Nobel per la Pace 2020: proposto il nome del capo indigeno Raoni
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SAN PAOLO, 17 Settembre - Raoni Metkutire, capo dei Kayapó, tribù indigena che vive nella Foresta Amazzonica brasiliana, è il nome proposto per il Premio Nobel per la Pace del 2020. A fare il nome di Raoni per il Nobel è la fondazione Darcy Ribeiro Foundation, composta da ambientalisti ed antropologi che hanno lanciato una campagna per la nomina dell'icona indigena e in queste ore, il portavoce Toni Lotar, ha fatto sapere che la candidatura è stata accolta per essere analizzata dal comitato norvegese per i premi.
Raoni ha combattuto tutta la vita per proteggere la foresta dove vive con la sua tribù. “Il capo tribù Raoni è il simbolo di una vita dedicata alla battaglia per la sopravvivenza della natura e delle popolazioni indigene dell’Amazzonia”, ha detto Lotar, "Qui vivono nell'incubo dell’arrivo dell’industria del petrolio mentre in Brasile la deforestazione viene forzata dagli allevamenti dei bovini. Siamo riusciti a raggiungere il cuore della foresta impenetrabile, dove vive la tribù indigena dei Waorani".
“Viviamo al di fuori della civilizzazione”, ha detto il capo tribù in una delle sue rarissime interviste, raccontando il dramma di vedersi strappare le proprie terre e le proprie risorse per qualcosa che nemmeno si conosce, come il petrolio. “Viviamo in una zona intangibile all'interno del parco nazionale. I miei padri erano guerrieri e già difendevano questa foresta. Noi Waorani abbiamo vissuto qui liberamente, eravamo felici. Ma la realtà è che adesso per la civilizzazione abbiamo visto cambiare il nostro territorio”, aggiunge, “I Waorani hanno creduto che la loro vita sarebbe migliorata”, ci ha spiegato il capo tribù. “Invece ci hanno portato malattie: bronchiti, polmoniti e poliomelite. Sono morti molti guerrieri. Il territorio si è indebolito. Questa è la civilizzazione. Quando sono arrivati i petrolieri ci hanno detto di non ucciderli, perché non ci avrebbero fatto del male. Ma poi si sono impadroniti del territorio per estrarre il petrolio. Prima i Waorani non sapevano cosa fosse il petrolio. Adesso le compagnie petrolifere stanno gettando gli scarti nel fiume. Dicono che l’acqua è buona, ma non è vero, è contaminata e la civilizzazione non ha portato solo la contaminazione della loro foresta, ma un mondo completamente diverso da quello in cui vivono i Waorani: “I lavoratori delle compagnie petrolifere vengono qua a ubriacarsi, indossano vestiti belli, vivono in case di lusso. Adesso anche la nostra gente vuole le cose occidentali. Ma per noi sarebbe meglio ritornare a vivere come abbiamo sempre fatto. Vivere liberi, cacciare, pescare e non pensare a un altro mondo”.
Il capo tribù conclude con un appello, di fronte agli incendi che hanno devastato l’Amazzonia in Brasile. “Vogliamo che il governo dell’Ecuador rispetti il nostro diritto a vivere. E che ci dia un aiuto economico per difendere questo territorio. Senza foresta, senza bosco, senza fiume, noi scompariremo. La foresta è come una madre, se fai del male a una madre i figli non possono vivere senza”.
La Fondazione Darcy Ribeiro, sostiene la candidatura, «l'iniziativa riconosce i meriti di Raoni Metuktire come leader di fama mondiale, il quale, dall'alto dei suoi 90 anni, ha dedicato la sua vita alla lotta per i diritti degli indigeni e alla preservazione dell'Amazzonia».
L'Amazzonia è il polmone d’ossigeno per tutto il Pianeta e da quest’estate è stata devastata dagli incendi dolosi e continua a bruciare anche per colpa delle politiche del nuovo presidente di estrema destra del Brasile Jair Bolsonaro. Dagli anni '80 Raoni si batte per la sua terra e per la sua gente. Ha 89 anni ed è stato recentemente accolto dal presidente francese, Emmanuel Macron, durante il G7 di Biarritz, nonché da Papa Francesco a Roma. Il leader indigeno ha denunciato gli incendi in Amazzonia e accusato, senza remore, il governo di Bolsonaro di esserne responsabile.
Laura Fantini
fonte immagine lastampa.it