Cronaca
'Ndrangheta: Operazione Trash" Dda, "spolpata" societa' raccolta rsu Reggio Calabria
REGGIO CALABRIA, 11 MAGGIO - Aveva interessi "poliedrici" il clan De Stefano di Archi di Reggio Calabria, colpito stamane dai 5 fermi ordinati dalla Dda nell'ambito dell'operazione Trash" ed eseguiti dalla squadra mobile, sebbene gli interessi del clan si fossero focalizzati sul settore della raccolta dei rifiuti, inserendosi nella Fata Forgana Spa, la societa' mista creata ad hoc dal Comune della citta' calabrese dello Stretto e dichiarata fallita il 10 luglio 2012 proprio perche' secondo gli inquirenti, letteralmente "spolpata" dalla cosca. I fermi colpiscono elementi "di vertice" della famiglia, fra cui il boss 58enne Orazio De Stefano ed il nipote Paolo Rosario De Stefano, di 41 anni, oltre ad affiliati "di rilievo", tutti ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione mafiosa e di varie estorsioni aggravate. Il clan si era inserito nel lucroso settore dello smaltimento dei rifiuti, sia in seno alla societa' Fata Morgana, sia nelle societa' private dell'indotto ad essa collegato.[MORE]
Secondo la Dda reggina il sostanziale controllo della partecipata avveniva "attraverso il mantenimento di stretti rapporti dapprima accettati, poi imposti con modalita' intimidatorie" con Salvatore Aiello, dirigente della partecipata pubblica (gia' direttore tecnico della Fata Morgana S.p.a., ma di fatto suo amministratore), sia con manager di ditte private. Il clan, egememone nella citta' capoluogo, imponeva il pagamento di ingenti somme di denaro a titolo di tangente e la scelta di fornitori compiacenti e l'assunzione di personale gradito alla "famiglia". Oltre ai De Stefano, sono stati fermati Paolo Caponera, di 38 anni, Giuseppe Pratico' di 52, e Andrea Saraceno di 66. L'inchiesta delinea i ruoli dei fermati, a partire da quello di Orazio De Stefano, Uno dei capi indiscussi, e del nipote Paolo Rosario, suo luogotenente, "coordinatore" degli affari della cosca e portaordini dello zio.
A Orazio De Stefano, latitante per 16 anni e catturato dalla squadra mobile di Reggio Calabria nel 2004, era stata delegata dalla famiglia l'infiltrazione del settore della raccolta dei rifiuti e la stipula di patti spartitori con le altre cosche coinvolte. Avrebbe impartito le direttive strategiche, incaricando il nipote Paolo Rosario De Stefano, a sua volta latitante per 4 anni e poi arrestato, il coordinamento e la direzione dei soggetti deputati a dare esecuzione alle strategie e ai patti spartitori. Paolo De Stefano avrebbe incontrato direttamente le parti offese, tra cui Salvatore Aiello, minacciandolo e riscuotendo il denaro estorto. Lo stesso Paolo De Stefano, secondo quanto emerge dagli atti della Procura, impartiva disposizioni agli altri affiliati, delegando poi il cugino Paolo Caponera alla cura degli "affari". Paolo Caponera, Giuseppe Pratico' e Andrea Saracena, sono accusati di essere affiliati alla cosca, ma era Caponera ad organizzare l'esecuzione delle diretiive dei vertici del clan, fra cui le estorsioni alla fata Morgana e alle altre ditte.
Oltre a imporre le tangenti, secondo l'accusa, il clan ordinava la scelta di fornitori compiacenti e l'assunzione di personale gradito, tra cui lo stesso Caponera, Pratico' ed altri sodali. Fra gli episodi contestati ai fermati, accusati di estorsione aggravata e continuata in concorso, quello di aver costretto "mediante violenza e minaccia", Salvatore Aiello a consegnare loro, a partire dall 2002, una somma pari a 1.000-2.000 euro circa per ciascuna commessa e, a partire dall'anno 2005, 15.000 euro mensili agli esponenti della cosca, oltre a concludere contratti con fornitori di beni e servizi ed ad assumere almeno sei persone.
Sono state proprio le dichiarazioni rese da Salvatore Aiello, confermate dalle indagini svolte dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria (tra cui le attivita' d'intercettazione nei confronti degli esponenti della cosca De Stefano), a svelare, scrivono gli inquirenti, "le dinamiche criminali dello spolpamento della Fata Morgana S.p.a. da parte della 'ndrangheta, e piu' in generale delle infiltrazioni nel lucroso settore economico dei rifiuti che si regge su lauti finanziamenti pubblici, anche attraverso la creazione e gestione di societa' a partecipazione pubblica".
Dalle indagini svolte dalla Polizia di Stato, con il coordinamento della D.D.A. di Reggio Calabria, sarebbe anche emerso che qualsiasi difficolta' "ambientale" sorta nell'ambito del territorio in cui operava la societa' Fata Morgana in 18 comuni della provincia reggina), veniva affrontata e risolta grazie all'autorevolezza della cosca De Stefano che poteva far leva sul suo prestigio mafioso riconosciuto dalle altre famiglie di 'ndrangheta. Non meno invasivo sarebbe stato il comportamento dei De Stefano nel settore dell'indotto, costituito principalmente da ditte specializzate nella fabbricazione e manutenzione dei mezzi della raccolta dei rifiuti. Le attivita' criminali dei De Stefano "hanno finito per determinare - annota la procura reggina - l'inesorabile declino finanziario e la capitolazione della societa' mista Fata Morgana S.p.A. e delle aziende private dell'indotto". L'operazione "Trash" fa luce, secondo la magistratura antimafia reggina, "su un'ampia serie di condotte illecite poste in essere all'interno della piu' ampia dinamica criminale della cosca De Stefano" e disarticola "una delle linee gerarchiche di potere" che compongono la struttura della cosca, ma i piu' ampi interessi della "famiglia" emergono da altre, recenti operazioni antimafia come quelle denominate "Sistema Reggio", "Mammasantissima" e "il Principe". (Agi)