’atto di dolore diciamo: “Propongo col tuo santo aiuto di non offenderti mai più…” – e??? – “…e di fuggire le occasioni prossime di peccato”. Se fossimo più prudenti nella nostra vita quotidiana, se considerando umilmente la nostra debolezza, ci tenessimo alla larga da tutte quelle situazioni nelle quali è facile cadere, di certo riusciremmo a prevenire molti errori e peccati…
Caro Biagio, la bontà infinita del Signore, ha messo sulla nostra strada alcune guide e compagni straordinari: la Vergine Maria, gli Angeli, i Santi. Possa la loro costante vicinanza aiutarti a compiere ogni giorno il bene e a evitare il male.
don Davide.
Si ricorda che ognuno può porre i propri dubbi, i propri interrogativi scrivendo al seguente indirizzo di posta elettronica parolaefede@infooggi.it