Resilienze

Nel Lessico dell' 8 Marzo delle Donne c'è il Mare in Noi, Loro, Tutte

08 MARZO 2016 - e il il Mediterraneo è “mille cose insieme” le donne che lo attraversano questo mare non sono solo l'espressione incantevole e poetica di un paesaggio all'orizzonte dell'alba o del tramonto, ma l'incarnazione degli innumerevoli paesaggi di dolore sofferenza e disperazione della vita di donne e bambine in fuga, di madri disperate che si consumano nell'attesa di ritrovare gli occhi di figli, mariti, e padri; dell'infanzia di sorelle abusate, violate di donne in territori devastati e massacrati dalla guerra, dalla povertà e dalla ignobile miseria; di femmine oggetto di proprietà di maschi o di esercizi di poteri che le incasellano in stereotipi che contribuiscono a scrivere l' epica avventura del Coraggio, della vocazione, dell'intelligenza o della passione dell'essere Donna.[MORE]

Donne moderne ispirate all'emulazione delle mitiche sirene, muse del mare, sulle parole antiche, adesso cantatrici marine dei non luoghi disperati di una qualunque latitudine geografica, che oggi però non incantano più come facevano un tempo, facendo morire, marinai e naviganti che incautamente affrontavano i varchi; ma adesso dal mare sono vinte e sopraffatte in uno spasimo mortifero, nelle rotte disseminate di cadaveri in putrefazione, nelle vie che se non portano alla salvezza, vedranno garantite la disperazione e il pianto.

Queste creature perdute si avvicinano alle loro ave della musica, poesia, del canto e della pittura, della vita semplice e complicata di ognuna; nei racconti delle storie femminili, narrate per persuadere, istruire far vivere.
Donne che ieri come oggi rendono sacra l' umanità della vita, di certe storie felici o infelici; storie di donne che come leonesse si battono e lottato per riscattarsi dal loro tragico destino di violenza, sofferenza e dolore. Donne invisibilmente soggiogate, perseguitate e indistintamente minacciate, braccate, prigioniere di luoghi e spazi controllati dall' apparente normalità, fiammate da abusi e orrori inenarrabili.

Quelle Donne del mare oggi, incarnano il sogno, la speranza, la casa un lavoro, la serenità e la pace. Le Donne che arrivano dal mare incrociano esperienze, intrecciano trame, e tessono speranze che esse rendono alla vita solo quando il Mare è piatto, non ruggisce, e non le attacca.

Le lacrime ed i pianti delle donne del mare non sono mai sordi né atoni; quel pianto disperato di ciascuna di noi è in ognuna di loro; quanto è più grande la disperazione, tanto più urlano i nomi dei loro figli e degli uomini che hanno perso, che i flutti gli hanno strappato, o di quelli con cui hanno percorso le rotte di Mari sconfinati, che non hanno colore né trasparenze, ma solo il sapore agre del sale.

Nelle acque di quei mari, in esse sospirano, si raccontano nel silenzio mortifero della paura senza parole; scendono gli abissi e risalgono le scogliere, in cui si rifrangono come anime straziate e lacere. Riemergono dai fluttui, boccheggiano o tendono la mano ad un figlio piccolo o adulto a cui hanno allentato la presa. Scivolano con leggerezza e riemergono pesanti; vestono stracci, abiti e veli senza pretese, abitano la povertà e la miseria di una bellezza sottratta e sfiorita, che le ha rese vecchie alla nascita e ruvide alla brezza.

Donne schiave, oggetto di un desiderio malato che le accoglie e le sfiora, per rilucere in opaco nelle storie di tutte le altre donne e delle loro genti, quelle che segnano la difficile condizione sociale in cui sono nate e cresciute; che le uccide, le brucia e ne dilania nel corpo e nell'anima le forme; e nei segni incancellabili, per mano di un compagno o un marito che se non la protegge e la cura, la abusa ed annienta; se non la salva e ne ricostruisce la vita, ne ruba i sogni, le speranze; o la vende migrante a trafficanti di uomini nella tratta di una merce appetibile: la Carne.
Donne, madri, che credono di dare un altro futuro possibile ai propri figli, a loro stesse; che trovano il coraggio di lacerare la storia delle violenze, delle guerre e dall’atroce pensiero di morte, ogni volta che è necessario affermare la memoria del ricordo, per intesserne per come è possibile, le trame della vita a sé, agli altri, per provare a vivere finalmente libere dalla paura di soffrire.

Incarnano la ribellione, il grido, il desiderio sconfinato di libertà, ed è per questo che gli occhi delle donne del mare guardano oltre la morte per districare la vita.
Per queste donne il mare è un abisso di profondità, di cadute e risalite; lo sfidano il Mare, lo abbracciano quando gli rende i loro figli e gli uomini, lo attraversano con dignità e coraggio, nell'oltraggio dell'indifferenza e dell' emarginazione, quando ne guadagnano o ne combattono l'approdo della riva.
Non c'è un mare in ogni donna, ma un susseguirsi di mari indicibili, mari di vergogna, colpa, crudeltà e barbarie. Non una civiltà femminile, ma una serie di civiltà accatastate sui corpi martoriati delle une sulle altre, dei vivi sui morti e dei morti sui vivi.

Il Mediterraneo si è trasformato, non è più il mare delle civiltà, ma è quello dell’angoscia e della morte; e tutte le DONNE che lo attraversano sono delle sirene senza le ali, che lo percorrono per dimostrare al mondo che il tempio degli inferi è lì, ed è solo di questa vita.
È il mare in cui la battaglia tra la morte e la vita non ha più confine né limite, è qui che vi è sintesi della drammaticità femminile e della sua soave dolcezza e bellezza, di un tempo che non è fuori dalla storia evemeristica, e si pone invece come una sua alternativa interpretativa. Paradossalmente per confutare la natura soprannaturale non degli dei pagani, ma degli uomini ottusi, avvalora la storia della duplice natura umana e divina dell'umanità femminile.
Queste donne del mare - è cert
o - sono "divine" permettono cioè all’umanità di perdere o conquistare la propria umanità, di affermare o sottrarre i sentimenti sopiti di ciascuno di noi che permetteranno ad ognuno di noi -forse a TUTTI- di ritrovare il modo di raccontare il nostro dolore, la nostra sofferenza, i nostri stessi desideri e le nostre medesime emozioni; che loro come donne, hanno vissuto e vivono, e come esseri umani viviamo tutti, solcando le differenze delle rinnovate miserie della storia.

Le donne del mare ci rendono come Loro, donne dei mari: Donne di questa umanità dolente alla quale scegliamo di avvicinarci o distanziarci in una banale normalità, ogni volta che specchiandoci ritroveremo nei nostri gli occhi loro, inumiditi dal mare e dalle stesse identiche lacrime che riusciremo a piangere con loro e che del tempo e dalla storia ci rendono Donne umane, troppo umane.

Angela Maria Spina