Migranti: la Maridive 601 attracca in Tunisia, finisce odissea
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TUNISI, 19 GIUGNO - Si è finalmente conclusa l'odissea dei 75 migranti, (64 bengalesi, nove egiziani, un marocchino e un sudanese), a bordo della nave commerciale Maridive 601, che li aveva soccorsi al largo della Libia il 31 maggio scorso, e bloccata per 18 giorni al largo delle coste tunisine in attesa dell'autorizzazione allo sbarco: la nave ha attraccato ieri sera al porto di Zarzis. Secondo la Mezzaluna Rossa tunisina l'autorizzazione sarebbe stata subordinata all'accettazione del rimpatrio volontario da parte dei migranti che sono stati accolti sulla banchina dal personale della Mezzaluna Rossa, e delle varie organizzazioni internazionali umanitarie.
I migranti trasferiti in un centro di accoglienza della regione e poi a Tunisi, da dove secondo fonti locali, potrebbero tornare a casa a partire da giovedì. Lorena Lando, capo missione dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) in Tunisia, ha dichiarato all'ANSA che l'Oim è pronta a dare assistenza umanitaria e medica a tutti i migranti sbarcati dalla Maridive, e fornire assistenza a chi vorrà rientrare nel proprio paese di origine. "Chi vorrà rientrare, sarà assistito nel ritorno volontario anche con un progetto di reintegro nel proprio paese di origine. La scelta di ognuno rimane libera", ha detto Lorena Lando dell'Oim aggiungendo che l'organizzazione svolgerà in pieno il suo compito istituzionale di assistenza ai migranti. Dopo una verifica con le autorità diplomatiche del Bangladesh, i minori non accompagnati sarebbero soltanto tre, invece dei 32 inizialmente citati dal capitano della nave. Chiranjib Sarker, direttore generale consolare del Ministero degli Esteri del Bangladesh aveva dichiarato al The Daily Star che i bengalesi a bordo della Maridive avevano accettato tutti l'ipotesi del rimpatrio volontario.
Il caso ricorda molto da vicino quello dell'estate 2018 quando una nave commerciale, la Sarost 5, con a bordo 40 migranti salvati da un naufragio nel Mediterraneo, dovette aspettare 17 giorni per l'autorizzazione allo sbarco al porto di Zarzis, rilasciata a titolo eccezionale e per "ragioni umanitarie". La Tunisia si oppone da sempre alla proposta Ue di creare piattaforme regionali di sbarco fuori dal territorio europeo, in collaborazione con Unhcr e Oim. "La Tunisia non ha un sistema di asilo funzionante e non può essere definito un luogo sicuro per migranti e rifugiati. I più vicini porti sicuri sono Italia e Malta", aveva scritto invece l'Ong Medici senza frontiere (Msf) sul proprio profilo Twitter sulla vicenda Maridive 601.
La situazione dei centri di accoglienza del governatorato di Medenine, al confine con la Libia, con la crisi nel paese vicino, è al collasso. "La sistemazione di questi migranti o altre persone che sbarcano o arrivano in Tunisia a seguito di un tentativo di migrazione irregolare dalla Libia verso l'Europa, rimane molto difficile soprattutto nel governatorato di Medenine che ha ospitato centinaia di migranti e rifugiati dal 2011" ha detto il presidente dell'Osservatorio tunisino per i diritti umani, Mustapha Abdelkebir, e la dinamica della vicenda della Maridive 601, per la quale finora il governo tunisino non si è mai espresso ufficialmente testimonia che la questione migratoria sulla sponda sud del Mediterraneo è una storia complessa nella quale si intersecano interessi diversi, politiche europee di vicinato, accordi economici e di riammissione dei migranti nei loro paesi di origine.