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Nuovi risultati sul Sole: possibili influenze sul clima terrestre

 In questi giorni sono state comunicate nuove e importanti notizie sulla nostra stella, alcune di esse interessano in modo determinante il clima sulla Terra. In questo articolo presenteremo le conclusioni a cui sono giunti gli scienziati che si sono riuniti dal 9 al 13 dicembre 2013 a San Francisco per il Meeting dell’American Geophysical Union (AGU meeting), quelle provenienti dal nuovo satellite IRIS della Nasa e dai dati del Solar Dinamics Observatory.

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Il ciclo solare è il più debole degli ultimi 100 anni ciò è stato provato analizzando l’andamento del numero delle macchie solari dell’ultimo ciclo solare (24) e presentato durante l’AGU meeting (video allegato). Le macchie solari sono regioni sulla superficie del Sole di dimensioni confrontabili a quelle di un pianeta (dai 7.000 ai 50.000 km di diametro) con temperature molto più basse rispetto le zone circostanti ovvero circa 3000° C contro i 5504° C della superficie solare (ecco perché vediamo risultano più scure). I numeri relativi delle macchie vengono determinati su un lungo periodo di tempo (generalmente ogni mese o ogni anno); calcolandoli nel corso degli anni, è stato scoperto che la quantità di macchie solari oscilla, segueno un ciclo regolare di 11,07 anni. Ciò vuol dire che ogni 11 anni circa, la quantità di macchie presenti raggiunge un massimo. Per quando riguarda l’attuale ciclo si è visto che il massimo è più basso dei predecessori ed è confrontabile con uno dei due picchi più bassi mai registrato ovvero il minimo di Dalton.

Le macchie solari influenzano in modo decisivo la luminosità del Sole: è stato provato che la nostra stella sprigiona meno energia nello spazio quando il conteggio delle macchie solari è basso, mentre l’emissione è massima nel picco del conteggio. Inoltre è stato osservato che durante il picco di Dalton e del più grave picco di Maunder, si sono registrare sulla Terra minimi di temperatura da record, tanto che, durante il minimo di Maunder tra il 1645 e 1715 si parla di “Piccola Era Glaciale” con conteggi di macchie solari dell’ordine di 50 (mediamente sono tra i 40.000 e i 50.000) e temperature mediamente più basse di 1° C (grandi sconvolgimenti naturali).
Quindi si si aspetta che, in qualche modo, anche il clima terrestre possa essere influenzato dalla riduzione dell’attività solare: come e quanto è ancora in fase di studio.

Nonostante la riduzione della sua attività la zona di transizione è più irrequieta del previsto Secondo i dati di IRIS Interface Region Imaging Spectrograph, l’osservatorio solare orbitante che la NASA ha lanciato lo scorso 27 giugno, la regione compresa tra la cromosfera e la corona solare, detta zona di transizione, presenta una attività turbolenta, espressa tramite prominenze e spicole, molto più intensa di quanto si immaginasse.
Le prominenze sono grandi strutture che si estendono dalla superficie del sole verso la corona: sono getti di plasma che emettono molta radiazione elettromagnetica nel visibile. Questo plasma è un centinaio di volte più freddo della temperatura superficiale del sole e possono provocare espulsioni di massa coronale in grado di aumentare il vento solare e generare tempeste solari sulla Terra.
Le spicole sono invece gigantesche fontane di gas che sprizzano dalla superficie solare fino alla cima della cromosfera, per poi ricadere in basso nel giro di qualche minuto. Le immagini e i dati spettrali di IRIS permettono, per la prima volta, di vedere in alta risoluzione come evolvono le spicole, e quindi di comprendere il loro eventuale ruolo nella distribuzione di energia e calore agli strati più alti dell’atmosfera solare.
Secondo gli scienziati che seguono la missione, le osservazioni di IRIS possono indurre nuovi studi sulla dinamica e sulla turbolenza della atmosfera stellare: ciò è di fondamentale importanza per capire l’evoluzione degli eventi eruttivi sul Sole e sulla propagazione del vento stellare.


Scoperta la presenza di celle giganti convettive che influenzano l’attività undecennale della macchie solari Tre ricercatori americani utilizzando i dati provenienti dal Solar Dynamics Observatory della NASA, hanno dimostrato l’esistenza di celle convettive giganti queste strutture molto ampie e particolarmente durature, la cui presenza era stata fino adesso solo ipotizzata (Hathaway et al, 2013).
Come si formano? Come sappiamo il Sole genera molto calore nel suo nucleo che viene convogliato sue porzioni esterne e liberato nello spazio. Tale processo si verifica a causa della convezione (il processo che, ad esempio, porta le bolle d’aria dal fondo della pentola d’acqua in ebollizione alla superficie) e gli scienziati conoscevano, prima di oggi, due tipi di sorgenti di convezione: i granuli e super granuli. I primi sono piccoli e viaggiano molto rapidamente, mentre i secondi sono di dimensioni paragonabili a quelle di un pianeta e si muovono meno rapidamente. Gli scienziati hanno sospettato per mezzo secolo che c'è un terzo tipo di celle, una gigante, che portasse, non solo calore nel Sole, ma anche particelle cariche e quindi incrementassero il magnetismo superficiale.

In questo nuovo sforzo, i ricercatori riferiscono che sono stati in grado di identificare definitivamente tali celle: la ragione per cui i ricercatori hanno avuto tanta difficoltà a individuare celle giganti, è perché si muovono così lentamente da non percorre più di una decina di metri al secondo: confrontando questo dato con le enormi dimensioni del Sole, significa che questa è una velocità davvero inosservabile. Per superare questo problema, i ricercatori hanno esaminato i dati minuto per minuto dal Solar Dynamics Observatory della NASA. Mediando i dati a disposizione per un grande gruppo di super granuli è risultato che esiste qualcosa che muove tutto il gruppo, cioè le celle giganti.
In una intervista su media-inaf.it, Mauro Messerotti, dell’INAF – Osservatorio Astronomico di Trieste, fisico solare ed esperto di spaceweather e climatologia dichiara che “lo studio di Hathaway e collaboratori fornisce un importante tassello nella conoscenza della complessa dinamica a grande scala del plasma solare, caratterizzata dalla rotazione differenziale e dai flussi di plasma lungo i meridiani”.
“Questa dinamica – aggiunge Messerotti – sta alla base della formazione delle regioni attive ed è un aspetto chiave, che necessita di ulteriori approfondimenti alla luce di queste osservazioni come anche di ulteriori conferme osservative. Sarebbe infatti estremamente importante poter incorporare nella modellistica le celle convettive giganti con le caratteristiche dinamiche osservate”.
“Ricordiamo – conclude l’astrofisico dell’INAF – che una delle interpretazioni proposte per spiegare la modesta intensità del ciclo di attività solare attuale è basata su un aumento della velocità dei flussi di plasma lungo i meridiani che, trasportando più efficientemente campo magnetico verso i poli, avrebbero inibito la formazione di regioni attive complesse in numero elevato. In questo contesto le celle convettive giganti potrebbero spiegare ulteriori dettagli, poiché sono caratterizzate da moti complessi e vorticità su grande scala, che vanno ad aggiungersi agli altri moti conosciuti e considerati sinora”.

Luca Tiriolo