Cronaca
Morta nel secolo scorso, viene risarcita nel 2013
COSENZA, 8 FEBBRAIO 2013 – E’ stato concesso solo adesso il risarcimento ai familiari di una ventinovenne che, a causa di una trasfusione, contrasse nel 1965 un epatocarcinoma. La malattia, che è il principale tumore maligno del fegato, non ha lasciato scampo alla donna.[MORE]
Recatasi nel reparto di Ostetricia e Ginecologia dell’ospedale di Cosenza, per dare alla luce il proprio bambino, fu sottoposta a trasfusione a causa di una grave forma di anemia della quale soffriva. Il sangue iniettato conteneva, però, il terribile e asintomatico male, che portò, di lì a poco, alla morte della donna. Ci sono voluti quasi 50 anni perché il Tribunale civile del capoluogo di regione, condannasse l’azienda provinciale di Cosenza e la Regione Calabria, al pagamento di un’ingente somma in denaro come risarcimento dei danni subiti dai parenti della paziente deceduta.
Sono state, dunque, accolte dai giudici le richieste dei familiari comunicate dal loro legale, l’avvocato Massimiliano Coppa, ma, tuttavia, è stata negata la solidarietà colposa del Ministero della Salute, dal momento che la legge 592/1967, non era ancora entrata in vigore. Essa avrebbe imposto all’Ente erariale centrale di supervisionare e dare direttive tecniche per l’organizzazione e il corretto funzionamento della raccolta, e della preparazione, conservazione e distribuzione del sangue umano per uso trasfusionale.
Non sono stati ritenuti, invece, esenti da colpa per le loro condotte, i cosiddetti Enti erariali periferici come l’Asp di Cosenza e la Regione Calabria che, così come cita la sentenza, «Non hanno dato dimostrazione del corretto adempimento delle obbligazioni gravanti sulla struttura sanitaria in cui fu ricoverata la paziente deceduta. Struttura responsabile per i danni a lei derivati».
Il Tribunale ha stabilito anche di dare un’ulteriore condanna, a titolo di mora, sia all’Asp cosentina che alla Regione, i quali dovranno pagare gli interessi legali sulla somma a partire dal giorno dell'accaduto, cioè dal maggio del 1965, fino alla data di deposito della sentenza avvenuto dopo 48 anni. Questo il commento dell’avvocato della famiglia: «È una sentenza giusta per parametro di danno e decorrenza dei tempi. L’impianto motivazionale è ineccepibile in punto di diritto, perché ripercorre tutto l’iter legislativo dal 1967 ad oggi. Rimane l’amarezza della conferma di una tragedia umana senza misura che nessuna tutela risarcitoria potrà mai colmare».
(Foto dal sito provincia.latina.it)
Katia Portovenero