L'opinione di Ruggero Pegna su Sanremo 2021
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Sanremo 2021 va ai Maneskin. L'operazione Amadeus di traghettare il festival nel futuro della musica italiana è riuscita fino in fondo. Dopo il bravissimo Diodato, cantautore raffinato ma non tanto conosciuto, che meritava una vetrina di successo, quest’anno vince perfino il rock di una band giovane, originale, convincente sin dall'esordio. Non sarà certo la classifica finale, comunque, a decretare il successo di questo o quell’artista non salito sul podio! Basti ricordare che Vasco Rossi o Zucchero arrivarono addirittura ultimi.
A Sanremo, spesso, è stato sufficiente esserci. Così, da Madame ad Aiello, da La rappresentante di Lista a Fasma e Fulminacci, fino ai Coma_Cose e Random che chiude l’ordine d’arrivo, in milioni ora ne conoscono nomi, facce, voci, generi e stili.
Anche chi ha portato al festival brani e sonorità più difficili da digerire al primo ascolto, come dire poco sanremesi, avrà la possibilità di far conoscere i precedenti pezzi che li hanno spinti fino all’Ariston. Sì, perché Amadeus ha avuto l’abilità di mettere insieme tutti quei fenomeni che, pure attraverso gli strumenti d’ascolto più innovativi, avevano già un ampio pubblico e precisi target di riferimento.
L’obiettivo di svecchiare il Festival, allargare la platea di telespettatori, facendolo diventare perfino social, è stato centrato in pieno: in milioni hanno seguito l'evento, molti brani li risentiremo ovunque perché radiofonici, sono passati messaggi sociali importanti, come solo la musica riesce a trasmettere.
Per una settimana il Paese è tornato normale, diviso tra fan di Sanremo e pseudointellettuali che hanno voluto comunicare al mondo di non vederlo, come se non vederlo fosse indice d’intelligenza e spessore culturale. Vedere Sanremo non significa essere sciocchi, stupidi o ignoranti, ma semplicemente ascoltare musica, vedere uno spettacolo tra i più curati da ogni punto di vista, trasformarsi anche in critici musicali ed esteti per qualche sera, in modo sereno e gioioso.
Poi, è chiaro, non è nemmeno un obbligo vedere Sanremo, ci mancherebbe! Gli italiani, si sa, sono un popolo d’incontentabili e, soprattutto, sempre divisi in fazioni contrapposte. Se fino a qualche edizione fa, in parecchi storcevano il muso nel sentire i soliti nomi, bollando il festival per vecchio e poco rappresentativo della musica italiana, ora è il momento dei “ma che musica è?” davanti ai nuovi fenomeni, magari non tutti tali, ma rappresentativi di generi e tendenze. Cambiando l’ordine degli addendi, il risultato però non cambia: sono sempre oltre diecimilioni gli italiani che non si perdono Sanremo.
E che dire di chi ha portato avanti la solita, sterile polemica stucchevole sui compensi? Sarebbe banale puntualizzare che nello star system, che sia spettacolo, cinema o sport, si è pagati in base a quanto conviene a chi stacca gli assegni! A molti sfugge, infatti, che Sanremo si paga con i dati d’ascolto, anzi, restano anche bei soldi in cassa. Le tariffe pubblicitarie, è cosa nota, si basano proprio su quanta gente è davanti alla Tv e Sanremo ne ha più di tutti. Ora, dopo averli eletti a personaggi televisivi più simpatici degli ultimi anni, premiandoli con dati di ascolto straordinari, nel mirino ci sono Fiorello e Amadeus.
“E’ un’indecenza, perché gli danno centinaia di migliaia di euro per tre sere?”, si sono chiesti in parecchi. A parte che c’è un lavoro di mesi, il motivo è semplice: ne fanno incassare molti di più a chi li paga. Rivoluzionari dal pensiero etico d’ogni età, è il cosiddetto mercato! Anche questo è tipicamente italiano, dover fare i conti in tasca e trovare difetti a ciò che funziona e ha successo, a ciò che è più bello e, soprattutto, anche più ricco. Lo abbiamo visto con tanti, dalla politica ai nuovi influencer.
Se fai parecchi soldi, diventi antipatico; anzi, in alcuni casi partono pure i cosiddetti odiatori. Alla Ferragni sono andati finanche a studiare le caviglie. Per quanto riguarda chi ama la musica, nella certezza che con diversi di questi ex sconosciuti ci rivedremo in futuro e speriamo presto anche dal vivo, mi piace sottolineare le prestazioni, le chiamo così volutamente, o le performance, se è più musicale, di due straordinarie signore della musica italiana: due miti, due voci particolari, due caratteri forti e speciali, due Italie diverse in tante cose ma unite nella storia della musica leggera: la milanese Ornella Vanoni e la calabrese Loredana Bertè, due vere purosangue della canzone italiana, uniche per classe, cifra artistica e dna rock.
Emozione pura, immagini indimenticabili. Le loro esibizioni sono state autentici quadri di bellezza, forse più di quelli di Achille Lauro, comunque sorprendenti per la costruzione coreo-scenografica e per il suo indubbio talento. Una nota speciale la merita Elodie, un’altra signora molto più giovane ma altrettanto di razza! Infine, un pensiero su Ibrahimovic & C., ospiti fuori tema in generale: forse se ne potrebbe fare a meno e non si arriverebbe all’alba ogni notte. Viva la musica, viva Sanremo e, citando un sanremese da antologia come Mino Reitano, viva l’Italia!