Cronaca

Ndrangheta: nuovo organigramma del clan Pesce in un pizzino

 Reggio Calabria, 9 feb.  2012- E' stato un "pizzino", un biglietto scritto di suo pugno dal boss Francesco Pesce, 34 anni, detto "Testuni", dopo il suo arresto avvenuto il 9 agosto scorso, a consentire ai carabinieri di ricostruire il nuovo organigramma del clan pesce di Rosarno, uno dei piu' temuti e potenti della 'ndrangheta. Francesco Pesce aveva tentato di far filtrare dal carcere in cui era rinchiuso uno scritto con le sue disposizioni in merito alla reggenza della cosca in suo assenza, indicando le "investiture" al vertice dell'organizzazione criminale.

Ma quel "pizzino", intercettato dagli inquirenti, unito al e dichiarazioni di Giuseppina Pesce, donna del clan da tempo collaboratrice di giustizia, ed a quelle della testimone Maria Cocetta Cacciola, ha consentito ai Carabinieri di ricostruire le nuove gerarchie della cosca e di colpire al cuore la 'ndrina, con gli undici fermi eseguiti stamane con l'operazione denominata "Califfo". I militari hanno eseguito due distinti provvedimenti adottati a seguito di indagini coordinate dalla DDA di Reggio Calabria e dalla Procura della Repubblica di Palmi, rispettivamente condotte dal Ros, dal Nucleo investigativo dei carabinieri di Reggio Calabria e dalla Compagnia Carabinieri di Gioia Tauro con il Commissariato di Polizia dello stesso centro del reggino. [MORE]

Il provvedimento della DDA di Reggio Calabria dispone il fermo di colui il quale e' considerato il nuovo reggente della cosca Giuseppe Pesce (latitante dall'aprile 2010) e di 10 affiliati: Giuseppe Alviano; Giovanni Luca Berrica; Danilo D'amico; Biagio Delmiro; Domenico Fortugno; Saverio Marafioti; Rocco Messina; Francescantonio Muzzupappa; Giuseppe Rao; Francesco Antonio Tocco. Per tutti, secondo quanto emerso, il boss arrestato aveva individuato compiti e ruoli. Le attivita' investigative condotte dai Carabinieri e coordinate dalla Dda reggina si fondano su molteplici elementi di prova convergenti, secondo le accuse, su un unica constatazione: la partecipazione di tutti gli indagati all'attivita' della cosca.

La sera del 9 agosto 2011, Francesco Pesce fu catturato dopo un anno e mezzo di latitanza. Il giovane boss aveva trovato rifugio in un bunker costruito all'interno della "Demolsud" di Antonio Pronesti', arrestato in quel frangente per il reato di favoreggiamento personale aggravato. La sera dell'11 agosto, Pesce tento' di consegnare ad un altro detenuto rosarnese un biglietto manoscritto che la Polizia Penitenziaria della casa Circondariale di Palmi riusci' ad intercettare e sequestrare.  Il testo del biglietto scritto dal giovane boss poteva essere ripartito in quattro sezioni corrispondenti ad altrettante direttive sulla gestione del gruppo criminale. Francesco Pesce, cosciente di dover scontare vari anni di regime detentivo, accreditava dal punto di vista criminale l'unico maschio libero della sua famiglia, il fratello Giuseppe, latitante, al quale cedeva il comando della cosca con una precisa indicazione in codice: "fiore per mio fratello", affiancandogli una 'ndrina di sei fidatissimi 'ndranghetisti tutti accomunati da legami parentali o storica amicizia col boss, identificati in Messina, Alviano (detto "u rospu"), Muzzupappa, Tocco, D'Amico e Daniele. Il boss disponeva inoltre l'assegnazione di somme di danaro e benefici a persone a lui vicine.