Cronaca

Ndrangheta: operazione contro il clan di Limbadi, 24 arresti

CATANZARO 07 MARZO 2013-  Un'operazione congiunta di polizia, carabinieri e guardia di finanza ha permesso di arrestare 24 esponenti della cosca Mancuso di Limbadi (Vibo Valentia). Tutte accusate, a vario titolo, di associazione mafiosa, ad esclusione di Antonio Prestia.

Si tratta di: P. M., 66 anni; G.M., 72; G. M., 36; A. M., 34; A. C., 23; G.i D., 47; G. C., 47; F. C., 36; Z. D. F., 36; A. P., 56; F. T., 55; O. C., 40; M. D. . 39; A. C., 63; G.R., 35; A. P., 62; L. C., 39; B. M., 32; A. M., 45; A. S., 37; G. B., 43; S. A., 39; G. A. P. 40; A. P., 45. [MORE]

 Tra gli arrestati oltre ai vertici storici della cosca anche noti imprenditori vibonesi impegnati nei settori siderurgici e dei servizi turistici, nonche' un funzionario dell'Ufficio tecnico del Comune di Tropea. L'operazione e' stata portata a termine dal Servizio centrale operativo della Polizia di Stato, con la Squadra Mobile di Catanzaro, il Ros Carabinieri e il Gico della Guardia di Finanza di Catanzaro e Trieste. A carico degli arrestati, nella circostanza, sono stati eseguiti anche numerosi sequestri di beni e aziende. Sono tre i filoni di inchiesta che sono sfociati nei 24 provvedimenti di fermo emessi dalla Dda di Catanzaro contro la cosca Mancuso di Limbadi. Tutti confluiti in un unico provvedimento che ha svelato gli interessi criminali con ramificazioni in tutte le province calabresi e fino a Trieste. Nello specifico, la squadra Mobile di Catanzaro, guidata da Rodolfo Ruperti, ha chiuso il cerchio intorno a dieci persone , tra le quali gli esponenti di spicco del clan: G. M., 72 anni, figura carismatica, e A. M., 75 anni. 

Sarebbero stati loro a guidare i prestiti usurari che costituivano il reinvestimento di capitali riconducibili alla cosca. In alcune circostanze per la restituzione degli interessi si mettevano in atto anche gravi ritorsioni fino al caso in cui una delle vittime e' stata sequestrata e minacciata con l'uso delle armi. I tassi usurai applicati dagli esponenti della cosca avrebbero raggiunto, in alcune circostanze, anche il 200 per cento. Nel provvedimento della guardia di finanza di Vibo Valentia e Trieste, invece, sono stati sequestrati beni per 35 milioni di euro con il fermo di dieci persone e, complessivamente, la denuncia di 76 soggetti, per un'inchiesta coordinata dai pm antimafia Simona Rossi e Marisa Manzini. Dopo alcuni approfondimenti bancari avviati in Friuli Venezia Giulia e' stato possibile ricondurre l'attivita' agli esponenti calabresi della cosca Mancuso, fino a ricostruire gli interessi criminali con estorsioni, usura e danneggiamenti.

Tutto questo con il clan che era riuscito a controllare il settore economico della distribuzione e commercializzazione all'ingrosso di generi alimentari e nel settore turistico immobiliare. Fra i principali responsabili di questa parte dell'operazione, la Guardia di finanza ha individuato Agostino Papaianni che si occupava di occultare le risorse economiche avvalendosi, secondo le accuse, di diversi prestanomi a cui erano stati intestati beni immobili e mobili.Tra i beni sequestrati figurano due societa'; un distributore di carburante con autolavaggio e bar; un supermercato; una concessionaria di autovetture; un bar nella piazza di Tropea; un panificio industriale e numerosi conti correnti bancari. A questo si aggiunge un villaggio turistico, formalmente intestato ad un prestanome di origine nordafricana, composto da decine di appartamenti, piscina, market, due ristoranti, area camper e stabilimento balneare.

Infine, il terzo filone dell'inchiesta, seguito dai carabinieri del Ros, che ha permesso di fermare P. M., ritenuto il capo della cosca, e il figlio G. M., 35 anni. Secondo i militari dell'Arma, i due avrebbero messo in piedi un qualificato circuito criminale nelle province di Vibo Valentia, Reggio Calabria e Crotone, con ramificazioni nel nord Italia. Il figlio G. avrebbe assunto la reggenza del clan durante la detenzione del padre, con i carabinieri che sono riusciti a ricostruire anche modalita' alternative alla fittizia intestazione di beni, attraverso le quali il sodalizio avrebbe acquisito la gestione e il controllo di attivita' imprenditoriali. fonte (Agi)