Cronaca

Omosessuali discriminati e invisibili sul lavoro

ROMA, 13 OTTOBRE 2011 – Dover nascondere la propria sessualità per non essere discriminati o avere problemi di accesso nel mondo del lavoro. È quello che succede tutti i giorni in Italia alla maggior parte degli omosessuali, un report di Arcigay fornisce i numeri dell’invisibilità.[MORE]

Si tratta del report “Io sono Io lavoro”, prima ricerca scientifica sulla discriminazione nel mondo del lavoro di gay, lesbiche, bisessuali e trans, svolta da Arcigay nell’ambito di un progetto omonimo con il contributo del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali. Scopo della ricerca è comprendere più in profondità il numero di episodi di omofobia e di discriminazione che avvengono sul posto di lavoro, le cause, le prassi di intervento, gli strumenti esistenti e i servizi maggiormente ricercati e utilizzati.

La ricerca è stata realizzata raccogliendo 2.229 questionari compilati da persone lgbt, 52 interviste a testimoni qualificati e 17 storie di discriminazione sul lavoro. I dati sono allarmanti: Il 19.1% delle persone lgbt (lesbiche, gay, bisessuali e trans) intervistate riferisce di essere stata discriminata sul lavoro. Quanto alle discriminazioni la forma più grave, il licenziamento, è stata esperito dal 4,8% degli intervistati, percentuale che sale al 25% tra le persone trans. Problemi anche per l’accesso nel mondo del lavoro: il 13% delle persone lgbt dichiara di aver vista respinta la propria candidatura per un posto di lavoro in ragione della propria identità sessuale.

Ma il dato più significativo è quello legato all’invisibilità degli omosessuali nel mondo del lavoro, e quindi, della necessità di nascondere la propria sessualità: il 48% del campione controlla infatti scrupolosamente le informazioni personali che comunica sul posto di lavoro per non correre il rischio di essere trattato ingiustamente. Un quarto degli omosessuali ne risulta completamente invisibile.

Il problema dell’invisibilità riguarda maggiormente le persone omosessuali che possiedono un titolo di studio elevato o i lavori di inquadramento di alto livello, meno problemi invece nelle cooperative o nelle associazioni. I settori lavorativi nei quali le persone lgbt sono maggiormente visibili sono nell’ordine: attività artistiche sportive e ricreative, poi alberghiero e ristorazione, poi le libere professioni, poi il commercio.

“Con la comprensione delle cause e della modalità della discriminazione di gay, lesbiche, bisessuali e trans sul lavoro – spiega Paolo Patanè, presidente nazionale Arcigay – possiamo finalmente definire delle strategie di prevenzione e contrasto non su situazioni presunte ma sul clima, spesso pesante, che si respira in imprese, aziende o enti pubblici. L’urgenza è quella di convincere le vittime a denunciare: la ricerca è chiarissima su questo. Gay, lesbiche, bisessuali e trans, se vittime di discriminazione, sono impotenti e non hanno punti di riferimento. Lavoreremo su questo”.

Alla fine della compilazione del questionario on-line, tutti sono stati invitati a dare un “consiglio su come migliorare la condizione delle persone lgbt in Italia sul lavoro”. Ben 630 persone (pari a poco meno di 1 intervistato su 3) hanno voluto lasciare un proprio pensiero. Eccone alcuni : “Serve maggiore informazione su cosa è veramente Lgbt … farci conoscere dagli etero”. “Serve un rinnovamento culturale per una società felice e non chiusa in se stessa”. “Accettarsi per essere accettati”. “Si avrà un miglioramento solo quando lo Stato, attraverso una legge imporrà, uno stato di eguaglianza effettivo anche per le persone Lgbt: in primis matrimonio civile, adozioni ai gay e procreazione assistita. Credo che questo sia la base di tutto”. “Concedere pari diritti e non solo pari doveri”. “Campagne informative rivolte ai lavoratori Lgbt, per dire loro che possono rivolgersi a certi servizi per denunciare le discriminazioni”. “Non saprei, non voglio essere negativo ma forse è meglio emigrare verso altri lidi”.

Non mancano le reazioni dopo la pubblicazione dei dati. Prima fra tutte quella della deputata del Pd, lesbica dichiarata, Anna Paola Concia, che chiama in causa il Ministero del Lavoro, che ha contributo alla realizzazione dell’indagine: «non potrà non mettere in campo strategie di prevenzione e contrasto a un fenomeno che pesa in modo rilevante sulla vita delle persone discriminate nei luoghi di lavoro in base al loro orientamento sessuale e all’identità di genere» dichiara indignata.

REPORT COMPLETO

Marika Di Cristina