Monito Ue: Italia enorme patrimonio culturale, ma manca visione strategica
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BRUXELLES, 28 SETTEMBRE 2012 - L'inefficiente "uso" dell'inestimabile patrimonio culturale dell'Italia arriva (in ritardo) all'attenzione dell'Ue, attraverso uno studio realizzato per la Commissione Ue dalla Rete di esperti culturali europei (Eenc). Il quadro descritto nel suddetto studio, in tutta onestà, non stupisce: "In Italia, il potenziale economico della cultura e' visto come ancillare al settore turistico, dove il valore aggiunto legato alla cultura è generalmente identificato solo nell'impatto del turismo culturale", sottolinea lo studio realizzato da Pier Luigi Sacco, docente di economia della cultura allo Iulm.
Lo studio procede sostenendo che, questa visione che si ha dell'enorme patrimonio culturale, sta pericolosamente esponendolo ad un duplice rischio, quello di essere presto "spazzato via tra tagli e mancanza di politiche adeguate", e "di perderlo come strumento per uscire dalla crisi". Tendenza, quest'ultima, che si riscontra gia' nell'utilizzo dei fondi Ue, utilizzati dalle regioni italiane piu' per il rafforzamento di servizi orientati al turismo che per la creazione di nuove infrastrutture culturali. Alla base di tutto ciò, arriva un esplicito monito all'Italia: cambiare strada ora o mai piu', perche' dopo potrebbe essere troppo tardi.
Nello studio si legge, inoltre, "piccolissima enfasi sulla produzione culturale, a detrimento delle stesse citta' d'arte italiane, che diventano sempre più parchi a tema senza vita culturale". Ciò trova riscontro anche dai numeri: se l'Italia, infatti, risulata essere il terzo paese Ue per impiego dei fondi strutturali in chiave culturale (dopo Cipro e Malta) e il secondo (dopo la Polonia) in termini assoluti, si scopre che la spesa e' di oltre il 17% inferiore rispetto alla media Ue per lo sviluppo delle infrastrutture. Mentre registra un +19% rispetto agli altri paesi per l'allocazione dei fondi nei servizi, legati al miglioramento dell'offerta turistica. [MORE]
"L'approccio italiano ai fondi Ue riflette questa mancanza di visione strategica (esempio "positivo" invece e' la Toscana, per la sua programmazione a lungo respiro) e tende quindi a premiare approcci poco innovativi", sottolinea il rapporto Ue che continua aggiungendo che, "se ci fosse un tentativo serio di dare alla cultura la sua giusta priorità nell'agenda politica, ci potrebbe essere una reale possibilità che questa dia un contributo maggiore alla crescita", evidenziando che, "nell'attuale congiuntura economica, e' un'opportunita' che si ha una volta nella vita". Tuttavia, come sottolineano i fatti, tutto questo non è in linea con le azioni di chi ci ha governato negli ultimi anni: dal 2001 al 2011 il Ministero per i beni culturali si è visto decurtare del 36,4% le sue risorse, mentre tra il 2008 e il 2011 la spesa delle citta' per la cultura e' scesa del 35%. "Un trend molto pericoloso che rischia di spazzare via l'intero settore, da cui potrebbe invece arrivare la rinascita economica del paese", conclude il suddetto studio.
Ricchezza e miseria culturale: due faccie della stessa medaglia. Ci vorrebbe davvero una "rivoluzione" socio-economico-culturale al fine di restituire, al nostro immenso patrimonio, la giusta dignità e il giusto impiego perchè, come il suddetto studio ha evidenziato, a differenza di quanto affermato da qualcuno in passato: la cultura (nell'eccezione più ampia del termime), se ben canalizzata, supportata con una seria programmazione strategica volta a sfruttare i punti di forza e a minimizzare quelli di debolezza, può dare da mangiare, addirittura potrebbe essere una via d'uscita dal tunnel della crisi in cui l'Italia si trova. Ergo: più fatti e meno parole.
(Fonte: Ansa. Fotogramma: lombardia.estremocentro.net)
Rosy Merola