Cronaca

'Ndrangheta: ex carabiniere e poliziotto "talpe" del boss Rango

CATANZARO, 27 APRILE 2016 - Un ex carabiniere e un poliziotto sarebbero stati i confidenti della cosca Rango-Zingari di Cosenza, passando al boss, Maurizio Rango, ogni tipo di informazione utile: aiuti in caso di controlli, "soffiate" su possibili operazioni. "Mele marce", come li ha definiti il procuratore capo facente funzioni della Procura della Repubblica di Catanzaro, Giovanni Bombardieri, nella conferenza stampa che si e' svolta oggi nella sede della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro. [MORE]

Un'indagine partita da tempo e che, nel suo evolversi, ha permesso di individuare le "talpe" attive tra le forze dell'ordine. Agli arresti domiciliari sono finiti, dunque, V.C., 60 anni, poliziotto in servizio alla squadra Mobile all'epoca dei fatti e ora impiegato in un ufficio della Prefettura di Cosenza, ed E. F. C., 49 anni, considerato il tramite tra lo stesso poliziotto e il boss Maurizio Rango.

Con loro risultano indagati A. P., 56 anni, ex carabiniere in servizio alla stazione di Cosenza nord all'epoca dei fatti ed ora in pensione, e F. B., 45 anni, dipendente civile in servizio alla Polizia stradale di Cosenza. Sarebbero stati loro a fare arrivare, secondo i rispettivi ruoli, le informazioni utili alla potente cosca del cosentino.

Per tutti e quattro la contestazione e' di concorso esterno in associazione mafiosa, ma per l'ex carabiniere e per il dipendente civile della Stradale, il gip ha ritenuto di non dovere applicare alcuna misura restrittiva. Fondamentali ai fini della ricostruzione dei ruoli anche il racconto di quattro collaboratori di giustizia, due dei quali hanno potuto riferire, secondo gli inquirenti, episodi vissuti direttamente

Le indagini hanno appurato che la cosca Rango era in grado di sapere in anticipo l'arrivo di controlli e perquisizioni, ma anche il posizionamento di microspie e qualunque altro provvedimento delle forze dell'ordine, compresi controlli, anche grazie a violazioni del sistema informativo interno alle forze dell'ordine.

Anche l'ultima operazione portata a termine a novembre 2014 contro il clan avrebbe evidenziato una "soffiata" ad alcuni componenti, al punto che al momento dell'arresto non furono rintracciati nelle rispettive abitazioni. Il procuratore Bombardieri, dal canto suo, ha piu' volte ribadito "la piena fiducia della Procura e della Dda nei confronti delle istituzioni e dei corpi di appartenenza dei due personaggi coinvolti, al punto - ha aggiunto - che sono stati carabinieri e polizia a condurre le indagini nei confronti dei loro stessi appartenenti".

Una fiducia, ha sottolineato, nutrita anche "nei confronti dei vertici dei due corpi che hanno ottenuto sempre risultati importanti con le loro operazioni". Appena sono emersi i rapporti di collusione, ha puntualizzato il procuratore, sia il poliziotto che il carabiniere "sono stati neutralizzati con trasferimenti in ruoli dove non potevano piu' nuocere". Il messaggio, rispetto alle "mele marce", e' stato chiaro: "La Procura e' determinata a perseguire - ha dichiarato Bombardieri - qualsiasi condotta di collusione o anche di possibili legami". Una presa di posizione molto dura, da parte della Dda, che ha affermato come i due esponenti delle forze dell'ordine coinvolti "non fossero meritevoli di indossare la divisa". (Agi)