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Monti alle parti sociali: accordo o modello Fiat

Milano, 17 marzo. La fase della guerra di posizione nel dialogo sociale per la riforma del mercato del lavoro continua. Dal convegno di Milano di Confindustria a cui hanno partecipato i segretari generali delle confederazioni generali e il Presidente del Consiglio dei Ministri Monti gli attori hanno conservato le rispettive posizioni in vista del round finale del negoziato previsto per martedì a Palazzo Chigi.[MORE]


Il segretario generale della Cgil Susanna Camusso, pur non entrando nel merito della proposta di riforma dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, è apparsa piuttosto scettica sull’importanza della revisione delle regole del mercato del lavoro in funzione degli obiettivi di crescita del sistema Italia. In effetti, secondo la leader di Cgil, sono altri i driver che consentirebbero al Paese di tornare a competere sul mercato internazionale. Lo sblocco degli investimenti nelle infrastrutture e l’allentamento dei vincoli del patto di bilancio interno per gli enti locali potrebbero aiutare ad intraprendere la strada della crescita. Solo nel contesto di misure che determinino una ripresa effettiva- secondo la Cgil- sarebbe possibile raggiungere un accordo sulla riforma del mercato del lavoro.

Più circostanziato l’intervento di Emma Marcegaglia, presidente uscente di Confindustria, che ribadisce le posizioni classiche dell’organizzazione confederale delle imprese circa la riforma del mercato del lavoro. Sul tavolo negoziale le imprese portano le pregiudiziali sull’irrigidimento delle condizioni di utilizzo delle forme contrattuali flessibili che hanno assicurato negli ultimi dieci anni una tenuta del tasso di occupazione nonostante una forte perdita di produttività del lavoro. Piuttosto Confindustria si dichiara pronta ad impegnarsi nella lotta contro le forme di precarietà che non consentono di raggiungere un equilibrio tra i diritti dei lavoratori e le esigenze di qualificazione del lavoro delle imprese. In cambio dell’impegno della Confindustria ad eliminare l’utilizzo della “flessibilità cattiva, gli imprenditori chiedono una revisione radicale dell’art. 18. Una parziale identità di vedute tra Confindustria e Cgil si registra sul fronte dell’istituto della mobilità che nell’ottica della proposta del ministro Fornero dovrebbe essere superato a favore della nuova forma di assicurazione sociale di disoccupazione, l’Aspi, e che per le parti sociali è strumento indispensabile in un momento come questo di ristrutturazioni aziendali.


A mediare tra le posizioni delle parti sociali è Mario Monti che, pur rispettando la sfera di competenza del suo ministro del lavoro Elsa Fornero responsabile del tavolo di negoziato sul mercato del lavoro, comincia ad assumere le redini del gioco. Il presidente del Consiglio nel suo intervento a Milano ha a più riprese citato la Fiat e il suo management, incontrato nella giornata di ieri a Palazzo Chigi, come esempio di un’esperienza industriale che si è profondamente rinnovata negli ultimi anni. Il richiamo a Fiat non è apparso casuale e va letto come indicazione di metodo del governo Monti. Contrariamente all’esperienza degli ultimi decenni di politica italiana incentrata sul metodo della concertazione tra le parti sociali, il Professore invia un messaggio ai suoi interlocutori: come la Fiat ha saputo rivedere le regole aziendali che la riguardano senza cercare fino all’ossesso il consenso del sindacato, Fiom in testa, così l’intero sistema delle relazioni industriali diretto dal governo non può essere commissariato da alcun veto sociale. A rafforzare la sua tesi Monti cita l’esperienza negativa della politica concertativa e consociativa degli anni 70’ e 80’ che ha portato all’esplosione del debito pubblico. Insomma le riforme strutturali vanno fatte a prescindere del consenso delle parti sociali, o meglio senza pregiudiziali troppo rigide da parte di queste ultime.

Emiliano Colacchi

In foto, (direttanews.it), Susanna Camusso

e Emma Marcegaglia