Nuovo Dpcm, Conte nuove misure “Chiusure diverse tra le Regioni. Fase 4” Video
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ROMA, 2 NOV - Il premier espone a Montecitorio le nuove misure anti-Covid: "Sono necessarie
nuove restrizioni prima di mercoledì. Indicheremo 3 aree con tre scenari di rischio. Limiti per la circolazione in tarda serata". Si prevede "anche integralmente" la didattica a distanza per le scuole di secondo grado. Chiudono mostre e musei a livello nazionale e centri commerciali nel weekend. Al Senato riferirà alle 18
Testo integrale:
Gentile Presidente, onorevoli deputate e onorevoli deputati,
desidero, in primo luogo, ringraziare il presidente Fico e tutti i Gruppi parlamentari per la disponibilità ad anticipare, da mercoledì ad oggi, le comunicazioni del Governo sull’evoluzione epidemiologica e sulle eventuali nuove misure da adottare.
La richiesta, da me avanzata, di intervenire oggi in Parlamento segue peraltro una mia precedente interlocuzione con i Presidenti delle Camere, ai quali avevo chiesto, sin dalla giornata di venerdì scorso, di esplorare la possibilità di individuare gli strumenti e le modalità più adatte per assicurare un’interlocuzione costante durante la gestione della pandemia, in modo da poter garantire un confronto, anche immediato, in occasione della elaborazione di nuovi provvedimenti del Governo.
L’interlocuzione con il Parlamento e il pieno coinvolgimento di tutte le forze politiche qui rappresentate costituiscono passeggi fondamentali e per questo ho ritenuto di dover rimettere ai Presidenti dei due rami del Parlamento ogni decisione circa gli strumenti suscettibili di realizzare questo obiettivo rispetto alle decisioni che il Governo è chiamato ad assumere con la massima speditezza a fronte di un’evoluzione anche molto repentina del quadro epidemiologico
Già sabato, dopo questa interlocuzione, tuttavia la lettura del report settimanale di monitoraggio sull’evoluzione del quadro pandemico, curato dall’Istituto Superiore di Sanità, ha costretto a prefigurare un nuovo corpus di misure restrittive, da adottare anche prima di mercoledì 4 novembre, data che ricorderete fissata dalle rispettive Conferenze dei Capigruppo per le mie comunicazioni in Parlamento. In ragione di queste sopravvenute evenienze, all’esito di un’ulteriore interlocuzione con il presidente Fico – che ringrazio - e con la presidente Casellati – che ringrazierò tra qualche ora -, ho chiesto di poter anticipare già a oggi le mie comunicazioni, affinché il Parlamento potesse esprimersi prima dell’adozione di un ulteriore provvedimento.
Ascolterò quindi con la massima attenzione – io e i componenti del Governo - le diverse posizioni che emergeranno dal dibattito e preannuncio, sin d’ora, la mia disponibilità ad accogliere i rilievi e le osservazioni contenute nelle risoluzioni che saranno approvate questa mattina alla Camera e, questa sera, in Senato.
Peraltro, ho prospettato ai leader delle forze opposizione la possibilità di costituire un tavolo di confronto con il Governo utile per di consentire alle forze di opposizione stesse una piena e costante informazione sull’evoluzione della pandemia, in modo da offrire anche l’opportunità di veicolare e rappresentare più puntualmente, più direttamente istanze e proposte.
Al momento questa proposta – è cosa anche nota – è stata rifiutata, se ci fossero però ripensamenti posso confermare sin d’ora che la proposta del Governo permane immutata e rassicuro anche che la proposta non sottende una confusione di ruoli né tantomeno mira ad una sovrapposizione di responsabilità.
Il Governo è sempre stato e sempre rimarrà ben consapevole delle sue piene responsabilità rispetto al Paese, rispetto ad ogni decisione che ha assunto e che assumerà per mettere in salvezza la nazione.
Il quadro epidemiologico nazionale ed europeo appare particolarmente critico.
La pandemia corre inesorabilmente e impetuosamente in tutto il continente, costringendo ciascun Paese a individuare e adottare misure progressivamente più restrittive, che - nel tentativo di rispondere tempestivamente e proporzionalmente alla crescita della curva epidemiologica - si susseguono di settimana in settimana.
L’Europa, all’interno di un quadro globale complesso e preoccupante, è certamente in questo momento una delle aree più colpite in assoluto dall’urto della seconda ondata.
Secondo l’affidabile Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, nelle ultime due settimane la maggior parte dei Paesi europei ha fatto registrare un incremento dei casi di Covid-19 superiore ai 150 contagi per ogni 100.000 abitanti. In Paesi come la Spagna, la Francia e il Regno Unito il numero dei casi registrati sin dall’inizio dell’epidemia ha superato il milione.
Anche, peraltro, nel nostro Paese, la situazione epidemiologica è in ulteriore peggioramento.
Come è noto, i dati relativi alla pandemia vengono raccolti e analizzati ogni giorno da strutture di monitoraggio diffuse su tutto territorio e poi due volte alla settimana - prima una volta, adesso abbiamo chiesto di farlo con un intervallo infrasettimanale -, e c’è una una cabina di regia, nella quale sono rappresentati l'Istituto superiore di sanità, il Ministero della salute e anche le Regioni, che elabora un report.
Purtroppo, nelle ultime settimane la recrudescenza della pandemia ha condotto a una moltiplicazione significativa dei contagi. Questi, però, sono meno della metà di quelli rilevati in Francia, circa la metà di quelli spagnoli, poco meno della metà di quelli del Regno Unito. In questi infatti Paesi la ripresa dell’epidemia è iniziata prima e sta correndo di più.
In ogni caso, dal monitoraggio effettuato nella settimana dal 19 al 25 ottobre, risulta che il numero di nuovi casi segnalato è quasi raddoppiato rispetto alla settimana precedente (quindi ragioniamo di 100.446 casi rispetto ai 52.960 casi).
A ieri – quindi parliamo di domenica 1° novembre, - Italia si registravano in totale 378.129 contagiati. Il 94% (357.288) risulta in isolamento domiciliare. Mentre al picco della prima ondata si curava in casa solo il 51,8% dei contagiati, oggi solo il 5% cioè 18.962 persone sono ricoverate con sintomi in ospedale, contro il 41,5% al picco della prima ondata, mentre solo lo 0,5% (parliamo di 1.939 persone) risulta ricoverato in terapia intensiva contro il 6,7%.
Gli italiani contagiati, quindi, sono di numero ben più elevato anche se la gravità dei contagi appare diversa e inferiore rispetto alla prima ondata. Secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, oltre il 65% delle persone è infatti asintomatiche o come si suol dire paucisintomatiche (con lievi sintomi). E fino al 95% delle persone presentano appunto sintomi lievi.
A ieri, domenica 1 novembre, risultavano ricoverati in terapia intensiva 1.939 persone con il risultato di occupare il 21% dei posti letto già disponibili nel totale dei 9.052 posti e il 18% di quelli che si otterranno anche con l'ulteriore distribuzione da parte del commissario Arcuri di nuovi attrezzature, per un totale di 10.841.
I pazienti in terapia intensiva al momento sono poco più della metà dei posti letto attivati grazie alle forniture incrementali fornite appunto dal Governo tramite il Commissario straordinario. Ricordo infatti che all'inizio dell'emergenza gli ospedali italiani disponevano di 5.179 posti letto in terapia intensiva, durante questi mesi abbiamo distribuito 3.370 nuovi posti (nuovi ventilatori).
I posti letto attivati o attivabili ad oggi quindi sono 9.052 (+ 75%).
Il commissario Arcuri ha, altresì, a disposizione ancora 1.789 ventilatori che verranno distribuiti nei prossimi giorni in funzione dell'andamento della curva dei contagi e che porteranno i posti letto in terapia intensiva a 10.841, quindi con un +109% rispetto all'inizio dell’emergenza.
Occorre rilevare che l’aumento dei contagi è anche il risultato di una accresciuta capacità di screening: Negli ultimi giorni vengono effettuati in media, come avete visto, 200.000 tamponi al giorno, abbiamo toccato anche punte di 215.000 negli ultimi giorni, quando a marzo, ricordo, ne venivano somministrati 25.000, circa otto volte di meno. In Italia, sino ad oggi, sono stati effettuati poco meno di 16 milioni di tamponi e sono stati testati poco meno di 10 milioni di cittadini. Di questi tamponi, 12,7 milioni, cioè l’80%, sono stati distribuiti alle Regioni gratuitamente. Questi dati li riassumo perché confermano e ci fanno capire che c’è una rilevante differenza rispetto alla prima ondata.
Oggi abbiamo un’accresciuta capacità di risposta in termini di dotazioni, parliamo di dispositivi di protezione, attrezzature medicali, che vengono distribuite peraltro a una molteplicità crescente di categorie: ospedali, RSA, Forze dell’ordine, trasporto pubblico locale, servizi pubblici essenziali, scuole.
Consideriamo, inoltre, che mentre all’inizio dell’emergenza il nostro Paese era sprovvisto di dotazioni, oggi, in larga parte, può considerarsi, può considerarsi, e questo è un risultato, autosufficiente. Sino ad oggi sono stati distribuiti 1,6 miliardi di prodotti vari, e l’Italia, questo continuo a sottolinearlo perché credo sia un vanto per tutti, è uno dei pochi Paesi al mondo nel quale ogni giorno vengono distribuite gratuitamente 11 milioni di mascherine chirurgiche a ciascuno studente, a ciascun membro della comunità scolastica.
In conclusione, in questo momento non stiamo subendo una insostenibile pressione, se ricordate i numeri che vi ho sintetizzato, una insostenibile pressione nei reparti di terapia intensiva, piuttosto registriamo un crescente, preoccupante affollamento nei restanti reparti, alcune strutture ospedaliere in particolare, con particolare riguardo alle terapie sub-intensive e all’area medica in generale.
A questo riguardo, è stata messa in campo, negli ultimi giorni, una duplice azione: la scorsa settimana, ne ho dato conto anche in quest’Aula, è stato sottoscritto un accordo cosiddetto “stralcio” con i medici di medicina generale e con i pediatri di libera scelta, per consentire loro di somministrare ai propri assistiti test rapidi antigenici, permettendo così di curare il più possibile i pazienti presso i loro domicili, in modo da alleggerire le pressioni sui ricoveri e il ricorso ai pronti soccorsi.
Il Commissario Arcuri ha già acquistato 10 milioni di test rapidi che, da questa settimana, per il tramite delle Regioni, verranno distribuiti alle ASL e ai medici di medicina generale, e che saranno utilizzati anche rispetto a specifiche destinazioni, quali anzitutto la scuola, in modo da poter ridurre le quarantene. Con questa fornitura le Regioni potranno somministrare sino 100.000 test rapidi al giorno.
È stata inoltre avviata un’ulteriore richiesta di offerta per tamponi molecolari e reagenti di estrazione e amplificazione, che condurrà alla somministrazione di 250.000 tamponi molecolari classici al giorno.
In sostanza sarà possibile far crescere ulteriormente la capacità di screening della popolazione italiana, che, mentre, lo ricordo, all’inizio dell’emergenza non superava i 25.000 tamponi al giorno, oggi si è attestata stabilmente sui 200.000, ma sulla base dei dati che vi ho dato da ultimo potrà arrivare già dai prossimi giorni, confidiamo, sino a 350.000 test al giorno.
In caso di scenario particolarmente avverso, in raccordo con il Ministro della Difesa, che ringrazio, potremmo disporre di ulteriori mezzi e di personale medico militare in parte già attualmente operativo. Potremo disporre nel volgere di pochi giorni di 453 medici, 867 infermieri militari. Inoltre il personale sanitario militare attualmente è impiegato anche nei drive through della Difesa su tutto il territorio nazionale. E abbiamo un Covid Hospital, lo ricordo, al Celio a Roma e Covid Hospital a Milano e a Taranto. Siamo anche in condizioni di intervenire con 4 strutture da campo dell’Esercito, ove necessario, impiegabili con preavviso a partire da 72 ore in giù.
Nonostante i numerosi sforzi posti in essere per rafforzare il nostro sistema sanitario, l’evoluzione dell’epidemia, soprattutto con riferimento ai dati delle ultime settimane e degli ultimi giorni risulta molto preoccupante. Secondo i parametri stabiliti da quel documento di cui vi ho già parlato “Prevenzione e risposta a COVID19: evoluzione della strategia e pianificazione nella fase di transizione per il periodo autunno-invernale”, redatto dall’Istituto Superiore di Sanità e Ministero della Salute e condiviso in sede di Conferenza delle Regioni, con la collaborazione di varie Università e centri di ricerca, ebbene, dicevo, il quadro epidemiologico descritto è in via di transizione verso uno scenario di tipo 4, con particolare riferimento ad alcune Regioni che, già nel breve periodo, accusano il rischio di tenuta dei servizi sanitari.
Si conferma pertanto quel quadro epidemiologico, a cui ho già fatto cenno, complessivamente e diffusamente grave su tutto il territorio nazionale, con specifiche criticità in molte Regioni e Province autonome: nell’ultima settimana di monitoraggio, 11 Regioni e Province autonome sono classificate a rischio elevato o anche molto elevato di una trasmissione non controllata di SARS-CoV-2; altre 8 Regioni e Province autonome sono classificate a rischio moderato, con una probabilità elevata di progredire poi a rischio alto nel prossimo mese.
L’aumento rapido dell’incidenza è coerente con l’aumento dell’Rt nazionale, che attualmente si colloca a 1.7, con un indice inferiore, ma comunque prossimo, all’1,5 in poche Regioni; in alcune Regioni, invece, ovviamente il dato risulta superiore alla media nazionale.
Nella settimana di riferimento, per la prima volta, è stato segnalato il superamento della soglia critica di occupazione in aree mediche ed esiste un’alta probabilità che 15 Regioni superino le soglie individuate come critiche di terapia intensiva e di aree mediche nel prossimo mese, nel prossimo mese.
Attenzione, occorre rilevare che il quadro appena descritto non tiene conto per la precisione degli effetti conseguenti all’adozione delle misure restrittive introdotte in particolare con l’ultimo DPCM, quello del 24 ottobre che, ricorderete, ha introdotto misure più severe e, conseguentemente, non tiene conto del loro impatto sulla curva di crescita, questi effetti possono verificarsi, come ci suggeriscono gli esperti, solo a partire dal quattordicesimo in poi dell’adozione delle misure.
Sebbene gli effetti saranno positivi, così dobbiamo assolutamente presagire e così ci viene confermato da tutti gli esperti e scienziati, però in questo momento non vi sono evidenze scientifiche che ci consentano di prognosticare la misura di questo impatto che ovviamente può essere anche previsto come positivo.
Per conseguenza, alla luce dell’ultimo report che è stato elaborato venerdì scorso ed è stato anche diffuso, illustrato in una conferenza stampa e della situazione da esso certificata che risulta diffusamente grave sul territorio nazionale e particolarmente critica in alcune Regioni, siamo costretti a intervenire in un’ottica di prudenza e massima precauzione per attuare ulteriori misure e per seguire una più stringente contenitiva e mitigativa del contagio.
Questa strategia va necessariamente modulata in base alle differenti criticità rilevate nei territori, graduando la severità delle misure in considerazione della più elevata circolazione del virus e del più elevato rischio di tenuta dei servizi sanitari.
Riteniamo necessario pertanto assumere una decisione, orientata ai principi di proporzionalità e adeguatezza, che contempli nuovi interventi restrittivi, modulati e differenziati sulla base del livello di rischio concretamente rilevato nei territori.
Sulla base di criteri scientifici, attenzione, criteri scientifici predefiniti, oggettivi, lo ripeto, elaborati dall’Istituto Superiore di Sanità, dal Ministero della Salute, dalla Conferenza delle Regioni e da vari centri universitari di ricerca, sarà quindi necessario introdurre un regime differenziato basato sui diversi scenari regionali.
Permettetemi qualche ulteriore chiarimento sul punto, perché questo passaggio va ben chiarito, ovviamente non solo a voi ma anche all’intero Paese.
In Italia è stato elaborato questo sistema di monitoraggio, nel corso di questi ultimi mesi, che oggi ci pone in una condizione anche diversa rispetto ad altri Paesi anche del Continente europeo che non lo possiedono e di cambiare quindi strategia rispetto alla prima fase quando, invasi da un nemico sconosciuto e invisibile, siamo stati costretti a proteggerci all’interno delle nostre case, lo ricordiamo tutti, sospendendo anche integralmente la nostra vita lavorativa e di relazione.
A marzo, posti di fronte a un evento travolgente e in assenza di un piano operativo puntualmente dettagliatamente certificato sul piano scientifico, sprovvisti di un sistema di monitoraggio così sofisticato sul quale quindi basare ogni valutazione prodromica all’adozione delle misure, abbiamo emanato provvedimenti per lo più generali e uniformi su tutto il territorio nazionale, che benché, attraverso passaggi intermedi, ci hanno condotti a un lockdown generalizzato.
Abbiamo pur sempre operato in base al principio di massima precauzione secondo criteri di adeguatezza, proporzionalità, ma ripeto e lo ricordo, senza poter disporre di un piano operativo elaborato o di un monitoraggio accurato di cui invece adesso disponiamo.
Oggi disponiamo di una struttura di prevenzione, di monitoraggio che non si limita solo a misurare il tasso di contagiosità sui territori, attenzione, quindi non è solo questione di prendere atto e riferire l’Rt, il famoso Rt, ma è un piano che elabora il flusso dei dati provenienti dal territorio sulla base di 21 differenti parametri di cui ricordo i più significativi: numero di casi sintomatici notificati per mese; numero dei casi con storia di ricovero ospedaliero; numero di strutture residenziali socio-sanitarie che riscontrano almeno una criticità settimanale; percentuale di tamponi positivi; tempo medio tra data di inizio dei sintomi e data di diagnosi; indice di replicabilità; numero di nuovi focolai di trasmissione; e non ultimo, ovviamente, per importanza, occupazione di posti letto di area medica o terapia intensiva sulla base dell’effettiva disponibilità della singola struttura ospedaliera, del singolo territorio.
Un sistema quindi molto articolato, questo sistema oggi ci impone, non ci lascia liberi ci impone di intervenire in modo più mirato, di restringere e allentare le misure su base territoriale, in ragione delle variazioni della soglia di criticità.
L’effetto sarà quello di intervenire a più riprese e in maniera più graduale, quindi non ci dobbiamo meravigliare del fatto che si possano fare restrizioni e allentamenti a seconda della soglia di criticità, articolata e flessibile rispetto alla prima fase, grazie a un monitoraggio appunto più accurato e strutturato, esemplato sui parametri indicati da questo piano che abbiamo predisposto dagli enti che abbiamo richiamato.
Se invece al cospetto di un sistema così avanzato, predisposto con tale cura anche scientifica, riproponessimo oggi un regime restrittivo indistinto, indifferenziato su tutto il territorio nazionale, otterremmo il duplice risultato negativo: da una parte rischieremmo di non adottare misure realmente adeguate, efficaci rispetto al reale stato di criticità delle regioni attualmente più a rischio; dall’altro finiremmo per imporre misure irragionevolmente restrittive in quelle aree del Paese ove, al momento, non risulta necessario intervenire con particolare severità.
A tal fine, in coerenza con quanto prevede il Piano a cui ho fatto riferimento, il prossimo DPCM individuerà tre aree, corrispondenti ad altrettanti scenari di rischio, per ciascuno dei quali sono previste misure via via più restrittive.
L’inserimento di una Regione all’interno di una delle tre aree, con la conseguente, automatica applicazione delle misure previste per quella specifica fascia, avverrà con ordinanza del Ministro della Salute e dipenderà esclusivamente e oggettivamente dal coefficiente di rischio raggiunto dalla Regione, all’esito della combinazione dei diversi parametri, quale certificato dal Report ufficiale dell’Istituto Superiore della Sanità che viene diffuso periodicamente.
Sempre con ordinanza del Ministro della Salute sarà possibile poi uscire da un’area di rischio ed entrare in un’altra, qualora la Regione registri coefficienti compatibili con il passaggio di fascia.
Per l’intero territorio nazionale, dove non si segnalano livelli di rischio elevato, intendiamo intervenire solo con alcune specifiche misure che contribuiscano a rafforzare quel piano di contenimento e la mitigazione del contagio che già stiamo perseguendo con i tre DPCM e in particolare con l’ultimo.
Pensiamo di disporre la chiusura nei giorni festivi, stiamo parlando quindi del territorio nazionale, pensiamo di disporre la chiusura nei giorni festivi e prefestivi dei centri commerciali, ad eccezione di farmacie, parafarmacie, negozi di genere alimentari, tabacchi ed edicole che sono all’interno dei centro commerciali; ovviamente in ragione della maggiore attrattività che questi spazi suscitano in particolare nel weekend. In coerenza con la chiusura delle sale da gioco e delle sale bingo, intendiamo disporre anche la chiusura di corner adibite all’attività di scommesse, videogiochi ovunque siano collocati. Chiuderanno, ahimè, anche musei e mostre.
Prevediamo anche la riduzione fino al 50% del limite di capienza dei mezzi pubblici locali. Infine prevediamo di introdurre il limite agli spostamenti da e verso le regioni che presentano elevati coefficienti di rischio, salvo che non vi siano comprovate esigenze lavorative, motivi di studio o di salute, situazioni di necessità. Prevediamo anche limiti alla circolazione delle persone nella fascia serale più tarda, salvo che anche in questo caso le medesime eccezioni e le comprovate esigenze lavorative, dei motivi di studio o di salute, le situazioni di necessità.
Prevediamo infine la possibilità che le scuole secondarie di secondo grado possano passare anche integralmente in questo caso alla didattica a distanza, sperando che questa sia una misura ben temporanea.
Quanto agli altri due regimi di misure di contenimento e mitigazione da applicare per le regioni che sono in una condizione di rischio più elevato, prevediamo di introdurre ulteriori disposizioni restrittive graduandole di intensità e severità in proporzione al coefficiente di rischio.
Nel momento in cui sono entrato in quest’aula, credo che fosse ancora in corso la conferenza con le regioni. Sono state ascoltate ieri, anche da questa mattina, ovviamente terremo conto non solo delle risoluzioni che verranno qui votate ma anche delle istanze che verranno poste al tavolo della conferenza con le regioni.
In questo snodo così critico della sfida europea e globale contro il virus, il principio ispiratore della nostra azione resta lo stesso: la priorità, oggi come in primavera, è la difesa della vita umana e della salute, che costituisce una precondizione per il godimento di tutti gli altri diritti costituzionalmente garantiti.
Siamo consapevoli della frustrazione, del senso di smarrimento e della stanchezza dei cittadini, anche della rabbia che si sta manifestando in queste giornate; i cittadini che si trovano a convivere con nuove limitazioni anche alle proprie libertà personali. Siamo anche coscienti delle profonde ripercussioni che le restrizioni avranno inevitabilmente sull’attività economica, sulla produzione e sui redditi.
Tuttavia, vorrei ribadire - a questo proposito - che non vi può essere alcun dilemma fra la protezione della salute individuale e collettiva e la difesa della nostra economia. Tanto più saremo efficaci nel piegare la curva dei contagi, tanto più velocemente potremo allentare le restrizioni oggi necessarie, evitando così un deterioramento insostenibile del nostro tessuto economico e sociale.
Peraltro ne è riprova l’ottima performance economica che i Paesi europei hanno mostrato nel terzo trimestre di quest’anno, dopo aver domato, a partire da giugno, la crescita del contagio. In questo quadro l’Italia, lo ricordo, ha registrato una crescita del PIL pari al 16,1% nel terzo trimestre, ben al di sopra delle aspettative, e persino superando la crescita del PIL nella media dell’Eurozona, pari al 12,7%. Questi ovviamente sono numeri macroeconomici, non ci dicono nulla della sofferenza economica, del grave disagio sociale avvertito da ampie fasce della popolazione.
Però è un un risultato complessivamente straordinario, che dobbiamo alle nostre imprese, ai lavoratori e anche alla grande disciplina mostrata dai cittadini, a cui va nuovamente tutta la nostra gratitudine per i sacrifici compiuti.
Il Governo non intende arretrare di un millimetro rispetto al proposito di garantire la più ampia protezione economica possibile ai lavoratori, alle imprese e alle famiglie italiane.
La complessità della situazione che stiamo vivendo ci impone di fornire tutto il sostegno necessario, per tutto il tempo necessario e nella misura in cui sarà necessario. Tutti gli ulteriori sforzi finanziari che dovremo compiere costituiscono, lo voglio dire chiaramente, elementi di stabilità, di certezza e di sicurezza per il mondo del lavoro, che appaiono oggi assolutamente irrinunciabili.
Con questo spirito peraltro abbiamo varato la scorsa settimana il decreto-legge “Ristori” e, all’esito di un confronto con le parti sociali, abbiamo deciso di estendere, fino alla fine di marzo del prossimo anno, il blocco dei licenziamenti, garantendo al contempo che la Cassa Integrazione cosiddetta Covid sia gratuita per i datori di lavoro interessati dalle misure restrittive e per coloro che subiscono più in generale il blocco dei licenziamenti.
Anche a fronte di queste ulteriori limitazioni, d’accordo con il ministro Gualtieri e con il ministro Patuanelli, stiamo già lavorando per compiere, realizzare, perseguire ogni azione utile per ristorare e sostenere i settori colpiti e, per questo, appunto, cercheremo di concretizzare queste erogazioni in termini di ristori e indennità al più presto.
Si dice spesso che ogni crisi è un’opportunità di cambiamento e di trasformazione. Quella che stiamo vivendo è ormai la terza crisi nello spazio degli ultimi 15 anni e stavolta l’Italia, l’Europa e l’Occidente hanno la possibilità di imprimere una vera svolta che, al contrario, è mancata dopo i precedenti episodi di crisi.
L’Europa ha saputo cogliere questa sfida in particolare attraverso il programma Next Generation EU, attraverso varie altre iniziative, a cui l’Italia ha fornito un contributo determinante e per il quale è necessario un nuovo patto tra pubblico e privato, nonché una nuova strategia di organizzazione della presenza pubblica nell’economia, che non ostacoli il mercato ma sappia intervenire e indirizzarlo, in questo momento di particolare crisi.
Nei mesi a venire, sarà il nostro Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ad offrire una nuova prospettiva di modernizzazione del Paese, nel solco dei grandi obiettivi strategici dell’Unione europea.
Anche in un momento così drammatico, in cui tutti siamo pressati dall’urgenza di provvedere e ci sentiamo immersi nella gestione del quotidiano, non possiamo permetterci di distogliere lo sguardo verso il futuro.
Non conosciamo ancora il volto dell’Italia che verrà, ma sappiamo con certezza che le trasformazioni in atto lo cambieranno profondamente. Il compito della politica, di tutti noi, sarà guidare e accompagnare questa transizione. Nessuno può sentirsi esonerato da questa sfida di portata storica.
E ancora una volta mi permetto di rivolgere un invito a tutte le forze, a tutte le energie del paese, restiamo uniti, restiamo uniti in questo drammatico momento, a dispetto delle diverse idee, convinzioni, in nome dell’unità, dei valori che sono a fondamento della nostra convivenza, del nostro quadro costituzionale.
Grazie.
In aggiornamento
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