Cronaca
Ndrangheta: maxi confisca beni a imprenditore cosentino. I dettagli dell'operazione
CATANZARO, 17 DICEMBRE - "Ho truffato il mondo intero e voi siete venuti a farmi sto regalo". Quando gli uomini della Direzione investigativa antimafia di Catanzaro hanno suonato alla porta della villa romana di Capano, lui li ha accolti con una battuta in dialetto calabrese. Mista di stupore e di arroganza davanti al provvedimento di confisca disposto dalla Corte d'Appello di Catanzaro.[MORE]
L'imprenditore con interessi in mezza Italia non era nuovo all'attenzione della giustizia. Prima la condanna in giudicato per usura aggravata e truffa, nell'ambito dell'inchiesta "Azimuth", poi l'attenzione di altre Procure con attività investigative in corso. In passato la Guardia di Finanza aveva sequestrato al quarantanovenne una Ferrari Testarossa, che e' stata trovata dalla Dia nella pertinenza della villa di Roma dove l'uomo vice con la famiglia, perché l'imprenditore non era riuscito a dimostrare i documenti che chiarivano la proprieta' del bolide. Dall'inchiesta "Azimuth", Capano era uscito con una condanna minima, dopo che nei tre gradi di giudizio era riuscito a scrollarsi di dosso anche l'accusa di associazione per delinquere di stampo mafioso che lo poneva nei ranghi della cosca Muto di Cosenza.
Una sentenza giunta nel 2007 che, a due anni di distanza, nel 2009, ha aperto l'inchiesta patrimoniale con la delega della Procura generale di Catanzaro alla Dia calabrese guidata da Francesco Falbo e a quella di Catanzaro coordinata da Antonio Cannarella. In poco più di un anno, gli uomini dell'antimafia hanno portato sul tavolo della Corte d'Appello di Catanzaro l'ingente patrimonio dell'imprenditore, ottenendo direttamente il provvedimento di confisca dei beni.
Nella sentenza , i magistrati evidenziarono che un giro di usura, gestito in particolare da Capano, con tassi di interesse pari al 10% mensile. Vittima, secondo la sentenza passata in giudicato, un imprenditore che all'epoca dei fatti versava in stato di bisogno. Inoltre, secondo la stessa sentenza, tutto sarebbe avvenuto "al fine di agevolare l'associazione mafiosa Muto, da cui provengono i capitali per i prestiti e a cui affluiscono, in parte, le restituzioni di capitali e interessi".
Atti da cui e' partita la Dia che ha spulciato tra gli affari del quarantanovenne acclarando, secondo quanto sostenuto nel provvedimento di confisca, "che il notevole patrimonio riconducibile a Capano ha un valore del tutto sproporzionato rispetto alle dichiarazioni presentate dallo stesso e dai componenti del nucleo familiare".
Il colonnello Falbo ha sottolineato, nel corso della conferenza stampa, che "tutti i patrimoni dei condannati per reati quali mafia, usura e stupefacenti, vengono verificati secondo quella che e' ormai diventata per noi una prassi consolidata. Nel caso specifico - ha aggiunto - si e' trattato di un lavoro che ha richiesto una certa abilita' e certosinita'".
Tra le verifiche messe in piedi, grazie ai diversi strumenti operativi evidenziati da Cannarella, sono risultate almeno una ventina di societa' aperte, chiuse o con cambi di amministratori, tutte riconducibili a Capano, con imponenti movimenti di quote societarie.
Tra le unita' immobiliari confiscate risultano un complesso immobiliare ad uso sportivo, ricreativo e di ristoro con un'estensione di 30.000 metri quadrati situato in via Trigoria a Roma; il villaggio turistico "San Giorgio" a San Nicola Arcella, nel Cosentino, con 34 unita' abitative realizzate e altre in corso di costruzione con annessa spiaggia privata e piscina; le quote societarie riferite a un investimento immobiliare a Roma, nella zona di Torrino Mezzocamino, con un'estensione di 2 milioni di metri quadri edificabili.