Cronaca
Milano, ingegnere e cinque operai per protesta su una gru: «Siamo stufi, pagateci gli stipendi»
MILANO, 22 LUGLIO 2013 – E mentre dalle vie del lusso del cosiddetto quadrilatero della moda di Milano, assistiamo allo stucchevole teatrino tra gli stilisti Dolce e Gabbana e Palazzo Marino, che – a vicenda – si dicono “indignati”, un po’ più in periferia assistiamo ad una protesta più seria, figlia dei tempi che corrono: sei persone - cinque operai e un ingegnere – intorno alle 7.50 di lunedì, si sono arrampicati su una gru a Cologno Monzese – a 30 metri di altezza - per protestare contro il mancato pagamento degli stipendi da parte dell'impresa titolare del cantiere edile nel quale lavorano, in viale Toscana 11.
Tale protesta parte dalla mancata retribuzione inerente ad un precedente lavoro svolto in un altro cantiere gestito dalla stessa ditta. Date la situazione, sul posto sono intervenuti i carabinieri, tre mezzi dei vigili del fuoco e un'ambulanza. [MORE]
Così, se il sindaco Giuliano Pisapia - in un’intervista rilasciata a La Repubblica – ha dichiarato: «Basta. Gli indignati adesso siamo noi e sono i due stilisti che dovrebbero chiedere scusa a Milano per una serrata esagerata. Sono molte le cose che fanno schifo - facendo riferimento al tweet di Gabbana che aveva scritto 'Milano fa schifo' - ma non ho visto chiudere i loro negozi per le stragi, le guerre, le ingiustizie» e, se è pur vero che - in generale - grazie anche all’eccellenze del settore lusso e del Made in Italy, la nostra Bilancia dei pagamenti non è del tutto sprofondata, tuttavia i veri indignati dovrebbero essere i “comuni” esercenti e lavoratori che devono assistere a questi scambi.
Insomma, indignati dovrebbero essere tutti i disoccupati, gli esodati, i cassaintegrati, gli imprenditori che le serrande le hanno dovute abbassare definitivamente, non per “capriccio” o pseudo indignazione (pensiamo alla pubblicità gratuita ottenuta da queste scaramucce mediatiche), ma per colpa della crisi. Alcuni, non hanno cessato soltanto la loro attività economica ma - per disperazione - si sono spinti oltre, commettendo gesti estremi.
Per dare un po’ il polso della nostra indignazione, secondo i dati evidenziati da il Sole 24 Ore, nei primi quattro mesi dell’anno (questo equivale a dire che la situazione potrebbe essere ulteriormente peggiorata): «sono 4.218 le aziende in Italia che tra gennaio e l’8 aprile 2013 hanno chiuso causa crisi. Ben 58 di queste aziende hanno dichiarato. Si tratta del 13% in più di aziende chiuse nello stesso periodo del 2012, dopo che l’anno appena passata ha segnato il triste record di fallimento di 34 aziende al giorno, cioè 1000 al mese, per un totale di 12.442 imprese che si sono arrese alla crisi».
In pratica, secondo il quotidiano finanziario, nel 2013 si è passati dalla chiusura di 34 aziende e al giorno del 2012 ad una media di 43 imprese al giorno. Prosegue il Sole 24 Ore: «A conti fatti, le 4.218 di gennaio-aprile vanno ad aggiungersi ai 45.280 fallimenti registrati fra 2009 e 2012. E sono cifre che dipingono un quadro ancora più fosco se si pensa che nel 2007 è intervenuta una riforma della legge fallimentare che ha escluso dall’ambito di applicazione le imprese più piccole. Risultato: c’è stato un crollo iniziale dei numeri, ma già ora si è tornati ai livelli precedenti al 2007». Piccole e medie attività imprenditoriali che hanno cessato purtroppo di esistere, non prima - si spera - di aver pagato onestamente le tasse.
«Che l'evasione fiscale sia odiosa, che danneggia l'economia e i cittadini onesti, soprattutto in un momento così difficile per tanti cittadini, è un'affermazione condivisibile. E spero che la condividano anche Dolce e Gabbana, così come spero che dimostrino la loro innocenza in appello», ha concluso Pisapia. Pensiero a cui ci associamo.
(fotogramma: La Repubblica)
Rosy Merola