Estero
Nuova Zelanda, soccorritori a lavoro per rimuovere il carburante dalla Rena
TAURANGA, 17 OTTOBRE 2011 - Il disastro ambientale che dallo scorso 5 ottobre sta colpendo la Nuova Zelanda continua a destare preoccupazione. In queste ore i soccorritori stanno lavorando incessantemente per cercare di estrarre il carburante ancora presente nei serbatoi della Rena, ma si teme che da un momento all'altro la nave possa affondare disperdendo in mare le 1300 tonnellate di petrolio rimanenti.[MORE]
La Rena, imbarcazione porta-container battente bandiera liberiana, si è incagliata nella barriera corallina di fronte la costa di Tauranga, riversando in mare centinaia di tonnellate di carburante, molte delle quali sono andate a depositarsi lungo le spiagge della Bay of Plenty, provocando quello che il ministro dell'ambiente, Nick Smith, ha definito «il più grave disastro ambientale della Nuova Zelanda». Sul sito internet del New Zealand Herald è possibile osservare come la marea nera si è espansa dalla barriera corallina fino alla costa.
Le operazioni di soccorso procedono su due fronti. Il primo fronte è quello delle centinaia di volontari che da giorni stanno ripulendo le spiagge e cercando di salvare gli animali dall'onda di petrolio. Su questo fronte nelle scorse ore un piccolo tratto di costa – quello che va da Mount Mauganui a Moturiki Island - è stato riaperto al pubblico dopo che i volontari hanno portato via diverse tonnellate di rifiuti. Ai cittadini è stato comunque chiesto di non mangiare frutti di mare fino a quando l'emergenza non sarà rientrata. Si tratta, tuttavia, di una piccola e temporanea vittoria rispetto ai danni che la marea sta continuando a provocare. Considerando solo l'impatto sulla fauna, sono almeno mille gli esemplari di animali già trovati morti, ma si teme che nei prossimi giorni il numero tenderà ad aumentare.
Se il fronte dei volontari lavora sulla costa, il secondo fronte, quello delle squadre di soccorso, opera in mare. La nave è incagliata nella barriera corallina Astrolabe Reef, situata nei pressi della piccola Motiti Island e distante solo 22 chilometri dalla costa della città di Tauranga. Qui i soccorritori stanno lavorando in queste ore per cercare di estrarre il carburante rimasto ancora a bordo e che rischierebbe di riversarsi completamente in mare se la nave nelle prossime ore dovesse spezzarsi o affondare. La Rena, infatti, è bloccata nella barriera corallina solo in una sua parte. Un'altra parte è libera, ma tra le due sezioni è presente una grossa crepa che fa temere che la nave possa spezzarsi facendo affondare la parte libera. Il timore è incrementato dal fatto che nelle prossime ore si attende una nuova ondata di maltempo – dopo qualche giorno di discreta stabilità meteorologica – che creerebbe grossi problemi ai soccorritori, i quali adesso devono agire con una certa velocità se vogliono riuscire a concludere le operazioni prima dell'arrivo del maltempo. Secondo quanto affermato da Bruce Andersen, coordinatore delle squadre di soccorso, ci si trova davanti ad una «sfida enorme», per la quale occorreranno diverse ore. Per il momento sono una settantina le tonnellate di petrolio già estratte, delle 1300 rimaste nei serbatoi in seguito all'incidente. Nelle scorse ore Andersen ha dichiarato che potrebbero essere necessarie anche squadre di immersione.
Agli altissimi costi ambientali che l'incidente sta provocando, si aggiungono anche notevoli costi economici. Il ministro dei trasporti, Steven Joyce, ha dichiarato che fino a questo momento sono stati spesi circa 3,5 milioni di dollari, ma che il costo complessivo di tutte le operazioni, sia di salvataggio che di pulizia, è destinato ad arrivare a decine di milioni di dollari. «La fuoriuscita di petrolio dalla Rena – sostiene Greenpeace – è una catastrofe ambientale. Gli effetti sull'ambiente, sulla popolazione e sull'economia si faranno sentire per molto tempo». Un disastro che ha portato ad interrogarsi anche su un altro pericolo derivante, questa volta, dalle trivellazioni offshore. È la stessa Greenpeace che - attraverso un'infografica – compara la quantità di petrolio presente sulla Rena con quella derivante da un incidente ad una piattaforma petrolifera offshore (come accaduto, ad esempio, nel Golfo del Messico lo scorso anno).
A chi però – ambientalisti o cittadini – evidenzia i possibili pericoli derivanti dalle trivellazioni, ha risposto il primo ministro John Key durante una visita su una delle spiagge della baia. Secondo i giornali locali, un cittadino che ha sostenuto di vivere sul posto da almeno trent'anni, ha chiesto al primo ministro per quale motivo, alla luce di quanto sta accadendo, si continuino a consentire le trivellazioni. «Che le navi vengano qui o no – ha risposto Key – è un problema completamente diverso dal consentire o meno le trivellazioni». Il cittadino, probabilmente non soddisfatto dalla risposta, è andato via visibilmente arrabbiato. Difficile dargli torto. (Fonte foto: The New Zealand Herald)
(In allegato l'immagine satellitare relativa al luogo dove è avvenuto l'incidente)
Serena Casu