Pubblica Istruzione
Ocse, Italia bocciata: su 100 solo 18 sono laureati
ROMA, 12 SETTEMBRE- L'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) nel rapporto annuale sull’educazione nei Paesi a economia avanzata ‘Uno sguardo sull’istruzione 2017’ mette l’Italia in fondo a diverse classifiche.[MORE]
L’Italia arriva appena al 18% di laureati, mentre la media dell’Ocse è 37%: prima di noi solo il Messico.
Siamo ultimi anche nel gruppo dei dodici Paesi di riferimento, superati da Spagna, Portogallo, Germania, Francia; la Svizzera si attesta un 41&, mentre USA 46.
Per quanto riguarda il conseguimento sulla prima laurea siamo al 35%, quartultimi dopo Ungheria, Lussemburgo e Messico.
Per questi specifici dati, secondo il rapporto questi numeri potrebbero essere causati da: “prospettive insufficienti di lavoro e a bassi ritorni finanziari".
Inoltre, il 30% delle lauree si concentrano sull’area umanistica: Lettere, Scienze politiche, Formazione artistica, Scienze della comunicazione, Sociologia. Si tratta di ambiti che il mercato lavorativo non riesce a valorizzare.
Francesco Avvisati, autore assieme a Giovanni Maria Semeraro della nota riguardante l’Italia e tecnico Ocse, ha affermato:”Non direi mai che ci sono troppi laureati: la cultura non è mai troppa. Ci sono troppi laureati in Lettere e faticano a trovare un impiego che corrisponda alle loro qualifiche. D'altro canto, nel sistema universitario non trovano passerelle per ri-orientarsi verso discipline dove gli sbocchi occupazionali sono migliori".
“Sono troppi diplomati che scelgono il percorso di studio senza consapevolezza delle opportunità che ne ricaveranno. L'Italia ha una proporzione di laureati e diplomati dell'istruzione terziaria minore di altri Paesi e i dati mostrano che i laureati che da noi mancano sono soprattutto nelle discipline scientifiche ed economiche.” Sottolinea Avvisati.
Basti pensare che in 39 casi su100, giovani tra i venticinque e i trentaquattro anni possiedono una laurea concernente ambiti umanistici. Al contrario degli altri paesi europei, invece, sono pochi (solo il 25 per cento) a laurearsi nelle facoltà Stem ( Scienze, Tecnologia, Ingegneria e Matematica). Ciò comporta:” conseguenze negative per il tasso di occupazione dei laureati".
Difatti, le cifre parlano chiaro: nelle aree Stem il tacco occupazionale è dell’82% (addirittura 85 per ingegneria), nell’ambiente economico-giuridico è dell’81%, mentre per le materie umanistiche si abbassa a 74.
Il rapporto mostra che: “L'orientamento dei neolaureati è poco legato ai bisogni emergenti dell'economia”.
Le donne risultano essere penalizzate dal mercato perché “più spesso laureate in discipline a basso tasso di occupazione.”
Gli esperti spiegano l’importanza di un orientamento Stem:” "Globalizzazione, progresso tecnologico e invecchiamento della popolazione influenzano la domanda di competenze. Già oggi le analisi dell'Ocse hanno individuato una tendenza alla polarizzazione della struttura occupazionale nonché bisogni, non coperti, nelle aree delle competenze sociali e creative e delle competenze Stem".
L’Ocse consiglia:” Occorre accompagnare le scelte di orientamento con maggiore consapevolezza sui bisogni emergenti modulando le tasse di iscrizione e le borse di studio o coinvolgendo esperti del mercato del lavoro nell'orientamento alle superiori, è necessario aumentare la possibilità di ri-orientamento in corso e rinforzare i legami tra insegnamento universitario ed economia, sul territorio tra università e imprese, così come nelle politiche di sviluppo.”
Paradossalmente, il rapporto stima che l’80% dei 25-64enni che possiedono un’istruzione terziaria ha un lavoro, mentre se la fascia si sposta a 25-34 anni, il tasso occupazionale scende al 64%, la percentuale più bassa dei paesi industrializzati, che in media sono all’83%. Nel 2016, il 64% dei laureati nella fascia 25-34 anni avevano un lavoro, mentre nella fascia 25-46 la cifra si alzava a 80.
Contrariamente alle aspettative, è più alta anche l’occupazione dei diplomati degli istituti tecnico-professionali (68%).
Inoltre, non c’è omogeneità a livello territoriale (ancora disparità tra Nord Centro e Sud) né a livello regionale: il tasso di istruzione più elevato lo possiede la regione Lazio, seguita da Umbria ed Emilia Romagna; tra gli ultimi posti Sicilia e Puglia.
Rispetto al 2010, c’è stato un calo del 9% per quanto riguarda la spesa pubblica complessiva nell’istruzione scolastica, riservando solo il 7,1% della spesa delle amministrazioni pubbliche al ciclo compreso tra scuola primaria e università.
Il calo, secondo l’Ocse, sarebbe un:” indice di un cambiamento nelle priorità delle autorità pubbliche piuttosto che di una contrazione generale di tutte le spese governative.”
Inoltre, rispetto ai colleghi degli altri Paesi, pur lavorando equamente a loro, i docenti italiani guadagnano molto di meno.
Un punto a favore del nostro Paese è l’ambito dell’istruzione tecnica e professionale negli istituti superiori, dove si iscrivono il 53% degli studenti. Possibilità come l’alternanza scuola-lavoro favoriscono livelli di occupazione più alti rispetto agli altri diplomati.
Alto il tasso di iscrizione alla scuola dell’infanzia, se non totale:” "I tassi d'iscrizione sono del 92% per i bambini di tre anni, del 94% per i bambini di quattro anni e del 97% per i bambini di cinque anni di età.”
(foto da Felicità Pubblica)
Eleonora Ranelli