Editoriale

Morire a 14 anni per presunto adulterio è ancora possibile

BANGLADESH – 3 FEBBARIO 2011 – Aveva solo 14 anni Hena Begum, una ragazzina appartenente ad un villaggio del distretto di Shariatpur, nel Bangladesh. Giudicata colpevole dalle autorità religiose del suo villaggio, di intrattenere una relazione con un cugino sposato, è stata condannata ad una punizione esemplare, così come imposto dalla Sharia, la legge islamica: fustigazione pubblica nella piazza del villaggio, ed un’ammenda di 700 dollari al padre per l’adulterio della figlia. Denaro con cui dovrebbe essere risarcito per danni morali, l’uomo sposato che sarebbe entrato in contatto con la giovane. Il corpo gracile e malnutrito della bambina, purtroppo non ha retto alla violenza delle 80 frustate inflittele, tanto che è morta durante il trasporto in ospedale, dopo essere stata picchiata selvaggiamente anche dalla famiglia del suo presunto ‘amante’, probabilmente ancora ignara di quale fosse la differenza tra avere un’amicizia e avere una relazione sessuale. [MORE]
I suoi familiari hanno invece affermato durante un’intervista che la giovane sarebbe deceduta sei giorni dopo il ricovero. Sarebbero stati proprio gli anziani del villaggio, in nome di Allah, nel rispetto più profondo della Legge Coranica, a chiedere al padre della presunta adultera, di pagare la multa risarcitoria, e a proporre la fustigazione in pubblico, come esempio per tutte quelle giovani ribelli che avevano intenzione di seguire l’esempio di Hena.
Per questo drammatico episodio quattro uomini, tra cui un esponente religioso islamico, sono stati arrestati. È quanto viene riferito dalla Bbc online. Un ufficiale della polizia locale, Shahidur Rahman, dichiara, come se nulla avesse turbato la sua coscienza, che “ancora non è stato appurato effettivamente se l'adolescente sia morta a causa delle punizione ricevuta o per cause diverse. La punizione è stata inflitta seguendo le norme della Sharia. Stiamo ancora aspettando il rapporto dell'autopsia. Nel frattempo comunque stiamo cercando altre 14 persone, incluso un insegnante di una locale scuola coranica''.
La persecuzione vera, nei confronti delle donne, non arriva però tanto dallo Stato, come accade in paesi fondamentalisti, quali Iran, Iraq o Yemen, quanto piuttosto dalle persone dei villaggi, dai loro tribunali consuetudinari, dai vicini di casa, dai propri insegnanti e dai parenti. E’ una repressione dal volto familiare, che non per questo è un volto più umano. In india infatti, devono essere rispettati drasticamente usi e tradizioni culturali, altrimenti le famiglie rischierebbero per intere generazioni di essere esiliate dal resto della comunità, e questo significherebbe vergogna, povertà, inettitudine, scomunica.
A sostenere ciò sono le centinaia di attivisti per i diritti umani del Bangladesh, i quali affermano che ogni anno, decine di condanne religiose vengono emesse dalle corti locali.
Tuttavia ''Che giustizia è questa? Mia figlia è stata picchiata fino a farla morire in nome della giustizia. Se si fosse trattato di un tribunale regolare sarebbe ancora viva'' ha detto il padre della ragazza, Dorbesh Khan, alla BBC.