Editoriale
Nucleare, Berlusconi ammette il bluff anti-referendum
ROMA, 26 APRILE - Ormai lo avevano capito anche i sassi che la recente decisione di inserire nel decreto Omnibus una moratoria nucleare era solo un espediente per far fallire i referendum previsti per il 12 giugno e, magari, ricominciare a parlare di nucleare una volta passata la paura generata dall’incidente di Fukushima. Le dichiarazioni di Berlusconi, quindi, non fanno che confermare quanto ampiamente previsto, ma il Presidente del Consiglio ha tenuto a rivelare i piani del Governo durante la conferenza stampa con il presidente francese Sarkozy, peraltro con un discutibile tempismo nel giorno dell’anniversario dell’incidente di Chernobyl.[MORE]
“Noi siamo assolutamente convinti che l’energia nucleare sia il futuro per tutto il mondo” ha dichiarato Berlusconi dando la colpa della fine del programma nucleare italiano al cosiddetto “ecologismo di sinistra”. “L’accadimento giapponese – ha continuato il premier – a seguito anche dei sondaggi che noi abitualmente facciamo sull’opinione pubblica, ha spaventato ulteriormente i nostri cittadini. Se fossimo andati oggi a quel referendum, il nucleare in Italia non sarebbe stato possibile per molti anni a venire. Il governo quindi responsabilmente ha ritenuto di dover introdurre questa moratoria per evitare il nucleare, per far sì che si chiarisca la situazione giapponese e per far sì che magari dopo un anno, dopo due anni, si possa ritornare ad avere un’opinione pubblica consapevole della necessità di ritornare all’energia nucleare”.
Quindi, secondo Berlusconi e, a quanto pare, secondo tutto il Governo, l’opinione pubblica è troppo scossa dall’incidente di Fukushima per esprimersi in modo consapevole, cioè a favore del nucleare. Stando ai sondaggi, contrariamente al trend degli ultimi anni che ha visto fallire molti referendum per il mancato raggiungimento del quorum, i cittadini sarebbero andati a votare e si sarebbero persino espressi contro il nucleare, nonostante la quasi totale assenza di dibattito pubblico in merito ai referendum e nonostante tutto quello che si è fatto per evitare il cosiddetto “Election day”, cioè l’accorpamento di elezioni amministrative e referendum in un’unica giornata. Visto che, stando a quanto detto un mese fa del Ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo, “non possiamo mica rischiare le elezioni per il nucleare”, il Governo ha ben pensato che è meglio evitare che i cittadini esprimano un parere vincolante su questo argomento.
La scelta di svelare il bluff durante la conferenza stampa con Sarkozy è dovuta probabilmente alla natura degli accordi stipulati dal nostro Paese con la Francia, che prevedono la costruzione in Italia di reattori nucleari francesi EPR (dei quali, sia detto per inciso, ancora non esiste alcun esemplare funzionante su tutto il pianeta, mentre le due centrali in costruzione, in Francia e in Finlandia, continuano ad accumulare ritardi e incrementi nei costi).
Come è stato ampiamente sostenuto da molti commentatori sui quotidiani negli ultimi giorni, la decisione del governo annunciata dal ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani, ha come scopo ultimo quella di far fallire l’unico quesito referendario che interessa al premier, e l’unico, tra l’altro, di cui non si parla: quello che abrogherebbe la legge sul legittimo impedimento e che imporrebbe a Berlusconi di farsi processare come qualsiasi altro cittadino. Per il momento non sappiamo ancora se i quattro referendum (due sull’acqua pubblica, uno sul nucleare e uno sul legittimo impedimento) si terranno o meno. La decisione spetta alla Corte Costituzionale, la quale ha già fatto sapere che un suo pronunciamento ci sarà solo quando la legge (cioè la conversione del decreto Omnibus) sarà pubblicata in Gazzetta Ufficiale. Attualmente possiamo solo limitarci ad osservare come si stia facendo di tutto per far passare l’idea che tutto sia già deciso, che i referendum non si terranno e che gli italiani saranno liberi di trascorrere una bella giornata al mare, rinunciando a quella fastidiosa incombenza di essere cittadini.