Neoplasie evidenti: Dimartino fa un’analisi profonda dell’esistenza umana
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CATANZARO, 2 dicembre 2018 - Uscito da pochissimo il nuovo libro di Antonio Mirko Dimartino, giovane scrittore di origini pugliesi residente da diversi anni in Calabria, brillante laureato in Scienze dell’Amministrazione con la passione per la poesia, giornalista presso Il Lametino e professore presso un liceo privato di Catanzaro.
Il volume di poesie, edito da Ursini Edizioni dell’editore Vincenzo Ursini, si intitola “Neoplasie evidenti” ed è stato pubblicato in seguito al primo posto assoluto ottenuto da Dimartino nella scorsa edizione del Premio Nazionale di poesia “Alda Merini” di Catanzaro. Un premio, quello vinto dal poeta catanzarese, che si aggiunge ad una lunghissima lista di riconoscimenti nazionali e internazionali, quali il primo posto assoluto alla Scuola di Liberalismo “Ludwig von Mises” nel 2011, con una tesi incentrata sul problema dei beni pubblici, e una borsa di studio della Unipol Banca nel 2012 per un elaborato sul problema della “Società aperta” di Karl Popper. Nel 2013 Dimartino ottiene anche uno speciale riconoscimento dalla Fondazione Vincenzo Scoppa durante il Premio Internazionale Liber@mente.
Nel 2014 arriva una menzione d’onore al Premio John Keats con una lirica dedicata al poeta prematuramente scomparso e l’anno successivo un quarto posto al Premio Letterario Area dello Stretto di Reggio Calabria. Nel 2015 riceve altresì un importante riconoscimento per la professione di giornalista durante la cerimonia di chiusura del Premio Internazionale di Poesia Arthur Rimbaud, per la tenacia e concretezza dimostrata nei numerosi articoli redatti per difendere i giovani dai problemi legati al precario mondo del lavoro.
Neoplasie evidenti, come ha affermato lo stesso autore, è un libro che si scaglia contro lo sfruttamento delle categorie sociali più deboli e nasce con l’idea di difendere gli operai dell’Ilva di Taranto, di difendere le loro mogli e i loro figli che si ammalano e sviluppano neoplasie. Un poeta, però, potrebbe definire questo libro anche un “giulivo e fecondo ventre”, cioè la possibilità di un plausibile riscatto, in quanto il problema, alla fine, è sempre lo stesso: da soli non si fa nulla, mentre insieme è possibile costruire un sistema territoriale che possa essere più competitivo rispetto ad altri sistemi ma, soprattutto, dignitoso per la persona umana.
Nel 2018 è assurdo dover scegliere, in una meravigliosa città del sud come Taranto, tra il poter lavorare o il dover morire per malattie provocate dell’inquinamento industriale. Il libro sviluppa una “poesia critica”, con versi di grande impegno sociale, espressione da parte dell’autore di un grande desiderio di giustizia in questa opera costante di sensibilizzazione che da anni Dimartino porta avanti. Del resto, come rimarcato anche dalla prefazione dell’opera, a cura del poeta e giornalista Francesco D’Amico, Dimartino dedica, con un atto nobile e dovuto, la sua vittoria alle tante morti premature della sua Taranto, per svolgere un’attenta opera di sensibilizzazione rendendo il giusto tributo a chi non c’è più, e lo fa col testo, col racconto del dolore derivante dalle malattie neoplastiche e da ciò che comportano non solo per le vittime ma anche per i loro cari.
Il suo sensibile percorso attraverso il dolore prosegue e passa attraverso altre tragedie del mondo moderno, dai terremoti che hanno sconvolto interi paesi e città italiane – L’Aquila, dove l’autore ha perso amici e conoscenti, Amatrice e Norcia – agli attentati terroristici in varie parti d’Europa che hanno colpito innocenti la cui unica colpa era soltanto quella di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. Tragedie che hanno una natura antropica molto controversa: durante il suo percorso attraverso il dolore, il poeta tratta episodi come il ritrovamento di fusti contenenti sostanze tossiche e radioattive lasciate da incoscienti e insensibili anime atte a compiere atti illegittimi proprio lungo le coste del Meridione d’Italia. Altro episodio trattato che invita molto a riflettere, il caso dell’incidente ferroviario tra Andria e Corato, avvenuto lungo una tratta a binario singolo, tra mille polemiche e serie valutazioni sui livelli di sicurezza.
Il Meridione, che in realtà Dimartino ama e vorrebbe veder risollevato e riscattato, diventa nuovamente e tragicamente protagonista del dolore raccontato nell’opera, quando si arriva alla descrizione della brutale tortura e morte di Angelo, un cane che in Calabria è stato ucciso praticamente per gioco da un gruppo di ragazzi con un’educazione molto discutibile, un episodio che ha avuto una eco giornalistica sia su base locale che nazionale, e ha portato a numerosi eventi commemorativi in ricordo del povero Angelo, oltre che a una ferma condanna dell’accaduto con risvolti penali nei confronti del gruppo di barbari torturatori. In generale, comunque, l’opera, indice maturo di un progresso scrittorio e letterario notevole dell’autore, ricalca le tappe biografiche di Dimartino, analizzando le varie fasi che hanno caratterizzato la sua vita, in positivo e in negativo.
Tuttavia, se a primo impatto la raccolta poetica sembra improntata a cupo pessimismo e intrisa di rammarico, bisogna dire che il messaggio di fondo è la speranza, carica di positività e di valori genuinamente veri, quali la famiglia, gli amici, l’amore puro e la natura, che chiude, con una struttura ad anello non casuale, un legame tra uomo e ambiente che, se non curato a dovere dall’uomo, rischia di punirlo nei modi più disparati. Insomma, un’opera eccezionalmente profonda e riflessiva, che dimostra come la Calabria e il Meridione in generale siano dotati di numerosi giovani di talento, i quali contribuiscono con la cultura a ridare dignità alla nostra terra.