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NBA: All-Star weekend hollywoodiano
22 FEBBRAIO - Lo Staples Center di Los Angeles, California, si riempie di stelle (più del solito).Teatro dell’ultimo NBA All-Star Game, andato in scena lo scorso weekend, non ha deluso le aspettative, con tre serate da tutto esaurito. D’altra parte siamo a Los Angeles, una delle poche piazze che sembra non aver sofferto la crisi economica, a giudicare dalle migliaia di dollari sborsate dai tifosi ad ogni partita casalinga giocata da Kobe & co., o da Blake & co.[MORE]
Sì, perché da quest’anno c’è una novità: anche i cugini sfigati dei Lakers hanno adesso il loro fuoriclasse, tale Blake Griffin, ala grande dei Clippers, fisico esplosivo e faccia da schiaffi. Al suo primo anno da pro è già destinato a dominare i tabelloni della Lega per almeno un decennio.
Si punta sul fascino cinematografico dello Staples e sul protagonismo dei suoi due figliocci per scacciare il fantasma nemmeno troppo remoto del lock out, la serrata che minaccia di far saltare il prossimo campionato NBA.[
Ma per tre giorni nessuno pensa al futuro: c’è spazio solo per il divertimento. Perfino Carmelo Anthony, l’oggetto dei desideri di un altro derby (quello fra Knicks e Nets), per una notte cerca di dimenticare di essere il pezzo principale di un domino che aspetta solo la sua prossima mossa per rivoluzionare il mercato di metà stagione (così come fece Lebron James in estate).
Partenza soft, come al solito, il venerdì sera con i Rookie che per il secondo anno consecutivo portano a scuola i più esperti Sophomore: in pratica si assiste a 40 minuti di garbage time, con zero agonismo e il termine difesa addirittura cancellato dal dizionario di gioco. Piuttosto il pubblico può godersi una gustosa anticipazione della giornata successiva, fra tiri da dietro l’arco e schiacciate rocambolesche: la migliore quella di DeJuan Blair (San Antonio Spurs), che lancia la palla al tabellone per poi riprenderla durante il decollo pronto a violentare la retina con un’apertura alare impressionante.
Ma il più osannato è l’idolo di casa, che ad ogni sosta troppo lunga in panchina si sente invocare dalla folla: “We want Blake! We want Blake!”
Nella confusione sonora e sportiva, c’è spazio già per il primo record del fine settimana: il play John Wall dei Wizards fissa un nuovo primato a 22 assist, meritandosi il premio di Mvp della partita.
Si arriva al sabato e stavolta è previsto un One Man Show. La gara dei cecchini e dei giocolieri scorre via veloce per non irretire la moltitudine trepidante: per la cronaca James Jones (Miami Heat) si aggiudica la sfida dei tre punti (battendo la concorrenza tutta Celtics di Pierce, vincitore 2010, e di Allen, mister tripla con il nuovo record della Lega a 2565 bombe); lo Skills Challenge (la prova di abilità a cronometro, tra palleggi e passaggi) se lo aggiudica invece Stephen Curry (Golden State Warriors).
Poi finalmente spazio agli extraterrestri: all’heads up si sfidano il già citatissimo Griffin e JaVale McGee (centro dei Washington Wizards), che si cimentano in schiacciate molto tecniche ed esplosive. Ma Blake sfrutta al massimo le potenzialità scenografiche del palco holliwoodiano, aggiudicandosi senza troppe incertezze la vittoria col 68% dei voti arrivati tramite sms (un plebiscito). D’altra parte, quando per introdurre l’ultima schiacciata in gara, fanno il loro ingresso sul parquet dello Staples prima un auto superlusso e poi un coro gospel che intona “I believe I can fly”, si intuisce che il ragazzo, a dispetto della giovane età, evidenzia già uno spiccato senso scenico e della teatralità, dote non secondaria nel circo mediatico dello sport d’oltreoceano. Ovviamente auto superata con scioltezza e nuove speranze per i promotori del volo umano: giusto per zittire i miscredenti, durante una gara di campionato, questo rossiccio ragazzone originario di Oklahoma, si è ferito la testa sbattendola contro il tabellone mentre si trovava in elevazione per una schiacciata.
Sembra paradossale, eppure siamo appena all’antipasto. La domenica tocca ai big. È vero, Griffin è stato invitato anche stasera, ma Kobe ci mette pochi minuti per far capire chi ha le chiavi dello Staples: incredibile la sua aggressività fin dall’inizio. È partita vera quella fra West (in rosso) ed East (in blu), ma in mezzo a tanta serietà c’è sempre uno più serio degli altri: come a dire, le leggi della fisica sono uguali per tutti, ma Bryant è più uguale degli altri. Schiacciate da slam dunk contest, tiri in faccia agli avversari, addirittura un impegno tangibile in difesa: Los Angeles è la sua città, quello è il suo palazzetto, ma soprattutto il basket è ancora il suo giocattolo.
In generale, comunque, tutto l’Ovest appare più ispirato: se la regia di Deron Williams ha qualcosa di marziano, quella di CP3 – Chris Paul è addirittura gioviale, non nel senso di pacifica ma semmai di disarmante per la sua grandezza. E quando le mani che ricevono i suoi assist messianici sono quelle di Durant, Ginobili, Gasol e lo stesso Bryant, è possibile percepire le illuminanti note di una sinfonia celestiale.
L’Est è un po’ appannato e solo nel quarto quarto alza la saracinesca e si mette a difendere per davvero: così, inaspettatamente, fino alla fine abbiamo ancora una partita. Saranno Durant e Gasol a spegnere le velleità di rimonta ispirate soprattutto da Lebron e da Rose (sempre più a suo agio nel ruolo di nuovo salvatore della patria Bulls).
Risultato finale: 148-143 per la Western Conference. Koby si ferma a 37 punti, 5 in meno del record di Chamberlain, ma si accontenta col quarto titolo di Mvp della serata, superando Jordan (che lo vinse solo tre volte) anche però nel primato di punti messi a segno nelle gare delle stelle (265). Ma c’è un altro giocatore a cui piace flirtare con i record: King James infatti, un po’ in sordina, registra l’ennesima tripla doppia della sua stagione con 29 punti, 12 rimbalzi e 10 assist. Solo un altro giocatore nella storia era riuscito in questa impresa: facile indovinare chi fosse, il solito Michael.