Cronaca
'Ndrangheta: Operazione "Faust" Pm, ingerenza cosca anche in programma sindaco
'Ndrangheta: Operazione "Faust" Pm, ingerenza cosca anche in programma sindaco. Procuratore Reggio Calabria, appoggio criminale già prima elezioni
REGGIO CALABRIA, 18 GEN - "Ci sono riferimenti ad altri politici che però non hanno trovato riscontri nelle indagini". A dirlo il procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri durante la conferenza stampa in cui sono stati illustrati i dettagli dell'operazione "Faust" che ha portato all'arresto di 49 persone tra cui il sindaco di Rosarno Giuseppe Idà, finito ai domiciliari per scambio elettorale politico-mafioso.
L'inchiesta, iniziata nel 2016 e conclusa nel 2020, è stata coordinata dal procuratore aggiunto Gaetano Paci e dai pm Sabrina Fornaro e Adriana Sciglio. "È un'indagine - afferma Bombardieri - che prende le mosse dal collaboratore Lorenzo Bruzzese. I carabinieri hanno monitorato l'attuale operatività della cosca che spaziava non solo dal traffico di sostanze stupefacenti all'usura e all'estorsione. Ma anche alle ingerenze nell'attività amministrativa.
La cosca si è occupata delle elezioni comunali del 2016 a Rosarno. Il boss Francesco Pisano si è posto come stratega delle elezioni. Abbiamo assistito all'ingerenza dei 'diavoli' nella predisposizione della lista, del simbolo della lista e addirittura del programma elettorale. In paese emergeva un collegamento chiaro tra i Pisano e il candidato sindaco.
C'è una piena consapevolezza dell'appoggio criminale che veniva non solo accettato, ma nasce prima". "Non stiamo parlando di promesse generiche - dice Paci - ma di promesse determinate. La prima uscita pubblica del candidato sindaco poi eletto è stata concordata prima con i referenti della cosca anche nei suoi dettagli grammaticali. C'è una compenetrazione strettissima del rapporto sia dalle origini". Paci racconta anche un episodio da cui emerge il tentativo del sindaco Idà di prendere le distanze dalla cosca: "La sua preoccupazione era quella di smentire l'ondata di voci su questo rapporto con i Pisano".
Presa di distanza, spiega il magistrato, che "non era stata gradita dalla famiglia mafiosa dopo l'arresto del latitante Marcello Pesce. In quel caso il sindaco aveva espresso il proprio compiacimento per l'operato delle forze dell'ordine e una posizione di sostegno all'opera di restaurazione del controllo di legalità.
Dalle intercettazioni emergono delle reazioni negative che inducevano un esponente della cosca Pesce a rivelare quello che era stato l'atteggiamento accondiscendente dell'allora candidato sindaco verso il sostegno elettorale che gli veniva dalla cosca di 'ndrangheta"- "Se inizio io su facebook a dire che lui è venuto a cercare anche i miei voti lo faccio cadere subito" è la frase pronunciata da un affiliato dei Pesce. Nell'ambito dell'inchiesta, inoltre, sono stati accertati i rapporti della cosca Pisano con altre storiche cosche della provincia reggina, anche operanti in altre parti del territorio nazionale.
L'indagine ha permesso, inoltre, di documentare l'esistenza di una fiorente attività di narcotraffico che, partendo dall'hub portuale di Gioia Tauro, ha intersecato gli interessi illeciti anche di appartenenti ad altre realtà criminali organizzate, operanti in Campania, grazie alle contiguità con appartenenti a storiche consorterie camorristiche; Puglia, con particolari aderenze a consessi della Sacra Corona Unita; Basilicata, dove è stata documentata la rete intessuta con esponenti di un'articolazione mafiosa locale denominata storicamente dei "basilischi" quale promanazione di matrice 'ndranghetistica.
Nell'ambito delle dinamiche per avere il predominio della gestione del traffico di droga, era maturato anche il progetto per uccidere un affiliato ad una delle articolazioni operative sul territorio. Delitto che non si è poi realizzato, solo perché la vittima non è caduta nella trama criminale.
Partendo dal narcotraffico, gli investigatori hanno registrato anche casi di usura, minacce e danneggiamenti a commercianti. Emerso anche il favoreggiamento, da parte di alcuni indagati, della latitanza di Domenico Pepè arrestato poi nel dicembre 2017.