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Nota presidente commissione provinciale lavoro irregolare

Catanzaro  4 sett. 2011 - Quando si parla di lavoro irregolare troppo spesso ci si riferisce a quello manuale, presente in edilizia, in agricoltura e nei servizi. Ci si dimentica e i dati tristemente lo ripartano alla nostra attenzione di tutto quell’esercito di giovani le cui prestazioni professionali, altamente specializzate e frutto di anni di studi e sacrifici, mascherate da pseudo periodi di prova e di praticantato, [MORE]vengono sotto pagate o non retribuite per nulla, questo anche quando il periodo di prova previsto dalla legge è finito. Il lavoro nero intellettuale, giusto per dare una classificazione, aumenta a dismisura anche nella provincia di Catanzaro: secondo alcuni dati raccolti ancora in via di sistematizzazione si va dal 7% di laureati senza contratto per i triennalisti fino al 6,7% degli specializzati e a un 11% di lavoro nero per gli specializzati a ciclo unico.


E’ in questo contesto che deve inserirsi una riflessione profonda che però vada molto oltre le parole. Un’economia che voglia dirsi moderna e in grado di fronteggiare la crisi non può ancora basarsi su “mezzucci” utilizzati per risparmiare sul costo del lavoro e questo non vale solo per i settori tradizionalmente indicati come quelli dove il ricorso al lavoro irregolare è più frequente. Vale anche e soprattutto per quelle categorie, organizzate in ordini professionali, che hanno per prima cosa il dovere di garantire una parità di trattamento a tutti.


Nel 20010 il 13% dei laureati nelle diverse università che sono entrati nel mondo del lavoro hanno dovuto passare per la porta stretta dei tirocini gratuiti. Una volta, dopo il tirocinio, c’era «il tempo determinato», oggi nella maggior parte dei casi c’è un altro tirocinio. Fino a ieri si pagava sui settecento/ottocento euro un contratto a termine a tempo pieno, oggi siamo arrivati a cinquecento.
Sono condizioni inaccettabili che non creeranno mai uno sviluppo solido che porti l’economia ad uscire dalla morsa e dalla stretta di una crisi generata non dal basso ma che inevitabilmente sta colpendo come sempre i così detti ceti che ora meno che mai possono definirsi medi.

(Notizia segnalata da Filippo Capellupo)