Resilienze
Nostra Signora Scuola: Pubblica, Libera e se possibile non Esanime
16 FEBBRAIO 2015 - Nel nostro martoriato paese dopo le inchieste e le denunce sistematiche dedicate alla scuola pubblica - per lo più condivisibili- l’indignazione popolare di massa, non è ancora montata decisiva. Cattivo segno? Potrebbe. Se fossimo in un paese “normale” avremmo di che preoccuparci, ma in Italia il gran dibattere è solo poco più che una placida visione diversamente ottimistica.
Le “critiche” alla scuola - specie quelle alla Scuola Pubblica Italiana- è da tempo che assumono forme e contenuti “inefficaci” tutto sommato falsamente enfatici dei cambiamenti e delle innovazioni, talvolta banalmente disfattiste e demolitive che nulla di buono apportano nella sostanza, se non generare disorientamento spinto. [MORE]
Quando le Esternazioni di quel “Protestare” si depotenziano in silenzi avvilenti, in assenza di risposte, è allora che si rompe qualcosa: le azioni civili, etiche, morali e deontologiche, da qualunque parte esse provengano, ne escono tutte umiliate, offese e ogni opinabile discorso sull’argomento scuola, banalmente perde il proprio senso.
E’ frequente che i discorsi sulla scuola -specie quella pubblica- siano rispondenti alla più pura retorica ridondante, quella dell’imperfezione, che non dell’ingiustizia ricevuta o subita, magari quella dello sdegno più accurato e sostanziale, che necessiterebbe solo di concrete trasformazioni effettive, di miglioramenti sostanziali, senza perpetrare errori ricorrenti di un identico presente che invece li rinnova e li ripropone sistematicamente tutti. Da sempre le forme delle proteste della scuola assumono contorni sfumati e tutte anche ben tollerate, forse perché inefficaci, non rispondenti cioè a un’effettiva presa di coscienza collettiva de motu proprio auspicabile sì, ma a oggi impercettibile. Nulla corrisponde ad azioni consistenti, magari sindacali o della concertazione, che siano convincenti e meno effimere di quelle che si hanno sotto gli occhi; se riuscissero invece come dovrebbero a rappresentare la scuola oltre le parole, i tavoli e le vuote rappresentazioni retoriche dell’immaginario sociale, economico e culturale effettivo del nostro paese, potremmo dirci tutti più vittoriosi.
Siamo tutto sommato un paese ancora servile e genuflesso sui temi pubblici; avvilito e mortificato in quelle complesse articolazioni del bene comune; che più spesso di quanto si creda ci rende furbi e sovrani alle “idiozie” siamo un paese nel quale processiamo con frequenza, ma sempre con estrema clemenza, assolviamo le colpe agli sprechi, agli sperperi, agli annichilimenti dei patrimoni comuni cioè di tutti; più che alle responsabilità di ciascuno. Lo stato dovrebbe assicurare -in linea di principio- una Scuola Pubblica: personale preparato, strutture e attività curricolari adeguate, per consentire un servizio autenticamente pubblico, con risorse economiche per il personale, in locali funzionali e sicuri, per attrezzature e materiali di consumo, per una formazione continua delle attività curricolari ed extra curricolari, al fine di far crescere cittadini Istruiti consapevoli e responsabili; quando questo però non avviene tutti buoni fermi, zitti e malgrado tutto anche inspiegabilmente soddisfatti. In casi in cui le cose funzionano male -o non funzionano affatto- è probabile che noi altri cittadini ci si distragga sempre prontamente, interrompendo
i circuiti della recriminazione da esternare fino alle successive prossime occasioni rappresentative. Sempre con la stessa raccapricciante identica regolarità parliamo di scuola pubblica, denunciamo solitamente le stesse identiche cose da anni, ma naturalmente non ci aspettiamo di veder cambiare nulla. Rassegnati, soddisfatti malgrado tutto del delirio e clementi verso le scuole degli altri ma non le nostre. La mancata risoluzione dei mali atavici della scuola pubblica: le gestioni politiche amministrative scellerate e sconsiderate, hanno persuaso troppi che la soluzione privatistica poteva essere poco più di una banale soluzione, equivalente a una “buona aspirina” con la quale da sempre s’intende invece curare la febbre da cavallo del sistema scolastico italiano inefficacemente. L’intero sistema scolastico italiano, a conseguenza del proprio smantellamento, ha foraggiato e per certi versi è stata costretta a sostenere logiche privatistiche dell’istruzione, suo malgrado, per pura sussistenza. Ma le strade degli ambiti pubblici e privati nel settore dell’istruzione, dovrebbero condurre tutte ad una destinazione precisa, percorrendo tra loro strade parallele più vicine di quanto si creda nella direzione della qualità dell’istruzione che le rende competitive dell’eccellenza.
Lo svilimento e il depauperamento di risorse e cure per la scuola è sintomo inequivocabile della caduta di civiltà a ragione di una società intera o di un paese scellerato. Lo smantellamento “assassino” della scuola pubblica, è un delitto efferato che a memoria di riforma scolastica italiana, non conosce eguali in nessun altro paese europeo, tanto che sicuramente proprio in quei paesi sarebbe stato accolto con ben altre reazioni sociali. Da tempo ormai abbiamo rinunciato tutti a trovare riposte agli Interrogativi che ci richiedono di rispondere sinceramente sul vero significato della funzione di scuola pubblica, nella nostra società ammalata. Piace perciò realizzare o fruire nel nostro futuro prossimo venturo, di una scuola pubblica patrimonio di tutti, o immaginarla privilegio per pochi, una scuola per pochi ben istruiti e troppi molto ignoranti? Oppure piace una scuola democratica e vitale, una scuola che possa ritornare a rilanciare la propria funzione civile come patrimonio di civiltà e progresso del paese.
Agli attori protagonisti della scuola, l’ardua sentenza: tutti “sconfitti” forse perché diversamente “compromessi” la categoria degli insegnanti attaccati nella libertà d’insegnamento e nel loro ruolo sociale e culturale della propria funzione; gli studenti e le famiglie, difesi a oltranza e sempre, “dall’attacco” sui diritti inalienabili della carta costituzionale; la società e l’Italia intera oscenamente pavida e titubante su questi temi. Tutti attori doloranti di una disperatissima rappresentazione, i cui toni francamente cominciano a essere stucchevolmente retorici, dal momento che se ne riconosce validità teorica e non pragmatica. La scuola pubblica è pericolosa. Innanzitutto è laica e insegna contenuti che aiutano a pensare a conoscere a formare idee, valori. Insegna a realizzare Libertà, Rispetto, Solidarietà. Offre ancora -là dove è possibile- un'istruzione libera, solidale e plurale, non asservita cioè alle logiche di nessun potere se non quello della coscienza critica, aperta, dinamica e plurale. La scuola pubblica tendenzialmente è una minaccia per chi questi principi non condivide. Un moto di ribellione o di protesta sarebbe come una difesa per ciascun individuo: sostanza della Giustizia e opportuna connotazione del bene comune, che afferma il principio della res pubblica, in tutto il proprio valore rivoluzionante.
Malgrado tutto i “Resistenti pacifici” della scuola italiana esistono, sono Insegnanti, studenti, operatori del mondo della scuola, che provano tutti i giorni a riscattare il vilipendio e le oscenità subite, da Studenti che nelle classi pollaio vivono, studiano, crescono; da Insegnanti appassionati, trattati alla stregua di fannulloni sfaticati ignoranti, che pur nelle scuole realizzano impegno e fatica; da Famiglie insicure che dalla Scuola vorrebbero ciò che non si contempla: ovvero la “scrittura” di un futuro per i propri figli: in un delirio spesso dai toni sempre più sconcertanti.
Difendere dunque un pezzo della nostra stessa civiltà, attraverso la Scuola Pubblica, non è impossibile, ma deve diventare doveroso. Cominciare a dar valore alla scuola pubblica non è necessariamente dire sì agli slogan sulla buona scuola come marketing dei migliori governi; non può e non deve ridursi a questo, ma piuttosto dovrebbe servire a farci Solidarizzare Insieme nella difesa dei diritti, dei doveri, dei principi e dei valori che la nostra Costituzione sancisce e afferma anche attraverso il bene comune della scuola pubblica e il valore e lo spessore della democrazia sostanziale.
Gli smantellamenti, le aggressioni sistematiche, l’ignominia ai danni della scuola pubblica e dei suoi insegnanti, inviterebbero a chiare inequivocabili prese di posizione, nei confronti dello stato sociale non nello scontro tra fazioni, debolmente esposte ai fanatismi più sconcertanti: da una parte la scuola che insegna la forma e rende migliori, e dall’altra quella scuola moderna ed efficace che sfida il presente per rilanciare il futuro, attraverso politiche scolastiche di mero investimento sostanziale.
La Centralità e il Protagonismo delle Scuole, degli Studenti degli Insegnanti, sui temi della Cittadinanza, dei Diritti, dei benefici, non deve perciò apparire semplicemente come strategia per un’altra Riforma possibile della scuola e della nostra società; ma piuttosto deve essere dimostrazione efficace della politica che immagina la trasformazione dell’esistente attraverso Processi che non siano elusivi né rigettino la Partecipazione e il Confronto limitandone solo derive o errori.
La scuola non plasma, Istruisce, nel migliore dei casi fa crescere lo spirito critico, non inculca idee valorizza le potenzialità individuali e trasforma le “materie informi” in “sostanza” cioè in CITTADINI. La scuola pubblica perciò chiarisce opportunamente tutte le dimensioni delle libertà, dei diritti, dei doveri, in una parola del senso della laicità. La Scuola è un bene comune che ci appartiene; è il cuore pulsante della società che può e deve diventare anche il luogo dove esercitare il dissenso, la democrazia, la libertà e la creatività. I docenti “resistenti” della scuola pubblica italiana sono tanti, alcuni anche fieri di insegnare Coerenza, Dignità, Onestà, e Impegno: condizioni imprescindibili, per le pratiche educative Utili e preziose per ciascuno di noi, utili all’umanità. Torniamo dunque a difendere e Rianimare la scuola Pubblica.
Angela Maria Spina