Estero
Nigeriane reclutate nel loro Paese e costrette a prostituirsi a Catania: 6 arresti
CATANIA, 18 MARZO 2016 - La squadra mobile di Catania, con la collaborazione delle squadre mobili di Roma e Genova, ha eseguito un decreto di fermo emesso il 14 Marzo 2016 dalla direzione distrettuale antimafia della Procura di Catania nei confronti di 6 persone.[MORE]
Si tratta di Johnson Sandra, anno 1992, tratta in arresto a Catania, Igbinosun Friday (del 1982) arrestato a Genova, Aigbedion Kelvin (del 1993) tratto in arresto a Roma, Asewo Emmanuel (del 1989) fermato a Catania, Ekhator Jennifer (del 1985) tratta in arresto Roma. I cinque soggetti sono stati arrestati per il reato di associazione a delinquere finalizzata al reclutamento ed introduzione nel territorio dello Stato di giovani ragazze nigeriane, alcune delle quali minori, al fine di sfruttarne la prostituzione e per il delitto di tratta di persone con l’aggravante della transnazionalità, per esser stato commesso da un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più di uno stato. Owamagbe Faith, anno 1985, è stata invece arrestata a Genova per reato di favoreggiamento della prostituzione minorile aggravato, avendo la stessa favorito ed organizzato la prostituzione di una giovane minorenne nigeriana già vittima di tratta ad opera dell’associazione investigata.
Nel mese di Settembre scorso la squadra mobile locale - sezione criminalità straniera e prostituzione – ha avviato una complessa attività investigativa di tipo tecnico coordinata dalla locale Dda, in seguito a un controllo di Polizia eseguito lungo la statale 417 Catania - Gela di una giovane cittadina nigeriana, minorenne. La ragazza, su indicazione della locale Procura della Repubblica per i Minorenni, veniva collocata in una comunità e successivamente riferiva vaghe informazioni nel corso delle quali affermava di essere partita dalla Nigeria alla volta dell’Italia, dopo aver contratto un debito di decine di migliaia di euro con una madame “Mummy”, che l’aveva sottoposta al rito magico-esoterico denominato “JuJu”, il quale comportava, nel caso di inadempimento degli obblighi assunti, disgrazie di ogni tipo che avrebbero colpito la giovane e i suoi familiari. Le indagini tecniche, avviate sulla base di quanto raccontato dalla minorenne, consentivano di verificare l’esistenza di una vera e propria associazione che promuoveva la prostituzione su strada, ben organizzata sul territorio nazionale, avente base operativa a Catania ma dotata di sedi dislocate anche a Genova e a Roma: l’associazione poteva contare sull’indispensabile aiuto di sodali in Nigeria e Libia, aiuto grazie al quale risultava in grado di controllare e seguire il lungo viaggio delle vittime dalla Nigeria alla Libia e dalla Libia verso l’Italia, mantenendo scanditi contatti con connazionali o soggetti libici responsabili delle varie tratte attraverso il continente africano e provvedendo alle erogazioni di danaro, necessarie per accelerare l’imbarco verso le coste della Sicilia.
Una volta giunte in Italia le vittime venivano localizzate dall’organizzazione e, grazie all’efficace contributo dei sodali, venivano sottratte dai luoghi dove risultavano collocate dalle autorità italiane e condotte presso i rispettivi sfruttatori, dove le attendeva un breve tirocinio per istruirle sulla pratica della prostituzione che avrebbero dovuto svolgere, i cui proventi sarebbero finiti integralmente nelle mani dei propri aguzzini per ottemperare agli obblighi assunti con il rito “JuJu”. L’evolversi dell’attività investigativa consentiva l’accertamento del reclutamento e dell’introduzione, da parte dell’organizzazione, di almeno otto cittadine nigeriane nel territorio nazionale, in parte minorenni, alcune delle quali non ancora identificate, tutte facenti parte del circuito della prostituzione su strada. Le giovani venivano istruite sulle dichiarazioni da riferire all’arrivo in Italia, incitandole a non dichiarare la minore età. Inoltre, le ‘istruzioni’ prevedevano la sottrazione ai controlli delle Forze dell’Ordine e l’immediato avviso ai propri sfruttatori dell’eventuale presenza di agenti di polizia sui luoghi della prostituzione. In alcuni casi le ragazze venivano attirate in Italia con la promessa di una normale attività lavorativa, in altri casi anche i parenti delle vittime erano a conoscenza della destinazione delle stesse al meretricio.
In questi casi, i componenti dell’associazione li avvisavano e minacciavano ogni qual volta le giovani opponessero resistenze, non si impegnassero nel meretricio, o ancora si dessero alla fuga. Così, gli aguzzini si assicuravano una pressione costante sulle vittime che venivano spinte dagli stessi parenti ad obbedire ai propri sfruttatori e ad eseguire i loro ordini, temendo la maledizione del “JuJu” cui la vittima era stata sottoposta tempo addietro o temendo essi stessi di esser sottoposti a “JuJu” venendo a sostituire il parente inadempiente. Gli esiti dell’attività investigativa hanno confermato ancora una volta che il nostro territorio costituisce uno snodo centrale e appetibile per i recenti fenomeni migratori e per i traffici illeciti ad essi correlati. Il reato di tratta di persone costituisce la più grave delle fattispecie di reato previste dal legislatore, soprattutto per le sue implicazioni associative e per la sua vocazione transnazionale. Purtroppo le condizioni di miseria assoluta in cui versa la popolazione subsahariana e il crescente approdo via mare di cittadine nigeriane paiono incentivare il triste fenomeno dello sfruttamento, divenuto ormai di attualità.
Luna Isabella
(foto da infooggi)